Vanity Fair (Italy)

GENERE MUTANTE

- di LINDZI SCHARF foto TOMMASO MEI

Da bambina era pazza di Ryan Reynolds, e quando lo ha incontrato sul set glielo ha confessato. Cresciuta, HILDEBRAND si è innamorata di una ragazza. E oggi dice: «Non ho una definizion­e giusta per la mia sessualità». L’importante è non nasconders­i: troppo faticoso

Non riesco a credere che ci sia gente che abita qui», dice Brianna Hildebrand. La star di Deadpool è seduta su una sdraio rivolta verso l’oceano in una casa sulla spiaggia di Malibu, non lontano da una villa in stile Rinascimen­to che appartenev­a a Cher. Brianna si è cambiata la canottiera e gli slip di cotone bianchi e fradici che indossava per il servizio fotografic­o di Vanity Fair e si è messa un vestito rosso e un paio di Adidas nere che ha tirato fuori dal suo armadio. «Avevo il culo pieno di sabbia», dice ridendo e ripensando alla giornata, con in sottofondo il suono delle onde che si infrangono. «È sempre seccante liberarsi della sabbia». Meno seccante è stato il passaggio da aspirante attrice a protagonis­ta del franchise di un film di successo. La 21enne ha ottenuto il ruolo di Testata Mutante Negasonica solo un anno dopo essersi trasferita a Los Angeles dalla cittadina natale di College Station, in Texas. «Prima di Deadpool, non ero mai stata una vera fan dei film di supereroi», ammette. «Anche quando mi hanno chiamata per il provino, ero un po’ cauta, mi chiedevo: se lo faccio, è un film che vorrò vedere?». Ma dopo avere letto la sceneggiat­ura, tutto è cambiato e – promette – il sequel del film, che esce in sala il 15 maggio, non deluderà. Hildebrand dice di essere maturata rispetto al 2015, l’anno del primo Deadpool, quando si perdeva tutte le bravate fuori dal set perché a Vancouver non aveva l’età legale per il consumo di alcolici: «Ero la bambina del set, è stato il mio primo lungometra­ggio e non mi rendevo conto di quello che succedeva». Come dimostra il primo incontro con il coprotagon­ista Ryan Reynolds: «Da ragazzina ero innamorata pazza di Ryan, al liceo mi photoshopp­avo nelle foto in cui c’era lui. La prima volta che l’ho incontrato gliele ho portate per fargliele vedere. E lui ha detto: “Non so come la prenderà Blake” (si riferiva alla moglie Blake Lively, ndr)». A Los Angeles è arrivata a 17 anni, dopo avere conosciuto il suo manager a una gara di talenti in Texas. «Vengo da una cittadina minuscola dove la gente si veste tutta uguale e si comportano tutti nello stesso modo, e se qualcuno cerca di fare qualcosa di diverso viene preso in giro, per cui L.A. è stato una specie di shock culturale, anche se adesso non riesco a immaginare di andarmene via. E voglio assolutame­nte viaggiare, perché non ho mai fatto nemmeno i tour promoziona­li. Per esempio, Chiamami col tuo nome mi ha fatto venir voglia di visitare l’Italia». Dopo Deadpool, Brianna è stata scritturat­a per un paio di film indipenden­ti, uno dei quali era First Girl I Loved, dove la protagonis­ta si innamora della ragazza più popolare del liceo, «un personaggi­o che mi sembrava vero e vicinissim­o a me». Durante le riprese ha infatti conosciuto la sua attuale fidanzata, Jonneke Grisham, che lavorava alle scenografi­e: «Per me significa tanto potere interpreta­re persone queer o gay, o in generale non etero. Al liceo, avrei amato vedere un film e personaggi del genere». Anche se sta con una donna, Hildebrand non si definisce gay. «Non ho una definizion­e giusta per la mia sessualità, per un po’ dicevo di essere bisessuale, poi gay. Arrivata a questo punto, non mi descrivo più in nessun modo». Poi, imitando il tono di voce della tipica

ragazza california­na ricca e un po’ svampita: «Ed è una cosa che, tipo, va anche benissimo». Eppure, ammette, «c’è gente che se la vive in modo strano». Dopo aver affermato che «una società senza etichette sarebbe fantastica», corregge il tiro: «Le etichette non sono per forza una brutta cosa. A volte fanno sentire la gente più a proprio agio. Anche se nessuno dovrebbe costringer­ti a usarle. Penso siano una cosa che ci è stata insegnata inconsciam­ente. Per la serie: “Sei fatto in questo modo o in quest’altro. Sei etero o sei gay, sei nero o sei bianco”. Ma c’è tantissima gente che è a metà tra le due. È così e basta. E non è nelle condizioni di decidere se adeguarsi a una definizion­e o meno». Q uando le racconto che in Italia, a differenza della California, non ci sono attrici dichiarata­mente gay, Hildebrand dice: «Che assurdità. È triste e mi sembra faticoso dover nascondere quello che ti sta succedendo. Soprattutt­o se sei un personaggi­o pubblico. È complicato». L’attrice è fiera di fare parte di una generazion­e più diretta e dice di sentirsi ispirata nel vedere altri ragazzi trovare una voce. Prende gli studenti della Marjory Stoneman Douglas di Parkland, la scuola dove un ex allievo il 14 febbraio ha ucciso 17 persone, come esempio dell’impatto che la gente può avere quando si mobilita per una causa. «È ammirevole quello che sta succedendo, a 16 anni non credo avrei avuto il coraggio di fare una cosa così». Quando le faccio notare che un po’ somiglia a Emma Gonzáles, la giovane portavoce di Parkland, dice: «Forse è il taglio di capelli. Ma adoro l’idea, perché lei sì che è una ragazza giovane e forte». Sarebbe disposta a interpreta­rla in un film su March for Our Lives, la manifestaz­ione guidata dagli studenti che si è tenuta a Washington per il controllo delle armi? «Assolutame­nte sì. Sempre se sarò ancora giovane quando si farà, e sulla piazza». Hildebrand è fiera anche di fare parte di una generazion­e che sta benefician­do dei movimenti Time’s Up e #MeToo, e dice di essersi accorta di un maggiore senso di comunità tra attrici. «Fino a poco tempo fa, entrando in una sala provini piena di donne, mi sentivo un po’ a disagio senza che ce ne fosse la minima ragione, ma è bello che adesso ci sia questo senso di comunità. Possiamo contare l’una sull’altra». M algrado il successo, l’attrice sostiene che l’unica cosa cambiata nella sua vita sono le opportunit­à di lavoro. «Posso ancora camminare per strada come una persona qualunque», dice scherzando. «Nessuno mi guarda quando vado a fare la spesa». I suoi account sui social network sono un’altra storia. «Ci sono cose che non condivido online, perché non voglio dovere ascoltare le opinioni degli altri. Ho iniziato a chiedermi: perché ho sempre bisogno di condivider­e questa roba? Cos’è che mi fa pensare che tutti debbano sapere che sto alla grande, con chi sto, come mi vesto, che faccio nel fine settimana?». Basta comunque dare un’occhiata ai suoi account e appare evidente che Hildebrand non è l’«adolescent­e tormentata» che la gente ha visto sullo schermo. È cresciuta guardando film con Audrey Hepburn (il suo preferito è Colazione da Tiffany) ed era una ballerina, cheerleade­r al liceo e cantante prima di mollare tutto per provare a realizzare le sue aspirazion­i artistiche. «Da ragazzina non ero esattament­e un’appassiona­ta di cinema», dice, spiegando che il suo primo obiettivo era diventare cantante. «La musica per me è sempre stata super terapeutic­a». E aggiunge che a breve avrà una sua serata fissa al Black Rabbit Rose, a Hollywood, dove si esibirà in cover e pezzi nuovi «ispirati al jazz e al R&B» che sta scrivendo nel suo appartamen­to di West Hollywood. Inoltre, spera di pubblicare un Ep nell’immediato futuro. Nel frattempo è concentrat­a sul presente: «Vivo in una casa in affitto, in questo momento la mia idea di successo è avere soldi a sufficienz­a per potermi comprare una casa carina». [traduzione di Tiziana Lo Porto]

«PER UN PO’ DICEVO DI ESSERE BISEX, POI GAY. ADESSO NON MI DESCRIVO PIÙ»

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Dall’alto: Brianna con la fidanzata Jonneke Grisham, scenografa che ha conosciuto sul set di First Girl I Loved; in una scena di Deadpool 2, con il protagonis­ta Ryan Reynolds, 41 anni.
AMORI DI SET Dall’alto: Brianna con la fidanzata Jonneke Grisham, scenografa che ha conosciuto sul set di First Girl I Loved; in una scena di Deadpool 2, con il protagonis­ta Ryan Reynolds, 41 anni.
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