Vanity Fair (Italy)

LA TERRA DEI SOGNI INFRANTI

- di ELIZABETH STROUT

Il padre di mio marito arrivò negli Stati Uniti da immigrato. Lo fece a sedici anni, e non prese mai il diploma superiore. Sposò la figlia di un immigrato, e neppure lei prese il diploma superiore. I loro quattro figli avrebbero tutti conseguito varie lauree specialist­iche, costruendo­si una solida vita da ceto medio. Mio marito è cresciuto in un’epoca nella quale l’America sembrava ancora – e lo era – la terra delle opportunit­à. Impegnando­ti a fondo nel lavoro, potevi innalzare il livello sociale della tua famiglia. Ciò che è cambiato, dai tempi in cui arrivò la famiglia di mio marito, è la semplice e concreta realtà di fatto che i ricchi diventano sempre più ricchi, e i poveri sempre più poveri. Impegnarsi nel lavoro, di questi tempi, non garantisce il passaggio a una diversa classe sociale. Può anche voler dire guadagnare a malapena quanto basta per sopravvive­re. Costa tutto di più: automobili, assicurazi­oni sanitarie, frigorifer­i, affitti, case. Il prezzo di queste cose è salito più del tenore di vita, tanto che chi si trova in fondo alla gerarchia sociale, pur lavorando duramente, rischia di rimanere in fondo. Un esempio concreto: io vivo a New York, e la donna delle pulizie di una mia amica — la chiamerò Ana — viene dal Messico. Non sappiamo se sia o meno un’immigrata regolare; la mia amica non gliel’ha mai chiesto. Ana ha un marito e due figlie che frequentan­o le superiori, entrambe con ottimi risultati. Di recente la maggiore le ha detto: «Voglio fare il medico». La madre le ha risposto: «Ci riuscirai». E può darsi che ci riesca. In tante altre zone del Paese, però, per la figlia e per Ana sarebbe tutto molto più difficile. Pochi altri posti, al di fuori di New York, offrono l’asilo gratuito per i bambini, e in molti — a seconda dello Stato — ad Ana verrebbero chiesti i documenti. Se la sua presenza nel nostro Paese non fosse regolare, non avrebbe diritto ad alcun servizio. Potrebbero perfino cercare di deportarla. In molte parti degli Stati Uniti è vietato l’uso in classe di lingue diverse dall’inglese, e non esistono le sovvenzion­i per asili e babysitter di cui Ana si è servita a New York quando le figlie erano piccole. Indipenden­temente dalla regolarità della sua posizione, inoltre, Ana non potrebbe accedere al Medicaid (il programma che aiuta alcune fasce di popolazion­e a basso reddito a sostenere i costi dell’assistenza sanitaria, ndt). È la peculiarit­à di questi Stati «Uniti»: non sono poi così uniti. Le questioni di classe, nel momento in cui un numero sempre maggiore di cittadini meno abbienti fatica ad arrivare a fine mese, si fanno più pressanti. E se ne cominciano a vedere i riflessi politici, laddove il denaro con cui è oggi possibile alimentare le campagne elettorali sta trasforman­do nel profondo il modo di fare politica in questo Paese. Ora che i miliardari, progressis­ti e conservato­ri, sono in grado di finanziare le campagne in modo anonimo, per gli elettori americani diventa spesso impossibil­e ricevere le informazio­ni di cui hanno bisogno. Che disastro abbiamo intorno! A sud come a nord spuntano le bandiere confederat­e (un richiamo agli stati schiavisti durante la Guerra di secessione americana, ndt). La rabbia ha preso il posto del dialogo. E a dominare la comunicazi­one mediatica è il senso di superiorit­à morale di chi si professa detentore della propria verità. Il Paese appare diviso lungo un confine più nettamente politico, che va al di là delle questioni di classe. Il nostro è un Paese ancora giovane, e mi ripeto che abbiamo già attraversa­to momenti difficili, e che supereremo anche questo. Ciò che al momento più mi rattrista è constatare quante persone, nella classe lavoratric­e, abbiano deciso di votare per un governo che, evidenteme­nte all’insaputa dei suoi stessi elettori, rema contro i loro interessi. Ma Ana no. Lei lo sa. E io spero che sua figlia riesca a diventare medico. (traduzione di Matteo Colombo)

 ??  ?? STRETTA SULLÕIMMIG­RAZIONE Una donna fermata a McAllen, in Texas, alla frontiera con il Messico. Jeff Sessions, procurator­e generale degli Stati Uniti, ha comunicato che tutti gli immigrati irregolari verranno perseguiti penalmente anche se in compagnia...
STRETTA SULLÕIMMIG­RAZIONE Una donna fermata a McAllen, in Texas, alla frontiera con il Messico. Jeff Sessions, procurator­e generale degli Stati Uniti, ha comunicato che tutti gli immigrati irregolari verranno perseguiti penalmente anche se in compagnia...

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