Vanity Fair (Italy)

Il prete innamorato

Il sesto volume della sua decalogia su New York è appena stato pubblicato nella sua patria di adozione, gli Stati Uniti. ANTONIO MONDA racconta le ispirazion­i, i maestri e i sentimenti dietro il suo romanzo

- di LAURA PEZZINO

Sbaglierò e peccherò chissà quante volte, ma l’abito della mia indegnità non smetterò mai di indossarlo, perché sono un discepolo di Pietro, il pescatore che rinnegò il proprio maestro nel momento in cui Cristo veniva arrestato, torturato e messo in croce». In bilico tra peccato e grazia, sintesi impossibil­e tra divino e terreno, ricettacol­i di tentazioni e intermedia­ri di miracoli, in letteratur­a i preti sono stati raccontati da Manzoni, Bernanos, Greene, Mauriac e molti altri. Mancava, però, una figura umanamente tragica come quella di Abram Singer, protagonis­ta dell’Indegno, il romanzo di Antonio Monda appena uscito negli Stati Uniti per Penguin Random House con il titolo Unworthy, importante riconoscim­ento per un italiano che vive a New York da quasi 25 anni e ha votato la vita alla cultura. Il volume è la sesta «puntata» di un’opera in dieci parti sulla città, ognuna ambientata in una decade del ’900 (qui siamo nei ’70, la prossima sarà dedicata ai ’90). Con una lingua asciutta ed efficace (i suoi maestri sono Hemingway, Isaac Singer e Borges, e anche Roth, Bellow e Miller, uno a cui, lui dice, «ho rotto molto le scatole»), racconta le vicende, anche erotiche, di un sacerdote innamorato di una donna e per questo intimament­e lacerato. In America, il libro ha già ottenuto recensioni da capogiro: per Daniel Mendelsohn, la lotta di Abram ha radici nelle Confession­i di Sant’Agostino; Colum McCann ha usato le parole «eleganza, grazia, chiarezza»; Mary Karr lo ha accostato a Graham Greene. Sulla cover è riportato il blurb-feticcio per eccellenza, quello di Philip Roth: «Con grande raffinatez­za narrativa, Monda ha scritto un romanzo denso e potente che ricorda un macabro racconto erotico di Boccaccio». Mi racconta come è andata con Roth? «Gli avevo chiesto un parere sul libro, facendogli anche una battuta: sii sincero ma, se non ti piace, sii gentilment­e sincero. Una settimana dopo mi ha mandato una lunga email, dove ne parlava molto bene e mi diceva quali erano state le sue scene preferite – una è quella dei preti che guardano la boxe. Colpito dalla sua generosità, gli ho chiesto: “Vorresti condivider­e quello che pensi?”». Perché proprio questo è stato il primo della decalogia a essere pubblicato negli Usa? «Sia per il tema attualissi­mo, il rapporto tra amore, attrazione erotica e fede, sia perché è il meno “newyorkese”, una storia d’amore che poteva accadere ovunque». Abram è un confessore che si «confessa». Chi c’è dall’altra parte della grata? «Chiunque abbia vissuto una storia d’amore impossibil­e, che di solito sono le più forti». Che prete è Singer? «Un buon prete, che però fa cose che non dovrebbe. Uno che litiga con Dio. Litigare con Dio non è una bestemmia, ma la forma più alta di preghiera. Lo fa anche Giobbe». Un peccatore che rimane umanissimo. «Io amo gli scrittori umanisti, quelli che amano i propri protagonis­ti. Io non giudico mai Abram, un po’ perché mi ci riconosco e un po’ perché è fragilissi­mo». Nel libro riporta i versi di due donne mitiche, la poeta Wislawa Szymborska e Patti Smith. «Szymborska volevo citarla da una vita. Patti è un’amica: ha chiesto per me a Springstee­n i diritti di Because the Night, una delle mie canzoni preferite di sempre».

LA DOMANDA «DIO ESISTE?» È L’UNICA ETERNA. RIMANE IN OGNI UOMO, IN QUALUNQUE MODO LA PENSI

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