Earth Day: un criptopomodoro ci salverà?
L e miniere di bitcoin (sotto), ossia le stanze piene di computer che «estraggono» criptovaluta, con un dispendio energetico elevato per via della potenza di calcolo richiesta, minacciano l’accordo sul clima di Parigi, firmato per la Giornata mondiale della Terra del 2016. Alla vigilia del prossimo Earth Day del 22 aprile, si calcola che la «zecca» dei bitcoin, secondo l’indice messo a punto dal sito Digiconomist, consuma più elettricità della Grecia, il doppio della Danimarca, e il triplo dell’Islanda. Così, per rendere più sostenibile l’industria delle valute virtuali, i «minatori» hanno iniziato a «coltivare» criptoverdure con il calore di scarto dei loro calcolatori. A Praga è pronto il primo raccolto di criptopomodori. I fondatori di Nakamotox, piattaforma per lo scambio di criptomonete nata nel 2017, hanno trasferito in una serra il calore generato dai computer durante la produzione dei bitcoin. In Canada, Myera Group, startup specializzata nel mining sostenibile, sta conducendo i primi test sul criptobasilico e la criptolattuga. In Olanda sono andati oltre. Considerato che una persona genera a riposo circa 100 watt, l’Institute of Human Obsolescence ha realizzato un sistema per produrre criptomonete con il calore umano «raccolto» grazie a tute speciali. Ma hanno coniato solo monete a basso consumo, come i Vertcoin. Per fare un bitcoin servirebbero 44 mila «batterie» umane.