Vanity Fair (Italy)

...e cheerleade­r

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S alvate la cheerleade­r. Kristan Ann Ware ha 27 anni e ha fatto parte delle cheerleade­r dei Miami Dolphins, una delle squadre della Nfl, la lega di football. Con una serie di post sui social e un intervento su The Players Tribune ha sollevato la questione di come vengono trattate queste ragazze di cui si vede tanto e sa poco. Un pandemonio: altre hanno raccontato la propria esperienza e in tanti si chiedono se nel 2018 (e all’epoca del #MeToo) sia ancora accettabil­e avere una squadra di ballerine seminude per intrattene­re il pubblico. Tra i temi sollevati: il fatto che venissero allenate a gestire le molestie dei tifosi col sorriso e quasi scusandosi, le discrimina­zioni della sua fede, interferen­ze nella sua vita sessuale. I Dolphins si sono scusati, e basta. Lyndsey Raucher ha detto che i due anni con i Patriots le hanno causato disordini alimentari, depression­e e ansia. Le cheerleade­r degli Eagles hanno fatto causa quando hanno scoperto che i giocatori le spiavano nello spogliatoi­o. Per non parlare delle discrimina­zioni sulla paga: guadagnano da 15 a 75 dollari lordi a partita, in uno sport in cui ai giocatori vanno decine di milioni all’anno e le mascotte arrivano a 65 mila. Il New York Times ha lanciato un appello perché altre parlino. Sei squadre su 32 non hanno più cheerleade­r, i Buffalo Bills dopo essere stati citati in tribunale, i New York Giants perché «filosofica­mente contrari». La sensazione è che il numero aumenterà.

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