L’era dell’amore immaginario
Certi libri sono meteore: entrano nell’atmosfera terrestre e fanno luce. Maestoso è l’abbandono (Hacca, pagg. 225, € 15), esordio della veronese Sara Gamberini, è uno di questi. Prende il via da quello che, nel catalogo degli addii, resta il più attraente: al proprio psicoanalista. Il dottor Lisi è un «freudiano ortodosso» alto due metri e quando Maria, che è stata «ragazzina anarchica, sentimentale, animista», cresciuta in una famiglia piena di passioni e di abbandoni, decide di smetterla, in realtà dice basta alla parte razionale di sé. Nella storia, riaffiorano i genitori, il padre comprensivo, la madre gigantessa irruente, una marziana che pretende amore totale ma che bada solo a sé. A lei, negli anni, Maria scrive lettere struggenti e mascherate. A lei torna sempre, grembo di ogni abbandono successivo. Il romanzo di Gamberini, che ha lavorato in strutture psichiatriche, procede per associazioni libere, pensieri selvaggi e febbrili che lasciano scie. E quando Maria si innamora di Lorenzo («assurdo, scostante, poetico») è messo in scena l’amore immaginario perfetto, quello dove, dopo le prime parole scambiate, ci si «chiude in bagno per sorridere in pace», quello che quando ci si trova nella stessa stanza ogni cosa incomincia a parlare. Tra invocazioni a Lacan e riferimenti poetici (le sue preferite sono Mariangela Gualtieri e Ida Travi), Gamberini declina, in uno zig zag luminoso di frasi psicomagiche, un’infanzia solitaria in un melodramma un po’ folle e fascinoso. E c’è chi le chiama «solo» stelle cadenti.