Vanity Fair (Italy)

In due è meglio

BÉRENGÈRE ha un animo da detective, CAROLINA ama le sfide difficili, i puzzle della vita: e anche gli accessori del loro brand sono il frutto di incastri perfetti tra creatività e praticità

- di ANNAMARIA SBISË

Spie e strategie. L’incontro di una detective con una problem solver specializz­ata in incastri. S’incastrano tra loro, non creano un’agenzia d’investigaz­ioni, ma una sorta di lifestyle degli accessori. Un mondo di moda dei dettagli, di cinture e cerchietti, borse e bijoux che compongono un malizioso puzzle, da combinare e reinterpre­tare, firmato Ca&Lou. Dietro il marchio ci sono i nomi di Carolina Neri e Bérengère Lux, di una storia cominciata nel 2010 con il LouLou Lobo, l’orecchino con clip che ha preceduto la moda degli earcuff, facendo esplodere il marchio da subito, con il best seller che ha giocato d’anticipo. Il maxi orecchino illuminava neoforme anni Venti e Trenta, oggi Ca&Lou fa brillare tartan e broccati, sfodera tessuti glitter e in jeans spazzolato bronzo, cinture con pietre tubolari, morbide tracolle e rigide clutch. Dal mondo di tendenze e dettagli arrivano entrambe, pubbliche relazioni da Ferré e merchandis­ing da Jimmy Choo sono i rispettivi background, di un’intesa di gusto e visione che arriva a Ca&Lou. L’idea iniziale: «Tra i bijoux mancava un mondo un po’ moda, gioioso e giocoso, come già era stato per alcuni marchi del passato». Con due occhi indietro e uno avanti, «Non amiamo un design estremo, cerchiamo la commistion­e», quei bijoux che non c’erano, li inventano. Si muovono insieme al loro primo earcuff LouLou, poi con il fogliame di Anne che avvolge mani, polsi e orecchie, ora anche abbinando i tessuti ai bijoux, a partire dalle fasce con gioiello in strass, un cult. C’è un segreto? «Non viviamo da pure creative. Pensiamo a oggetti mettibili, acquistabi­li, sensati. Soprattutt­o, siamo in due». Eccolo, l’incastro. Quell’equilibrio in cui una coppia si lascia oppure raddoppia, questa forse decuplica, mescolando panico e risolutezz­a, emotività, pianificaz­ione e disordine, ingredient­i di una miscela fortunata. Dall’inizio. Siamo in casa Neri, Carolina bambina passa i pomeriggi sulla moquette verde smeraldo cosparsa di puzzle: «Sempre più pezzi, sempre più piccoli», alternando la costruzion­e di case di carte a piani alti, sempre più in bilico, per poi rifare tutto, puzzle e palazzi, pur di non smettere: «Dovevo superarmi, giocavo contro di me». Oltre il limite: «C’è il benessere di risolvere un incastro». In casa Lux, intanto, Bérengère fa il detective: «Se la mamma nascondeva il telecomand­o, mi divertivo a ritrovarlo, a spiare i nascondigl­i, a osservare. Prima di entrare nel mondo, l’ho guardato molto». Le due scene d’infanzia sono il prima, a cui segue un poi. Quello di Carolina che incastra libri e quaderni in ordine decrescent­e nello zaino: «Mi sentivo meglio», poi saranno le valigie, soprattutt­o la sua reazione davanti ai «non si può fare» o «non esistono» detti in ufficio. Per cui se si tratta di una certa misura di frange e nappe metalliche, lei le troverà: «E con piacere». Il poi della detective si sposta dal telecomand­o ai sentimenti, quindi se un’amica teme un tradimento, Bérengère scopre la verità, pedinament­i notturni inclusi: «Supponendo e ragionando, sale l’adrenalina. Quasi da augurarsi ci fosse sempre qualcosa da trovare, anche nella propria vita». Più che la moda, a unirle è l’incastro tra loro. Sul finire di una collezione, Bérengère rimette in disordine le idee: «Funziono sotto pressione, all’ultimo momento». Ma noi abbiamo una Carolina allenata a sorpassare se stessa, pazienza inclusa: «Qualcuno la deve avere. E il bello è non mollare mai». Lo sa anche Bérengère, che ha mollato i thriller emotivi: «Non ho più tempo di uscire di casa di notte, peccato».

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LA VITA È GIOCO Bérengère Lux e Carolina Neri, fondatrici del marchio di accessori Ca&Lou.

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