L’ELFO ARRIVATO PER AMORE
Lei si chiama Hanne, è nata in un paese di tremila abitanti all’estremo Nord della Norvegia dove d’estate non viene mai buio, per metà è una principessa delle nevi e per metà un elfo dei boschi. Ha quarantotto anni ma sembra non avere età. Ha gli occhi azzurri, i capelli color lino e il fisico di un’adolescente troppo magra. È bellissima. A sedici anni ha lasciato Tana ed è andata a studiare a Oslo. Ha preso tre lauree: in psicologia, in francese e in sociologia. Voleva e doveva scrivere per trovare il suo posto. A ventiquattro anni ha pubblicato il primo libro. A venticinque ha avuto sua figlia Mari, poi ha divorziato dal padre di Mari. Ha pubblicato altri tredici libri ed è diventata uno dei più importanti autori norvegesi, molto premiata per il suo stile unico, materico, immediato. Avevo incontrato Hanne Ørstavik in A Bordeaux c’è una grande piazza aperta, il suo primo romanzo tradotto in italiano (Ponte alle Grazie). Leggerla vuol dire vivere dentro i suoi personaggi. Essere Ruth, per esempio. Quando Ruth dice «Sono del tutto sola. È questa la cosa più spaventosa. Lo sono, sono del tutto sola. Lo so razionalmente, che è così e basta. È insopportabile. Non capisco come facciano gli altri a sopportarlo». In quel «Non capisco come facciano gli altri a sopportarlo» c’è tutto il candore e il coraggio di Hanne scrittrice e del personaggio di Ruth, che cerca di incontrare l’altro e viene respinta dolorosamente. C’è molto sesso nel libro di Hanne Ørstavik. Un sesso privo di felicità. Hanne è bravissima a raccontare la disperazione della solitudine, della difficoltà di essere amati e amare, di incontrare l’altro veramente: temi di cui a volte la letteratura contemporanea ha paura e lei invece indaga senza pudore. È straordinario come riesca a trasformarli in arte. Quando ho terminato A Bordeaux c’è una grande piazza aperta ho provato un intenso bisogno di leggere gli altri suoi libri, ma non sono ancora tradotti in italiano. Poi finalmente l’ho incontrata, al Salone del Libro di Torino più riuscito di sempre. Era stordita dal jet lag, arrivava dagli Usa dove è appena stata pubblicata, indossava un grande, innocente sorriso e calzettoni scozzesi. Ha presentato il romanzo in una piccola sala strapiena di lettori che non l’avevano mai vista ma bevevano ogni parola, incantati dai gesti e le pause che faceva mentre cercava le parole giuste. Sì perché Hanne parla italiano. E non ha timore di parlare di sesso e amore, e di sottolineare quel che un’autrice italiana non farebbe mai: «Sono qui per amore. Mi sono innamorata di un italiano e sono venuta a vivere a Milano da un anno e mezzo. L’ho incontrato perché avevo imparato a volermi bene. Prima ero irrigidita, ci ho messo tanto ad aprirmi. Ho lavorato sul mio corpo. E allora l’ho incontrato. Sembra banale, ma bisogna volersi bene, imparare a guardare noi stessi come bambini piccoli che hanno bisogno di cura e compassione», ha detto. Se lo dice la principessa delle nevi, l’elfo dei boschi di un Paese dove non esiste il Lei, dove uomini e donne hanno gli stessi diritti ma soffrono per gli stessi dolori, forse ci possiamo credere.