MENO MUCCHE PER SALVARSI
Mentre il mondo celebra l’Ora della Terra, negli Stati Uniti la ricerca sulla CARNE IN VITRO e vegetale va avanti. Facciamo il punto
La domanda, alla vigilia dell’Ora della Terra, mobilitazione globale del Wwf per un futuro sostenibile: come convertire il problema dell’impatto degli allevamenti, in particolare di bovini, sull’ambiente e il consumo crescente di carne – le stime parlano di un incremento della domanda del 75 per cento entro il 2050 – salvando il pianeta e facendo business? Ci stanno lavorando decine di compagnie della Silicon Valley. C’è la clean meat, la «carne pulita» prodotta da Memphis Meats, la più nota compagnia impegnata nella coltivazione di proteine animali che, finora, ha «cresciuto» in vitro solo prototipi, ovvero una polpetta di manzo, un petto di pollo e qualche pezzetto di anatra servita all’arancia. Carne che, se mangiata al posto di quella tradizionale, potrebbe ridurre del 90 per cento le emissioni di gas serra. E c’è l’hamburger di Impossible Foods, in cui investe Bill Gates, già servito in oltre 40 ristoranti americani: mix di nutrienti di origine vegetale arricchito di eme, un complesso chimico originariamente presente nel sangue, che i loro ricercatori ottengono da un lievito attraverso un non meglio specificato «processo di modificazione genetica». Mangiare un solo Impossible burger al posto dell’equivalente di carne vera equivale a salvare 100 litri d’acqua (una doccia di 10 minuti), a eliminare l’inquinamento medio prodotto da un’auto in 130 chilometri e liberare 7 metri quadrati di terra oggi destinata a coltivazioni vegetali per consumo animale. Al momento, le soluzioni sono due: coltivare carne in vitro (e anche pesce: ci sta provando la Finless Foods) o partire da ingredienti vegetali per trovare una ricetta capace di soddisfare i palati dei carnivori, ovvero il 90 per cento della popolazione mondiale. L’unica differenza è che la prima ha prodotto finora solo assaggi, mentre la seconda è già un’alternativa concreta anche se le quantità prodotte sono ancora minime. «Non facciamo il tifo per nessuna delle due», dice Bruce Friedrich, co-fondatore e direttore di The Good Food Institute, organizzazione no profit a supporto della ricerca di prodotti alternativi alla carne. È convinto che entrambi i prodotti finiranno per conquistare il mercato, sia separatamente sia nello stesso piatto. «Richard Branson, tra i finanziatori di Memphis Meats, prevede che la carne in vitro e quella di origine vegetale insieme sostituiranno del tutto quella tradizionale in 30 anni», prosegue Friedrich. «Noi siamo un po’ meno ottimisti ma convinti che nell’arco di un decennio la carne in vitro costerà come quella animale e che se la popolazione raggiungerà i 9,7 miliardi di abitanti nel 2050, queste sono le uniche strade percorribili per sfamare il pianeta. Inoltre, secondo le Nazioni Unite, gli allevamenti sono responsabili dei cambiamenti climatici per una percentuale del 15 per cento. Se il consumo di carne non diminuisce, nessuna nazione sarà in grado di rispettare gli accordi di Parigi sul global warming. In sostanza, si tratta di evitare l’apocalisse». Friedrich, oltre che agnostico, è pragmatico. «Il consumo di carne, invece di diminuire, sta aumentando. Quindi, abbiamo pensato che, per risolvere il problema, bisogna creare quello che la gente vuole». E a chi sostiene che la carne in vitro sia più marketing che realtà ribatte: «Dieci anni fa, la gente diceva: “Elon Musk non ce la farà mai a produrre vetture elettriche competitive”. Oggi Tesla è la compagnia automobilistica con il più alto valore di mercato negli Stati Uniti».