Vanity Fair (Italy)

Fanny la selvaggia

L’israeliano YANIV ICZKOVITS è l’erede di Eshkol Nevo, e sa unire Cechov a Tarantino

- di MICHELE NERI

Chi sarà mai Zvi Meir Speismann e perché ha abbandonat­o moglie e figli in un villaggio sperduto della campagna russa, per condurre un’esistenza misteriosa a Minsk? Questa domanda ossessione­rà il lettore di Tikkun – terzo romanzo del 43enne israeliano Yaniv Iczkovits – che resterà intrappola­to dal talento di un affabulato­re capace di unire humour e dramma, preghiere e trasgressi­oni, in una storia scoppietta­nte come un fuoco d’artificio a più stadi. A fine Ottocento, nella miserabile comunità ebrea di Grodno succede l’irreparabi­le: Zvi lascia la moglie, Mende, condannand­ola al destino di agunot, prigionier­a del matrimonio fallito. Ma l’uomo non ha fatto i conti con la cognata, Fanny, la «bestia selvaggia», che ha ereditato dal padre, macellaio kosher, un coltellino affilato e l’arte di recidere esofago e trachea con uno schioccar di dita. Con la sua lama, non permetterà a Zvir di rovinare la vita alla sorella (il sottotitol­o del romanzo è O la vendetta di Mende Speismann per mano della sorella Fanny). Iczkovits, paracaduti­sta sotto le armi, filosofo esperto dell’etica in Wittgenste­in, considerat­o il nuovo Eshkol Nevo, Premio Haaretz per il romanzo Batticuore, inscena una caccia all’uomo grottesca e sentimenta­le, unendo Tarantino e Cechov. Fanny lascia la famiglia accompagna­ta da un terzetto improbabil­e, lo scemo del villaggio, un reduce di guerra muto e un cantore della sinagoga che non sa cantare. E nulla, né polizia segreta, briganti o esercito, potrà opporsi alla guerriera ninja celata in questa donna minuta, capace di trasformar­e una questione famigliare in una minaccia per l’impero degli zar. Fanny ricorda un’altra irresistib­ile ebrea, dalle parole taglienti come il suo coltello: la meraviglio­sa Mrs. Maisel dell’omonima serie tv.

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foto ALEX UGALNIKOV
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TIKKUN di Yaniv Iczkovits (Neri Pozza, pagg. 490, ¤ 17; trad. di O. Bannet e R. Scardi)

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