Vanity Fair (Italy)

RITRATTO DI ZEHRA ARTISTA INCARCERAT­A PER INDOLE E VOCAZIONE

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Zehra Dogan è una ragazza speciale, un’artista e un’intellettu­ale premiata per i suoi reportage sulle donne yazide, nota soprattutt­o come direttrice di Jinha, un’agenzia di stampa femminista curda di sole donne. Zehra oggi ha ventinove anni, è nata sulle sponde del fiume Tigri, a Diyarbakir, la grande città che i curdi definiscon­o la capitale del Kurdistan turco, ma da febbraio del 2016 si era trasferita nella piccola Nusaybin, l’antica Nisibis mesopotami­ca al confine con la Siria dove vivono soprattutt­o curdi, sunni, yazidi e una piccola comunità armena. Nusaybin viene spesso bombardata ed è il centro di gravi scontri tra i soldati turchi e i militanti curdi: Zehra ne ritraeva gli effetti nei suoi quadri. C’era ancora il coprifuoco imposto dal governo turco quando, in un caffè, una settimana dopo il tentato colpo di Stato in Turchia, Zehra viene arrestata. Anonimi testimoni parlavano di «una ragazza bassa con un anellino nel naso, probabilme­nte una giornalist­a» e l’accusavano di appartener­e a un’organizzaz­ione illegale collegata al Pkk, ma il tribunale, in assenza di

qualunque prova, deve assolverla.

Gli appelli di Angela Merkel e di Ai Weiwei non riescono a proteggerl­a lo stesso: Zehra viene condannata a due anni, nove mesi e ventidue giorni di carcere per aver pubblicato sui suoi social un quadro che raffigura Nusaybin semidistru­tta ornata da piccole bandiere turche, simili a firme o sigilli. Zehra replica che la sua è soltanto una regolare attività giornalist­ica. E che nei suoi quadri ritrae la vita quotidiana delle donne curde e della città dove vive. L’unica sua colpa, dice, è quella di raccontare le storie della sua gente. «È un attacco all’espression­e artistica», denuncia il suo avvocato, Asli Pasinli. Come è possibile che un artista venga condannato e imprigiona­to per la sua arte? «Mi hanno dato quasi tre anni perché ho dipinto bandiere turche su edifici distrutti. Li hanno distrutti loro. Io l’ho solo dipinto», aveva scritto Zehra Dogan in un tweet dopo la sentenza.

La settimana scorsa Bansky, il più famoso street artist del mondo, ha dipinto un nuovo murales lungo venti metri all’angolo tra Houston Street e Bowery a Manhattan – sul muro di Keith Haring – e lo ha dedicato a Zehra. Una lunga serie di piccole finestre con tante sbarre quanti sono i suoi giorni di prigione: dietro una di queste il suo viso. E l’hashtag #freezehrad­ogan. Come sua abitudine, Banksy ha fotografat­o l’opera e l’ha messa su Instagram. E ha detto al New York Times: «Mi dispiace molto per lei. Io ho disegnato cose che avrebbero meritato molto più di una condanna».

Nusaybin è l’antica Nisibis, patria di quella Santa Febronia martire cristiana ricordata per uno dei martiri più feroci mai patiti: flagellata, raschiata con pettini di ferro, mutilata e decapitata. Con le dovute proporzion­i e il dovuto rispetto, quello di Zehra è un nuovo martirio: incarcerat­a per la propria arte, come la Santa per la sua vocazione.

 ??  ?? LIBERATELA Il murales di 20 metri che lo street artist Banksy ha dedicato, a New York, all’artista curda Zehra Dogan, imprigiona­ta dal regime turco.
LIBERATELA Il murales di 20 metri che lo street artist Banksy ha dedicato, a New York, all’artista curda Zehra Dogan, imprigiona­ta dal regime turco.

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