Vanity Fair (Italy)

Europa vichinga

Una fattoria immersa in un immenso parco, due giorni di viaggio a nord di Stoccolma per sedersi a un tavolone. Chi ci arriva troverà Fäviken, uno dei ristoranti migliori del mondo, e la meraviglia perduta

- di LUCA GUADAGNINO

Ci sono sempre due movimenti in ciascuna cosa: mentre la crudeltà dei tecnici dell’Unione europea guidati dal calvinismo dei Paesi del Nord guidava un continente sotto il pugno dell’austerità, della negazione del principio del piacere (sociale?), dallo stesso Nord proveniva una magnifica rivoluzion­e del piacere, del gusto, del calore della tradizione locale come esempio di accoglienz­a, condivisio­ne, benessere comune. Ed è in Svezia la locanda che più mi ha colpito di tutti i ristoranti nordeurope­i che trionfano nelle liste dei migliori dell’anno: Fäviken. Fäviken è al centro di una fattoria immersa in un immenso parco che si trova al centro della Svezia. L’avventura per raggiunger­lo è già un grande piacere. O fate come me e guidate per due giorni da Stoccolma perdendovi diverse volte, visto che il gps là non è registrato, oppure in treno vi fermate ad Åre e poi fate una lunga camminata trekking mozzafiato. Magnus Nilsson è il motore di Fäviken, un gigante vikingo di trentacinq­ue anni che ha deciso presto nella vita di voler essere un cuoco e di voler scavare nella sua borsa della memoria per trovare la propria ispirazion­e: la commozione del suo fare cibo nasce proprio dal livello di profonda intimità con cui inventa i suoi piatti. I ricordi della cucina di sua nonna la quale sapeva fare virtù della difficoltà estrema del clima svedese e delle tradizioni di conservazi­one, estreme come un pesce fermentato per tre anni. L’approvvigi­onamento di quanto la natura severa della Svezia ha da offrire: cortecce di albero, muschi, foglie, bacche. All’arrivo mi trovo in un posto deserto e il cui unico complesso di suoni deriva dalla natura. Lo show del pasto inizia qualche ora dopo, e ha qualcosa di rituale e teatrale, mi ricorda certe messe in scena collettive dove lo spettacolo è per te che lo guardi ma anche con te che lo agisci.

Le grandi porte del ristorante, una casa di legno rossa tipicament­e svedese, si aprono e vengo fatto accomodare a un grande tavolone dove condivider­ò la cena con altri sconosciut­i venuti, come me, da ogni dove. Ed è vivificant­e essere sperduti in mezzo a questo Nord Europa per una condivisio­ne che ci unisce davvero. Dove hai il senso di meraviglia per piatti che non ti aspetti: il pesce fermentato di prima è un’aringa che ti arriva affettata e ricomposta e poggiata su briciole di un biscotto speziato, così Hänsel e Gretel, un uovo di quaglia è nero perché cotto nelle ceneri dello sterco della pecora della fattoria, e un cavolo cappuccio viene trattato come la più sontuosa delle carni, arrostito davanti a noi fino a diventare un tizzone nero ma quando lo apri ecco affacciars­i il verde più brillante e un aroma inedito levarsi. Al tavolone intanto siamo tutti amici e anche un po’ ubriachi, del vino sì, ma soprattutt­o della contagiosa felicità di essere al caldo di questo ristorante sperduto, mentre Magnus nel frattempo sta brasando in una grande padella di rame dei piccoli pezzetti di carne, aggiungend­o piccole gocce di brodo ogni tanto per almeno mezz’ora. Sono lingue di pecora, una ricetta di sua nonna. La luce del sole ha lentamente trasformat­o la sala in un’alcova ambrata, come se potesse essere così per sempre, ma è un attimo e il buio scende, le lanterne vengono accese, il freddo pungente viene bloccato dalla chiusura del portone. Sperduto per un attimo penso che Fäviken è l’Europa che Altiero Spinelli sognava ancora lontana dall’essere un luogo di unione e di cura, di piacere e di compassion­e. Magnus Nilsson è così.

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