IN FUTURO TORNERÒ AL PASSATO
Davanti a un caffè lunghetto, Barbora Bobulova parla con la schiettezza di cui solo i timidi e gli schivi sono capaci. In poco più di un mese sarà al cinema con tre film. Il 3 maggio esce Dopo la guerra, che parla di terrorismo, dalle Brigate Rosse all’omicidio Biagi tessendo la trama su archetipi millenari: delitto e castigo, le colpe e le conseguenze che si allargano intorno ai responsabili come cerchi nell’acqua. Il 24, invece, arriva nelle sale Hotel Gagarin, una commedia su un gruppo di italiani «intrappolati» in Armenia, mentre il 7 giugno uscirà Diva!, docu-film sulla vita di Valentina Cortese. «Onestamente avrei preferito che uscissero un po’ scaglionati». Per fortuna, aggiunge, sono tre film, tre personaggi del tutto diversi. «Dopo la guerra è un film che parla di fatti molto italiani, a sfondo politico». La regista, Annarita Zambrano, ha detto di averla scelta proprio in quanto non italiana. «Voleva qualcuno che non avesse memoria di quegli eventi». Veramente nel 2002, quando ci fu l’omicidio di Marco Biagi, lei era già qui. «Sì, ma era legato a un passato che io non conoscevo. E allora non capivo bene l’italiano. Sono arrivata nel 1996, ma mi sono stabilita definitivamente qui l’anno dopo. E i primi tempi stai sempre con un piede ancora a casa tua. Tenevo la porticina aperta. Se non fossi stata contenta, ero pronta a tornare in Slovacchia. Annarita mi ha aiutata a ricostruire la storia delle Brigate Rosse. Li chiamano gli anni bui, gli anni di piombo, è curioso, anch’io sono cresciuta in un periodo buio, sotto la dittatura sovietica. Il muro di Berlino è caduto nel 1989, avevo 15 anni». Che ricordi ha? «I miei genitori non parlavano mai di politica davanti a me e alle mie due sorelle. Capitava di entrare in una stanza e loro si zittivano improvvisamente. Temevano che potessimo ripetere quello che avevamo sentito. Avevamo parenti in America e mio padre ci istruì a negarne l’esistenza. Sarebbe bastato a trasformarci in nemici del regime». Lei ha iniziato a fare l’attrice in quella che era ancora la Cecoslovacchia. «Ho studiato all’Accademia di teatro di Bratislava. Ma a recitare avevo iniziato a 12 anni. Capitai per caso a un provino per un film e il regista mi scelse». Per caso? «Aveva organizzato un’audizione in città. Cercava una quattordicenne. Mia sorella e la sua amica che erano più grandi di me decisero di andare e io le accompagnai. Mi ricordo che mi raccolsi i capelli in una coda di lato, pensavo che sarei sembrata più adulta. Da lì, ogni volta che c’era un annuncio per un’audizione mia madre mi diceva: “Vuoi andare?”. Lo devo anche a lei se sono qui». Non ha mai avuto la tentazione di andare oltre il cinema e le fiction? Di fare, per dirne una, la presentatrice? «Per carità, sarei impacciatissima. Un po’ di anni fa mi proposero di fare la madrina del festival del cinema di Venezia ma non me la sono sentita. Tutti mi dicevano che ero pazza a non accettare. Col senno di poi un po’ mi sono pentita». Le sue figlie vorrebbero seguire le sue orme? «Hanno 11 e 9 anni. La più grande vuole fare “o la contadina o la cantante o la truccatrice”. L’altra ha mille mestieri in testa. Quanto al fatto di avere una madre che fa l’attrice, sono ancora un po’ confuse. Credo che soprattutto la grande lo trovi imbarazzante. Posso capirlo». Cinque anni fa si è separata dal suo compagno. Essere una madre single è più facile o più difficile? «Non stiamo più insieme ma il padre delle bambine è molto presente. Abbiamo un rapporto collaborativo, non ci facciamo gli sgambetti. Detto questo... Guardi, io da sola dormo meglio. Ho un bisogno un po’ maniacale dei miei spazi. E non ho paura di rimanere da sola. A me la solitudine piace proprio». E quando la gestione dei figli è condivisa gli spazi aumentano. «Sì e in questo senso la separazione è meravigliosa. È fantastico quando le mie figlie vanno a dormire dal padre. Ormai mi prendono in giro: “Mamma non vede l’ora che ce ne andiamo”. Staccare dai figli fa bene ed è giusto che anche loro sappiano che per una mamma è normale, ogni tanto, aver voglia che si tolgano dalle palle». Quella porticina di cui parlava prima alla fine l’ha poi chiusa? «Sì, perché, a questo punto, ho trascorso metà della mia vita in Slovacchia e metà in Italia. Però, se penso al futuro mi vedo in pensione nel mio Paese. Mi sento sempre più attratta dalle mie radici man mano che divento... vecchia, diciamolo. Non ho paura a usare questa parola, vecchi lo diventiamo tutti».