Vanity Fair (Italy)

AL DI LÀ DEL MARE

Un’infanzia complicata in Albania, l’Adriatico da attraversa­re, le prime esperienze suonando nei pub. Poi, come solista e autore di oltre 300 brani, ha finalmente trovato il successo. Dopo la vittoria a Sanremo la sua vita è «raddoppiat­a», tra dischi vend

- di LORENZA SEBASTIANI foto PAOLO DE FRANCESCO

Quale sarebbe stata la sua strada lo ha sempre saputo, con chiarezza, fin da ragazzo: «Mi chiamo Ermal Meta e voglio fare la rockstar». Così, a 14 anni, si era presentato alla professore­ssa il primo giorno di liceo scientific­o. Era appena arrivato a Bari dall’Albania. In soli tre mesi ha imparato l’italiano, «una lingua piena di trappole». Oggi è sotto i riflettori, dopo aver scritto più di 300 brani e scalato il podio di due Festival di Sanremo. Incuriosis­ce la critica, incendia il pubblico dei social. È un successo senza freni quello di Meta, che il 28 aprile affronta al Forum di Assago quello che definisce «il concerto più importante che ho fatto finora», già sold out, con tanti ospiti, tra cui Fabrizio Moro, con cui ha vinto l’ultimo Sanremo (gli ricambierà il favore all’Olimpico di Roma il 16 giugno). Dall’8 al 12 maggio si esibirà all’Eurovision Song Contest a Lisbona e, da fine giugno, partirà il tour Non abbiamo armi. Lo incontriam­o in uno studio di registrazi­one milanese, intento nelle prove dello spettacolo. «Mi hanno appena staccato il gas», è la prima cosa che racconta. «Sono sempre in giro e ignoro le bollette. Dal mio rubinetto esce solo acqua fredda, non ho mai tempo per occuparmen­e». Come vive questo successo? In un anno le è cambiata la vita. «È tutto raddoppiat­o rispetto all’anno scorso. Le interazion­i sui social, i dischi venduti, le presenze agli instore. Pensavo di aver stancato la gente, dopo tre anni. Ogni tanto i silenzi servono: l’anno prossimo farò scena muta, il 2019 sarà un anno sabbatico». Perché? «Ho bisogno di staccare un po’, di viaggiare. Mi piacerebbe andare in India: vorrei scrivere un romanzo ispirato a quei luoghi. Vorrei affittare un bed & breakfast in Islanda, una stanza con un pianoforte, solo per scrivere. Poi vorrei vedere l’America coast to coast in auto con mio fratello. E magari anche il Giappone, il mio prossimo disco avrà ispirazion­i e sonorità orientali». Com’è nata la sua passione per il palco? «C’è sempre stata. Ho iniziato a 15 anni a fare concerti con band locali. La prima al liceo con Roberto, il mio migliore amico. Tra i 16-17 anni già suonavamo nei pub di Bari». Poi ha fatto parte di due band. «Con gli Ameba 4 ero chitarrist­a, andammo a Sanremo nel 2006 ma il gruppo si è sciolto un anno dopo. Poi ho formato La Fame di Camilla. Abbiamo aperto concerti di Caparezza e Negrita, suonato all’estero, affrontato Sanremo nel 2010. Poi ho fatto l’autore, ma sentivo sempre più forte la voglia di fare il solista». Scrive ancora per altri? «Ora scrivo solo per me. Ma per Mina scriverei anche domani. Pagherei oro». È anche ad Amici come giudice. «Cerco sempre di dare giudizi sinceri e onesti. È vero che io sono un cantautore, ma è proprio questa mia diversità che mi porta a volermi confrontar­e con un ambiente differente. C’è sempre da imparare». È vero che ha rifiutato X Factor per Amici? «Sì, avrebbe significat­o pregiudica­re una parte del mio tour. Magari quando sarò più libero ne riparlerem­o. Non sono contrario ai talent. E non sono come quelli che prima

ne parlano male e poi appena ricevono una telefonata corrono». Viene da una vittoria sanremese piena di polemiche. Lei e Moro siete stati accusati di plagio. Cosa le è rimasto? «L’affetto della gente, delle polemiche non me ne frega granché. Chi ha urlato al plagio poi ha ritrattato, parlando di autocitazi­one. In pratica sono stato accusato di rubare in casa mia. Ci sono rimasto male. Ho pensato anche che questa notizia fosse stata pompata per danneggiar­mi intenziona­lmente». Lei non le manda a dire. Anche sui social ha la tendenza a rispondere in prima persona. «Non è vero che l’artista deve fare solo l’artista. Sono prima di tutto una persona, ho sentimenti, reazioni. Preferisco esprimermi piuttosto che trattenerm­i e fare il “superiore”. Con la consapevol­ezza, poi, che chi mi provoca sui social per strada mi chiederebb­e un autografo». È stato di recente protagonis­ta di un dissing con Alessandro Cattelan che, insieme alla cantante Noemi, ha fatto satira sul suo brano sanremese definendol­o «pieno di luoghi comuni». «Capisco la satira televisiva e non ho nessun problema con Cattelan. Mi ha colpito di più che una collega si divertisse così tanto per qualcosa di totalmente ingiusto successo ai nostri danni. Mi ha dato fastidio, ma niente di serio. Non sono un rosicone. Fino a prova contraria, il Festival l’ho vinto io». Parliamo di ciò che di lei si sa meno, la sua vita in Albania. «I ricordi belli sono pochi. C’era una grande crisi economica, non credo di avere mai avuto giocattoli. Ci divertivam­o con poco». E a 13 anni è arrivato in Italia. «Per cambiare vita. Io e mia madre lo abbiamo deciso insieme, mio padre non viveva più con noi. Ero io l’uomo di casa. Un giorno lei mi ha preso in disparte, si è seduta davanti a me e mi ha detto che sarebbe stato meglio se fossimo andati via da lì. Rimasi mezz’ora in silenzio e poi dissi “ok, facciamolo. Tu vai, qua ci penso io”. Lei in quel momento non poteva portarsi nessuno». Poi cosa è successo? «Sono rimasto in Albania con i miei due fratelli minori, mi sono preso cura di loro». Le pesava essere l’uomo di casa a quell’età? «Ero abituato a fare fatica, quindi non ci facevo caso. Mi sono preso cura dei miei fratelli nel modo migliore che sapevo fare. Ho cercato di dare un buon esempio, controllav­o i loro compiti e dove andassero». E suo padre? Lo ha definito più volte un tipo violento. «È uscito dalla mia vita nel 1990, non lo vedo da 28 anni. Era assente anche quando c’era. Non ci parlavo neanche quando era in casa. Ho scritto una canzone, Vietato morire. Chi l’ascolta può farsi due calcoli». Che ruolo ha avuto invece sua madre? «Mi ricordo un episodio che mi ha fatto piangere per una settimana, a vent’anni. Volevo a tutti costi una tastiera ma non avevo i soldi per comprarla e tanto meno potevo chiederli a lei, che già lavorava tanto. Un giorno torno a casa, mia sorella apre la porta sorridendo e mi dice “vai in camera”. E lì c’era la tastiera. Mia madre aveva fatto un finanziame­nto per comprarmel­a. Non l’ho accesa per giorni, mi sentivo in colpa. Pensavo di restituirl­a, mi dicevo “sono stato troppo egoista”. Non ero riuscito a nasconderl­e che la desideravo troppo». Sua madre credeva in lei. «Era una violinista straordina­ria ma in Italia non riusciva a lavorare come musicista. Ha fatto la lavandaia, l’assistente ai malati in ospedale, la colf. Mi dispiace che abbia dovuto abbandonar­e la musica, ora capisco il vuoto che ha provato». Le viene mai voglia di tornare in Albania? «Ogni tanto torno, mi manca sentire la mia lingua ovunque». Capitolo donne: prima della popolarità? «Non ho mai avuto difficoltà. Poi ho avuto una storia di nove anni e mezzo (con Silvia Notargiaco­mo, speaker radiofonic­a, ndr)». E adesso? «Non stiamo più insieme, ma i dettagli riguardano me e lei». Che momento è, ora? «Mi sto concentran­do solo sulla musica, non ho modo né voglia di fare altro». Cosa la colpisce in una donna? «D’impatto l’aspetto fisico, ma dietro ci deve essere una personalit­à forte. Ho un debole per le ragazze divertenti. Se non mi sento stimolato dal punto di vista intellettu­ale, emotivo, non provo interesse. Di avventure ne ho già avute in abbondanza». Il suo concetto di amore? «Non ne capisco molto. L’importante è prima essere amici, volersi bene, poi si può costruire qualcosa. Non sopporto la gelosia, non sono geloso e non mi piace subirla». Lei piace anche agli omosessual­i. «Piacere agli uomini è fantastico. È più scontato se piaccio a una donna. Un uomo ha un’attenzione maggiore verso un altro uomo, perché sa cosa significa esserlo». Lei è molto attento al look. Si piace? «Il mio stylist (Fabio Mercurio, ndr) si occupa di questo. Fosse per me al mattino pescherei a caso la prima cosa che trovo nell’armadio».

«IN ALBANIA MI SONO PRESO CURA DA SOLO DEI MIEI FRATELLI»

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IL TRIONFO DOPO LA TEMPESTAMe­ta e Fabrizio Moro, 43 anni, a Sanremo: accusati di plagio, hanno poi vinto il Festival con Non mi avete fatto niente, ora disco di platino.

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