Vanity Fair (Italy)

La giusta distanza

I suoi abiti sono dedicati a donne libere dagli stereotipi. FRANCESCA TEGON interpreta al meglio il mondo femminile se lo osserva con distacco. Meglio se da una panchina

- di ANNAMARIA SBISÀ

L a creatività, il mistero della femminilit­à, i segreti della piastra per capelli, le panchine e le chiacchier­e altrui. Frullando l’insieme, si troverà la formula di 10 Collection by Seventy, la capsule ritmata da dieci di tutto – pantaloni, giacche, abiti, maglie e cappotti – lanciata nel 2017 da Francesca Tegon, direttore creativo del marchio Seventy, in uscita ora con la primavera-estate. Pezzi limitati e ben definiti, per vestire dai 20 agli 80 anni: «Ho pensato a un vero total look, che non significa total Seventy». La capsule dai tempi accelerati funziona come formula base, di una sintetica e personaliz­zata libertà: «Un immaginari­o per donne con la D maiuscola, madri e figlie al passo con i tempi ma per niente succubi di immagini o profili Instagram di successo». L’estetica della scelta. Di una femminilit­à fluida e decisa nel muoversi tra una giacca maschile e un tulle floreale. Nella vita, a distanza, si ragiona meglio. Nello stile è lo stesso, ci vuole un certo distacco. Quello con cui l’architetto Tegon osserva il mondo delle donne, preferibil­mente seduta comoda su una panchina. A Tegon, il mondo al femminile appartiene poco: «Sono sempre stata in mezzo agli uomini, nessuno smalto e molto sport, con le donne non riesco a instaurare rapporti». Le avvicina da lontano, da seduta, da curiosa ascoltatri­ce: «Potrei stare ore su una panchina, a spiare i discorsi da donna. Mi perdo a seguire cose che non conosco. I racconti della piastra per capelli mi lasciano sempre a bocca aperta, ma non partecipo perché non so cosa dire». Materie troppo trascurate. Trai 6 e i 18 anni, il tema bellezza è stato annacquato dai pomeriggi di allenament­o in piscina, come nuotatrice agonista: «Ero sempre in corsia con i maschi. In ogni caso, in uno sport singolo sei tu contro i tuoi diavoli». Tra i diavoli evitati con cura nell’adolescenz­a di Tegon ritroviamo l’abbronzatu­ra in spiaggia con le amiche, il salto della corda con relative chiacchier­e tra compagne di scuola, a cui preferiva pallonate e botte: «Ne ho date e prese tante», nei giochi di bande e calcio tra ragazzi. C’era il rischio di risultare antipatich­e? «Sì, ma non cambiava le cose». A cambiarle, il meccanismo della rivalità: «Tra maschi la competizio­ne è un gioco a carte scoperte, tra femmine diventa tutto ambiguo, il pensiero non è lineare, mi perdo». Ci sono stati tentativi di avviciname­nto, ai segreti delle piastre e delle amiche, ma Francesca si perde: «Mi hanno sempre tradito, con le donne è andata male». È andata benissimo con i due figli: «Il vero amore incondizio­nato», quello che contraddic­e una fama di persona fredda ed egoista. Fredda? «Scambiano l’essere ferma con l’essere gelida. Se qualcuno a cui tengo ha bisogno, ci sono». I fortunati sono tanti? «Da bambina ero meno selettiva». Sono pochi. Egoista? «Se io sto bene, posso fare stare bene gli altri». Tegon sta bene se corre, se si arrampica, se fa fatica: «Riposa la testa». Che arriva a capire che: «Seventy non è il mio armadio». Sembra un dettaglio da nulla, invece è la chiave di un tutto, che sarebbe la femminilit­à, da disegnare. Abiti sinuosi oppure romantici, quell’altro lato di sé che sente vicino alle donne Seventy: «Non deve entrare il mio parere personale, sarebbe un limite. Seguo l’istinto per fare belle le donne, come non faccio con me». Proprio mai? «Se voglio so essere molto femminile, per sfida o per sorpresa». Ultima nota: «Tanto la Chicca si arrangia», il detto di casa che accompagna la vita della primogenit­a Francesca: «Nuotavo e nessuno veniva a vedermi». Ma gli ostacoli servono, a saltare più in alto: «Sono in un periodo magnifico, libera e indipenden­te».

Francesca Tegon, direttore creativo delle collezioni del brand Seventy. Laureata in Architettu­ra, ha due figli ed è appassiona­ta di running. «Per creare le collezioni seguo l’istinto, non penso al mio armadio»

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