Vanity Fair (Italy)

AMICI 40ENNI THE PARTY IS OVER

- di FABIO VOLO

C on una compagna più giovane di me mi capita di finire in situazioni in cui pensavo di non ritrovarmi più. Due settimane fa siamo stati invitati a un evento che prevedeva un piccolo aperitivo e una cena stellata. Per quelli come me che si stanno avvicinand­o ai cinquanta, mangiare non è più solo un piacere ma è anche la benzina che permette di stare in forma e tenere il passo. Se la sera mi faccio una pizza e un paio di birre so già che il giorno dopo mi sveglierò con la faccia gonfia come un palloncino del luna park e faticherò a far partire la giornata. Durante la cena a menu fisso, non ho potuto evitare di mischiare carne, pesce, formaggio, fritti, tutto annaffiato da bollicine, vino bianco e vino rosso. A metà desideravo un bicchiere di acqua frizzante come un testimone di Geova desidera un citofono da suonare la domenica mattina. Alla fine, avevo bisogno di allentare la cintura dei pantaloni e i mocassini, che indosso due volte l’anno, erano già pieni di piedi. Prima di affondare il cucchiaio nel dolce rivisitato dallo chef, il testimonia­l dell’evento ha preso la parola. Mentre parlava e ringraziav­a mi sono accorto che a due sedie da me un giornalist­a che conosco da anni teneva gli occhi chiusi come se si stesse concentran­do nell’ascolto, ma uno sbuffo delle labbra lo ha tradito. Dormiva. A un certo punto tutt’intorno ho sentito una serie di frasi bisbigliat­e: «Io a quest’ora di solito sono già a letto», «Ma non ci si può togliere la giacca?», «Tutto buonissimo ma la salsa era un po’ pesante da digerire», «Ma qui arrivano facilmente i taxi?». Allora non ero l’unico, ci sentivamo tutti in ostaggio, sottratti alle nostre confortant­i routine, in attesa del pugno di bicarbonat­o che ci avrebbe permesso di dormire. Appena dopo il dolce c’è stato un fuggi fuggi, tanto che i camerieri se ne sono tornati in cucina con i vassoi del caffè ancora pieni. In coda al ritiro cappotti, mentre nella testa facevo calcoli su quanto tempo ci sarebbe voluto per essere a letto, è arrivato un vecchio amico che ci ha abbracciat­o da dietro: «Non andremo mica a dormire adesso? Questa sera c’è Luciano che suona al Lunatik, dai beviamo una cosa, stiamo un quarto d’ora e poi andiamo a casa». Mi è bastato dare un’occhiata a Johanna per capire che voleva andare, ho sentito un pugnale trapassarm­i la schiena e ho visto il letto allontanar­si come quando perdi il treno per un secondo. Già mi vedevo con la mano di mio figlio in faccia che alle sei e mezza mi avrebbe chiesto di andare in cucina a fare colazione. Mentre la musica rimbombava, sulla pista del Lunatik il mio amico ballava con il bicchiere in mano. Quando andavamo insieme per locali a trent’anni, invidiavo il suo modo naturale di muoversi, tutti lo notavano, sia gli uomini che le donne. Adesso non attirava lo sguardo di nessuno. Non ho mai capito quando il nostro modo di ballare è diventato superato, così come non ricordo quando siamo passati dalle discussion­i su cosa fosse meglio tra marijuana e hashish alle proprietà miracolose della curcuma, a quanto fanno bene la vitamina D, gli omega 3 e il reishi, il fungo cinese che non dà nessuno sballo ma pare faccia così bene da essere chiamato il fungo dell’immortalit­à. Ho guardato il mio amico e l’unica cosa che avrei voluto fare era andare da lui, abbracciar­lo e sussurrarg­li all’orecchio: the party is over. Non voglio dire che non possiamo più uscire a cena o andare in un locale a divertirci ma non deve essere una lotta per dimostrare che siamo sempre quelli di quindici anni fa. Non è così. Anche a me succede a volte di voler fare delle cose che mi restituisc­ono un pezzo della vita che è stata, ma so che il giorno dopo ne pago il prezzo, la mattina una doccia e un caffè non bastano più. Picasso una volta ha detto: i quarant’anni sono l’età in cui ci si sente finalmente giovani. Ma è troppo tardi.

—Va bene uscire a cena o andare in un locale a divertirsi, ma non deve essere una lotta per dimostrare che siamo sempre quelli di quindici anni fa

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