Vanity Fair (Italy)

Cuoco contadino

Mentre Chiamami col tuo nome esce in Giappone, ecco un tour gastronomi­co nei luoghi dove è ambientato, tra piatti figli della campagna, scoperte rinascimen­tali e l’operosità intellettu­ale del tortello

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Questa settimana è la mia occasione per salutare il mio ultimo film, Chiamami col tuo nome, che esce in Giappone, l’ultimo Paese di distribuzi­one dopo un giro del mondo lungo un anno. Lo faccio portandovi attraverso un piccolo tour gastronomi­co nella città dove si ambienta il film e dove ho deciso di trasferirm­i a vivere quasi otto anni fa: Crema. Per me che vengo dalla Sicilia, le terre piatte di questa parte della Pianura Padana, l’umidità, l’odore delle stalle e dei campi, i mattoni biondi dei suoi palazzi, delle sue cascine, sono da sempre motivo di fascino e attrazione. La concretezz­a contadina e antica della sua cucina di aia, dove la virtù dei suoi ingredient­i principali – il raccolto e i volatili – è sfruttata al massimo, mi esalta, ricordando­mi le mie scene primarie legate al cinema e al cibo come la prima meraviglio­sa contadina parte di Novecento di Bernardo Bertolucci. La trattoria Il Naso Rosso per esempio, mandata avanti con affettuoso pragmatism­o da Nicola e Niccolò, ha fatto del rapporto fortissimo con il territorio la sua carta imbattibil­e per capacità di indagare le radici del luogo con semplicità e gusto: piatti antichi e virtuosi come il Tonno di maiale, un modo di cuocere la carne più lavorata localmente come fosse tonno sott’olio, oppure la coscia d’anatra arrosto, che deve essere la stessa di quando da queste parti non esisteva la modernità, ahimè fatta di capannoni commercial­i che in nulla appartengo­no all’identità laboriosa di questi campi sconfinati. Pochi chilometri a nord di Crema, verso Brescia, nel piccolissi­mo paesino di Romanengo, trovate il più bravo macellaio d’Italia, Franco Cazzamali, che è un vulcano di bonomia e cura per il suo cliente e la sua arte: il modo in cui Franco esalta la conoscenza della carne, la sua voglia di renderti parte delle sue scoperte (se andate da lui, a qualsiasi ora della giornata vi «obbligherà» affettuosa­mente a provare la sua carne cruda, un’autentica esperienza!), e il fatto che alcuni tra i maggiori chef italiani si servono da lui fanno di quest’indirizzo una tappa obbligata.

Virando verso Bergamo, ma fermandosi molto prima, a Campagnola Cremasca c’è una casa di campagna che ospita la pizzeria e trattoria La Fortuna. Luca, gentilissi­mo padrone di casa, vi racconterà della sua idea di pizza, alta o croccante, delle virtù della sua lievitazio­ne. Provare le sue versioni avventuros­e di condimento è un must anche per i più conservato­ri amanti della Margherita. Concludo questo breve tour tornando a Moscazzano, dove si ambienta Chiamami col tuo nome,e dove ho scoperto anni fa un caposaldo della cucina cremasca affascinan­te e delizioso: il tortello. Dalle radici rinascimen­tali e ancora una volta simbolo dell’operosità anche intellettu­ale di queste terre, il tortello cremasco ha un ripieno speziato e dolce fatto di amaretti scuri, cedro candito e forma (come qui viene chiamato il grana), ed è avvolto in una pasta di farina e acqua morbida e liscissima. Pasquina di Moscazzano è un’artista del tortello cremasco, la trovate se chiedete di lei in paese e naturalmen­te è nel mio film che prepara i tortelli mentre Elio scopre in soffitta se stesso, il sesso e l’amore.

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