Vanity Fair (Italy)

Il rischio della fuga

Un breve incontro di sesso e passione che torna, a richiesta, dopo vent’anni: PIER GIORGIO BELLOCCHIO lo vive in scena con uno spettacolo crudo (vietato alle figlie). Ma, per tante ragioni, ne vale la pena

- di MARINA CAPPA

Può capitare di avere un incontro che dura poche ore. Sesso, passione. E poi non una telefonata, non un messaggio. Ad Aristide però capita che, vent’anni dopo, quell’incontro fugace si rifaccia vivo. E gli chieda di rivedersi. Aristide in scena (fino al 27 maggio all’Off/ Off Theatre di Roma, per ripartire dopo l’estate) è Pier Giorgio Bellocchio, protagonis­ta con Vanessa Scalera di Autobiogra­fia erotica, da un testo di Domenico Starnone. Figlio di Marco Bellocchio e spesso interprete dei suoi film (da Buongiorno, notte a Bella addormenta­ta), stavolta Pier Giorgio è impegnato in un faccia a faccia dal linguaggio crudo, senza alcuno sconto a organi genitali e atti sessuali, con un avviciname­nto anche fisico alla sua partner al limite del brivido. Tanto che, papà di due figlie di 11 e 7 anni, nonostante le loro richieste non le ha volute fra il pubblico. Perché ha scelto di interpreta­re questo spettacolo? «Quando ho letto il testo mi sono guardato allo specchio e chiesto: come si fa a farlo? Ma il produttore è Silvio Orlando, persona di serietà rara in questo mondo, e ho pensato valesse la pena. Anche perché c’era Vanessa, che conosco da sempre: è amica delle mie figlie, di mia moglie. Abbiamo un rapporto fraterno e quindi baciarci in scena è una cosa da ridere. Così ho deciso di affrontare il rischio». Quale rischio? «Mostrare un personaggi­o che si è comportato in maniera violenta ma non ha compiuto nessuna violenza. Qualcosa che tutti probabilme­nte abbiamo affrontato». La «violenza» è il suo personaggi­o che dopo l’incontro sparisce. Rivede se stesso giovane? «Non proprio così, ma mi è capitato di svegliarmi al mattino con una ragazza che non sapevo chi fosse, e a dir la verità è successo anche che lei si fosse scordata di me. Certo, la fuga quando diventi uomo impari che non va mai bene». Adesso è sposato, ormai da sedici anni. «Sì, sono riuscito a difendere il mio matrimonio nonostante le burrasche che mi sono arrivate in faccia (si riferisce alle foto di lui con Ambra uscite sette anni fa, ndr) e ad avere certezze sentimenta­li che anni fa non avevo. Ho scoperto una maniera di amarsi che va al di là dell’innamorame­nto, che non bada alle forme del bacetto ma è di sostanza». In questo tipo di rapporto ci può stare qualche «svago»? «Dipende. Io non sono uno che non guarda le donne, però poi capisci che quello svago di un’ora ti porta conseguenz­e che ti fanno star male. E io invece voglio star bene. Poi, io vengo fuori da genitori separati, ho una sorella che mio padre ha avuto da una seconda moglie e che io adoro, comunque una famiglia scombinata». Com’era ai tempi il suo rapporto con papà? «Sporadico e sempre legato a una festa, non c’era una quotidiani­tà. È mia madre che mi ha caricato sulle spalle, fino a vent’anni. Poi, è sul terreno del cinema, lavorando insieme, che io e mio padre abbiamo costruito un rapporto, forse è per questo che abbiamo fatto tante cose insieme». Quando tornerà sul set? «Ho in progetto un film con Francesco Dal Bosco, Cielo nero, dovremmo girarlo in autunno, affronta la travagliat­a figura storica di Galeazzo Ciano. E continuerò col teatro: Autobiogra­fia erotica ma anche una ripresa di Lacci. Ci sono poi alcuni progetti tv, ma fino alla fine non hai certezze: ormai sono i dirigenti delle strutture televisive a compiere le scelte artistiche, più di produttori e registi».

«Sono cresciuto in un periodo in cui era quasi un atto rivoluzion­ario separarsi: a scuola ero spesso l’unico figlio di divorziati. E questo mi faceva sentire solo»

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