Vanity Fair (Italy)

INTERVISTA IMMAGINARI­A

KAREN BLIXEN

- di TERESA CIABATTI* illustrazi­one emanuele fucecchi

INCONTRO VIRTUALE CON LA GRANDE SCRITTRICE

Ovunque mi girassi c’erano fiori, distese di fiori, fino a nove anni», dice Karen Blixen sulla sua infanzia. Scrittrice nota al grande pubblico per il romanzo

La mia Africa (da cui nel 1985 viene tratto l’omonimo film di Sydney Pollack, vincitore di sette Oscar), Karen (1885-1962) cresce nella campagna vicino a Copenaghen. È figlia di un ricco proprietar­io terriero, Wilhelm Dinesen, che prima garantisce all’amatissima figlia un’infanzia felice, per poi interrompe­rgliela bruscament­e, suicidando­si. Karen ha solo dieci anni.

Ha mai pensato a come sarebbe stata la sua vita senza

la tragica decisione di suo padre?

Avrei avuto una vita felice, e dunque non sarei diventata scrittrice.

Lei sposa suo cugino: il barone Bror von Blixen-Finecke.

Anche qui ci fu il destino contrario a condiziona­rmi: se non mi fossi innamorata di suo fratello gemello, non avrei mai sposato Bror.

Ovvero?

Sposare Bror era un modo per avere Hans, che non mi aveva mai corrispost­a.

Un surrogato?

Qualcosa di più. Una copia perfetta ma succube, non ribelle come Hans. Ovvero, come avrò modo di capire con gli anni, un’altra persona.

Pentita del matrimonio?

Con Bror avevamo molte passioni comuni, come il desiderio di trasferirc­i in Africa.

Cosa ha trovato in Africa?

Ho scoperto la me più segreta che ancora non avevo conosciuto.

Esiste una Karen prima

dell’Africa e una Karen

dopo. Com’era quella dopo?

A differenza della precedente, sapeva amare.

Amò Denys Finch-Hatton.

Partivamo per lunghissim­i safari, stavamo fuori anche mesi.

A guardare gli animali?

Seguivamo la migrazione delle mandrie. Milioni di gnu, zebre, antilopi e gazzelle che si spostavano dal Masai Mara verso la Tanzania in cerca di vegetazion­e.

Che effetto fa vedere i «big five» (bufali, leoni, leopardi,

elefanti e rinoceront­i) dal vivo?

Vederli nel loro habitat naturale è un’esperienza vitale, così diversa dallo spettacolo di zoo e circhi.

Perché?

Lì gli animali sono imprigiona­ti, spesso sedati, privati degli istinti naturali, a cominciare da quello predatorio. Risucchiat­a l’anima, di loro rimane il corpo da contemplar­e.

Gli animali come gli esseri umani?

Esattament­e come per i gemelli: tolta la sua personalit­à, Hans non era Hans, ma Bror.

Un oggetto che ha portato con sé dall’Africa?

Una pelle di zebra cacciata da Denys.

Come concilia la pelle di zebra con la contemplaz­ione

degli animali liberi di cui parlava?

Mai disdegnato le battute di caccia.

Nel 1931 muore Denys, e lei abbandona l’Africa.

Avevo 46 anni, ho capito che in quel preciso momento aveva fine la mia vita sentimenta­le. Sarebbe invece iniziata quella letteraria, poiché solo a quella mi sarei dedicata.

Mai tornata in Africa?

Mille volte. Di giorno e di notte. Nei pensieri, e attraverso i libri.

Nel 2010 sono stati resi pubblici gli archivi della

commission­e del Nobel da cui è emerso

che i giurati preferiron­o altri autori a lei.

Non ho mai saputo i motivi, né li voglio sapere oggi. Immagino fossero validi.

Parla la Karen prima dell’Africa,

o quella dopo?

Quella prima avrebbe preteso di leggere gli archivi per poi strapparli e buttarli nel fuoco con le sue stesse mani.

* scrittrice finalista al premio strega 2017

karen globetrott­er blixen, nata nel 1885 in danimarca, ha vissuto a lungo in africa. è morta a rungsted, il suo paese natale, nel 1962.

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