Vanity Fair (Italy)

in 5 domande

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La storia di Caterina 1 in breve?

«Una ragazzina arrivata dalla Bielorussi­a in Italia con la mamma a 12 anni, senza sapere una parola di italiano. Cresciuta a Ostia, ho studiato, ho capito magicament­e che volevo fare l’attrice e ora cerco di sopravvive­re ogni giorno a questo lavoro».

Il momento 2 più difficile?

«Ogni provino è una prova e man mano che vado avanti mi sembra una questione di vita o di morte. Ho sempre paura che sia l’ultimo: se non ottieni il ruolo è una tragedia, se lo ottieni ti viene l’ansia. È una continua ulcera che si infiamma. Ma una volta un regista mi ha detto che quando scompare la paura non c’è più magia, quindi va bene così».

L’obiettivo 3 prima dei 30?

«Da sei anni ho un compagno, il produttore Marco Belardi, che è anche il mio migliore amico, e un figlio, Lorenzo, di un anno. Ma voglio riuscire a fare un viaggio da sola in un posto sperduto nell’oceano. E desidero fare un musical: una nuova sfida».

La prima volta 4 sul set?

«I Cesaroni, dove ero una ragazzina che si innamorava di Amendola. Avevo 18 anni. Mi chiesero se sapevo andare in motorino e dissi subito di sì, anche se non era vero. Andai al volo a fare qualche ora di lezione, fra i birilli. Per fortuna nessuno se n’è accorto».

La pazzia 5 che rifarebbe?

«Girare Hotel Gagarin in Armenia per un mese con 30 gradi sotto zero, incinta di otto mesi. Ma non ditelo a mia madre! Mi piace quell’inconsapev­olezza che ha mio figlio, sempre sorridente».

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