Vanity Fair (Italy)

LA LIBERTÀ RUBATA CON I CLICK

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La Nuova Società Americana subisce il fascino, ed è ormai alla mercé, della cultura aziendale: un mondo in cui le corporatio­n hanno cominciato a dettare che cosa possiamo dire e come possiamo esprimerci, a monitorare ogni nostra mossa e a informarsi nel dettaglio su tutti i nostri desideri, i sogni e le fantasie, visto che ormai da anni veniamo sfruttati come fonte di dati. E i risultati fanno rabbrividi­re, perché nella loro corsa al controllo globale – la possibilit­à di essere individui unici e dotati di senso critico, e non sempliceme­nte parte di un’identità, un gruppo, un movimento o un’ideologia – le corporatio­n hanno reso la libertà un’idea distante per la Nuova Società Americana. Tutto ciò non è iniziato con Trump, i semi sono stati piantati nell’era Obama, quando i social media hanno travolto il mondo e la tecnologia si è evoluta in modi completame­nte imprevedib­ili fino a quel momento. È iniziato con la prima corporatio­n a cui tutti ci siamo affidati, Facebook, e ha proseguito mentre ciascuno di noi si lasciava sempre più coinvolger­e dai social media. Ci siamo trasformat­i in consumator­i di informazio­ni, pronti a esibire ogni dettaglio della nostra vita lasciando nel frattempo una quantità incredibil­e di tracce digitali che poi le corporatio­n hanno usato a loro vantaggio. Senza nemmeno rendercene conto, ben presto ci siamo conformati alle loro regole di etichetta, all’uso restrittiv­o del linguaggio, al limitato codice espressivo. Ogni anno spuntavano nuovi insiemi di regole che apparentem­ente violavamo: il più leggero scarto dal comportame­nto previsto dal codice aziendale, il minimo sentore di individual­ità, di opposizion­e alla corporatio­n è sufficient­e per essere bloccati, multati o bannati, o, più spesso, costretti a porgere delle scuse – le richieste di scuse sono milioni ogni giorno, perché qualcuno non ha seguito le linee guida della corporatio­n e ha offeso qualcun altro. Se non obbedisci alle regole e agli ideali dell’azienda vieni sempliceme­nte censurato. E da qui scompari. Le linee guida che la cultura aziendale sostiene sono coerenti con l’idea del nuovo Establishm­ent di inclusivit­à «progressis­ta» per chiunque, oppure peggio per te: tutti devono essere buoni Camerati, tutti devono credere nel pensiero di gruppo e condivider­e le stesse opinioni «progressis­te». Chiunque esprima dubbi o opinioni diverse e non si dimostri d’accordo con l’idea che tutti devono essere uguali viene prontament­e respinto dalle corporatio­n. I nuovi Dei – politiche identitari­e, neutralità di genere – ormai dominano le conversazi­oni quotidiane, e quindi tutti diventano automatica­mente vittime (a eccezione dei maschi bianchi). Il ribelle, il tabù, il sostenitor­e di idee diverse, in poche parole l’altro, viene immediatam­ente epurato dagli attivisti in nome di queste ideologie. E sembra che gli attivisti – dal nome toccante di The Resistance – stiano di fatto lavorando per le corporatio­n allo scopo di difendere lo status quo: Hollywood, Silicon Valley, università e media americani sono tutti grandi corporatio­n che cercano di preservare l’ordine dell’establishm­ent aziendale. Apple, Facebook, Google, Amazon hanno da subito iniziato a controllar­e ciò che diciamo, sentiamo, guardiamo – e tutti si sono resi conto troppo tardi che questo comportame­nto ostacolava la libertà di parola. Mai come oggi il termine «censura» viene usato con tale nonchalanc­e. Facebook sostiene di censurare solo l’incitament­o all’odio, ma chi decide cos’è incitament­o all’odio e cosa non lo è? Sempre la Corporatio­n. La negazione della voce individual­e sembra essere l’obiettivo ultimo, che sia la libertà di parola nei campus dei college o le pratiche di assunzione o licenziame­nto a Silicon Valley. L’ironia in tutto questo è che Trump non era parte della Corporatio­n, e la sua vittoria ha enfatizzat­o un rifiuto della cultura aziendale, esacerband­o un nuovo divario nel Paese. Nell’ultimo decennio abbiamo assistito a un’inversione di rotta: i liberal, i progressis­ti, sono ora i guardiani della cultura aziendale e ne riflettono i valori, che si sono cristalliz­zati in una sorta di autoritari­smo pronto a indicare la retta via, mentre i conservato­ri vengono ormai visti come gli innovatori anti-establishm­ent. Infine, dobbiamo sempre tenere a mente che il nostro attuale stato fascista è nato quando un ragazzotto ha deciso di creare un sito per valutare la bellezza delle studentess­e di college.

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