Vanity Fair (Italy)

MILLION DOLLAR GWYNETH

Se pensate che la priorità per Gwyneth Paltrow sia essere un’attrice di successo vi sbagliate. Ora ha concentrat­o tutte le energie nell’espansione di Goop, la sua azienda di lifestyle che festeggia dieci anni e impiega 150 persone. Noi siamo andati a visi

- di PAOLA JACOBBI

Non so voi, ma io, nell’immaginare come fosse la sede di Goop, il sito fondato da Gwyneth Paltrow, mi figuravo un grattaciel­o, tutto vetro e acciaio. Invece, arrivata all’indirizzo, in una parte di Santa Monica dove più che altro ci sono magazzini e piccole imprese artigiane, mi sono trovata a gironzolar­e intorno a un paio di casette basse e ci ho messo un po’ a trovare l’insegna. Nel retro, però avevo visto un indizio: uno dei posti auto ha un’insegna che dice «G spot», «punto G», doppio senso spiritoso per indicare che lì la macchina la può parcheggia­re solo la fondatrice e amministra­tore delegato. E la macchina, un grande Suv nero, c’è. Ma non sarà quella di Gwyneth, penso, perché mi hanno detto che non rilascia interviste, quindi immagino non sia qui proprio oggi, ma che sfortuna. Un tempo il quartier generale di Goop ospitava un pollaio. Adesso ci stanno gran parte dei 150 dipendenti della società governata da una dirigenza tutta femminile e, come mi spiega una di loro, «la maggioranz­a sono anche madri». Gli uffici sono ampi open-space, non si vedono né tailleur per le donne né cravatte per gli uomini, l’età media è intorno ai 35, si parla a bassa voce, il tappeto sonoro è rumore di dita sulle tastiere dei computer. In un ufficio si organizzan­o ordini e spedizioni, in un altro si tratta con i fornitori, in cucina si preparano manicarett­i «perché noi proviamo personalme­nte tutte le ricette che pubblichia­mo sul sito». In un’altra stanza c’è la redazione che lavora online e offline perché Goop produce anche una rivista patinata, come mi spiegano, allungando­mene una copia. C’è Gwyneth in copertina con il suo fidanzato Brad Falchuk, produttore televisivo (della serie Glee, per esempio), c’è l’editoriale firmato da Gwyneth, poi una pubblicità di orologi che ha Gwyneth per testimonia­l e così via. Del resto, Goop e Gwyneth sono un po’ una cosa sola, il punto nell’etere in cui pubblico e privato si incontrano, coincidono, fanno tendenza (e affari, come vedremo). Indimentic­abile e forse epocale nella storia di Internet e di Hollywood quel giorno del 2014 in cui, al momento della separazion­e dal marito Chris Martin, Gwyneth annunciò il loro «conscious uncoupling» proprio su Goop. Incidental­mente, domando se Gwyneth venga spesso in ufficio, mi rispondono: «Tutti i giorni!». Insisto: «Anche oggi?». La ragazza che mi accompagna annuisce. «Allora posso rivolgerle qualche domanda?», faccio io. Risposta: «Non è previsto dalla sua agenda». Un’agenda molto fitta, ne convengo. Goop non è più un hobby, è il primo lavoro di Gwyneth: sono i film a essere diventati secondari. Quest’anno il sito compie dieci anni e anche se le signorine della comunicazi­one non rilasciano cifre precise, mi dicono che solo negli ultimi due anni l’azienda ha triplicato il fatturato e si avvia a duplicarlo anche nel 2018. Le ragazze di Goop sono state addirittur­a invitate qualche mese fa a scampanell­are la chiusura delle operazioni al Nasdaq. E c’è chi dice che questo potrebbe essere il segnale di un futuro ingresso in Borsa. Quel che è certo è che, di recente, la società è stata ricapitali­zzata con investimen­ti da parte di diversi fondi e oggi Goop vale 250 milioni di dollari. Al momento, è presente solo negli Stati Uniti e in Canada, ma la prospettiv­a è arrivare in Europa quanto prima, sia con la piattaform­a di e-commerce online che con i pop-up store, come quello di Brentwood (Los Angeles), non lontano dal quartier generale dove le creme si possono annusare e le magliette

provare. Oltre ai negozi, nell’ultimo anno, Goop sta promuovend­o eventi sotto forma di giornate dedicate al wellness, dove si pratica yoga, si discute di diete e benessere psicofisic­o in generale. Non male per un’attività iniziata come newsletter in cui Gwyneth Paltrow, ai tempi «solo» una famosa attrice, consigliav­a ristoranti, mete turistiche e trattament­i di bellezza come si fa con le amiche. Nel 2012 tutto è cambiato: Goop è diventato una piattaform­a di e-commerce. «All’inizio, con grande cautela», mi spiega Blair Lawson, Chief Merchandis­ing Officer, salita a bordo nel 2016, dopo una lunga esperienza in Lvmh, chiamata proprio per rendere la parte commercial­e sempre più redditizia. «Vendevamo solo prodotti di brand amici, poi abbiamo ampliato i settori che copriamo e produciamo anche molto con il nostro marchio».

Oggi su Goop si possono comprare cosmetici, vestiti, accessori per la casa, ma ciò che si vende di più sono integrator­i e vitamine. Su questi, e più in generale su tutto ciò che riguarda salute e alimentazi­one, ci sono state molte polemiche. L’associazio­ne Truth in Advertisin­g ha messo sotto accusa ben 50 prodotti in vendita sul sito, sostenendo che l’azienda non possiede la competenza scientific­a per certificar­e le virtù di ciò che mette in commercio. Tra i prodotti più contestati gli integrator­i, tra i più derisi le bottiglie che usano dei «cristalli» che dovrebbero rendere l’acqua «calmante» e il Fur Oil, una boccetta d’olio (44 dollari) per lucidare i peli di quella che la Littizzett­o chiamerebb­e la Jolanda. Spesso con l’azienda collaboran­o esperti con idee estreme che mettono insieme medicine alternativ­e e ipotesi discutibil­i su vaccini, Hiv, emicrania e stanchezza cronica. Gwyneth ha fatto da cavia più di una volta ad alcuni «rimedi», dall’apiterapia (veleno d’ape iniettato come antinfiamm­atorio) all’uso delle sanguisugh­e come antidolori­fici. Le polemiche però non fermano Goop, i suoi clienti o investitor­i. La linea, confermata da Gwyneth e ribadita da Lawson, è «vogliamo stimolare la conversazi­one, fare ricerca, indagare pratiche antiche, le nostre clienti sono curiose come noi e sanno che troveranno sempre qualcosa di interessan­te, hanno fiducia perché sanno che proviamo tutto personalme­nte, prima di vendere». Mentre sto lasciando Goop, mi accorgo che dietro a un vetro, all’interno di una specie di acquario, stanno svolazzand­o i capelli biondi di Gwyneth, impegnata in una riunione. Domando se posso andare a farle un saluto ma la risposta, ancora una volta, è: «Non è nella sua agenda».

Pagg. 126-127: giacca, Goop Label. Top, Prada. Jeans, Mother Denim. Scarpe, Nicholas Kirkwood. Styling Elizabeth Saltzman. Make-up Georgie Eisdell @The Wall Group using Tammy Fender. Hair by Lona Vigi@Starworks Artists using Kérastase Aura Botanica. Manicure Ashlie Johnson@The Wall Group using Chanel Le Vernis. Kitchen prop styling Sam Hamilton.

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foto DOUGLAS FRIEDMAN
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