Se non vi stupiamo, lasciateci
Per finire il sesto album ci hanno messo 5 anni perché «scrivere è una cosa seria». E ora gli ARCTIC MONKEYS tornano con nuove canzoni che hanno dentro una vecchia ossessione: sorprenderci
C i abbiamo messo cinque anni, perché scrivere e suonare per noi è una cosa seria, anzi, un’ossessione». In Tranquility Base Hotel & Casino, sesto album degli Arctic Monkeys che arriva a cinque anni dal precedente (AM), c’è infatti questa ossessione, dichiarata, di Alex Turner per la canzone «perfetta». Un termine, perfezione, che non deve trarre in inganno: nasce dall’idea di «trasmettere una sensazione precisa sulle altre, piuttosto che da una attenzione maniacale alle armonie o alla struttura finale del pezzo», ha spiegato lui. In parole povere, un pezzo deve scuotere, sorprendere: guai a lasciare indifferente il pubblico, altrimenti ti volta le spalle. Non è un caso che Star Treatment apra il disco con il verso «volevo soltanto essere uno degli Strokes»: musicalmente, fa i conti proprio con il suono della band newyorchese, diretto, fulminante, molte volte memorabile. Ormai di stanza a Los Angeles, Turner e compagni guardano il panorama rock statunitense degli ultimi quindici anni e rinsaldano un legame che era già presente ai loro esordi, quando non avevano nemmeno vent’anni e arrivavano da Sheffield, in Inghilterra, «patria di calciatori sfortunati e di dj di culto». Gli Arctic Monkeys rimangono uno dei gruppi più vivaci e originali in circolazione, rocciosi e nello stesso tempo capaci di azzeccare le melodie, per uscire fuori dalle nicchie dell’underground a tutti i costi. Si farà sicuramente festa in occasione delle uniche due date dal vivo in Italia, imminenti (26 e 27 maggio, a Roma) e con i biglietti già del tutto esauriti.
Gli Arctic Monkeys. Da sinistra: il leader Alex Turner, 32 anni, Jamie Cook, 32, Nick O’Malley, 32, Matt Helders, 32. Il loro nuovo album si intitola Tranquility Base Hotel & Casino.