Soldato Monica
La vita delle donne è una battaglia che lascia cicatrici: MONICA BEL LUCCI raccontale sue, dai ricordi d’ infanzia alle rughe di oggi. Tra la fatica di imparare ad amarsi e un appello da vera combattente
M«Mi piacerebbe prendere delle case distrutte e rifarle completamente». Se non fosse Monica Bellucci a parlare, potremmo interpretarla come una metafora legata al tempo che passa, alla voglia che viene di chiamare il chirurgo plastico appena superi i 50. Ma visto che per lei i radicali liberi hanno deciso di mettersi in sciopero naturalmente, questa frase probabilmente è solo il desiderio di fare qualcosa di nuovo. Non si sa quante volte le abbiano chiesto dell’età che avanza. Troppe, forse inutilmente. È l’eleganza, più che gli anni, a parlare per lei: tailleur pantalone bianco, décolletées color carne tacco 12, nessun gioiello e una manicure nude. Ogni volta che risponde lasciando scivolare le parole lentamente, a bassa voce, costringendoti all’immobilità per ascoltare, alza la spalla e lo sguardo nella stessa direzione, da vera diva: «Andiamo nel mio camerino, c’è troppo rumore qui». Quali sono i luoghi silenziosi che frequenta? «Le spa degli hotel. A Parigi e Milano ce ne sono di bellissime. Viaggiando molto in aereo, quando arrivo chiedo massaggi drenanti. E nuoto in piscina: amo l’acqua perché contrasta la gravità, ti fa sentire leggera. Poi mi piacciono yoga e Pilates». Sport da ferma quindi? «Abbiamo troppe cose per correre: seni, ovaie, troppa roba. Non mi piace, mi stanca. È faticoso per noi donne. Anche esistere lo è». In che senso? «Nel senso che dovremmo curare l’anima per essere belle. Ci sono persone in forma fisicamente che dentro hanno una grande confusione. Non si vede da fuori, ma a un certo punto bisogna capire che cosa si vuole, dove migliorare, che cosa condividere, come porsi verso gli altri. Il gran lavoro è quello lì e io l’ho fatto». Che cosa ha capito? «Che vivere non è facile. Per nessuno. Qualcuno disse: “Sii gentile con chiunque incontri, perché ognuno ha la sua dura battaglia”. È molto vero». Quando sono iniziate le sue battaglie? «A scuola. A sei anni. Mi ricordo tutto. Essere in una classe era già come essere in una società. Umiliazione, competizione, amicizia. E io ero molto timida, forse è per quello che ho fatto l’attrice, è stato terapeutico. Al liceo classico, poi, avevo amiche che vedo ancora oggi. Bello. Dico sempre alle mie figlie che amore e amicizia sono i valori più importanti, perché rimangono e ti raccon tano anche tanto di te». E se gli amori non rimanessero? «Non possiamo chiuderci in noi stessi e non vivere niente». La sua più grande battaglia è stata questa? «È un continuo combattere. Anche se è bella, la vita è una battaglia». Che cosa insegna alle sue figlie Deva e Léonie, 13 e 8 anni, sul tema bellezza? «Sono molto femminili: per esempio mettono lo smalto, colorano le unghie una diversa dall’altra. Lascio loro la libertà di essere creative, anche con il corpo. Ma la prima regola è piacersi, perché ho notato che molte donne non riconoscono il loro potenziale». Perché seconde lei? «È un fatto di amore. Quando siamo giovani non abbiamo coscienza di noi stesse. È chi hai intorno che ti fa prendere consapevolezza di te. Dicono che un bambino appena nato non abbia la percezione del proprio corpo. È quando lo tocchi che capisce di esistere. È una catena: l’amore ricevuto fa sì che ti ami. Più sei amata, più ti ami». C’è qualcosa nella sua routine di bellezza a cui dire oggi «grazie»? «A Nivea. Esiste da più di 100 anni, fa parte della nostra tradizione familiare, è la madre di tutte le creme e il suo profumo riaccende i ricordi. Sono felice che per la nuova immagine abbiano scelto una cinquantenne come me». Eh, facile così. «L’importante è comunicare l’idea di bellezza che avanza. Qualcuno disse che a 20 anni hai il viso che la natura ti dà, a 40 quello che la vita ti plasma e a 50 quello che ti meriti». Allora lei è stata buona. «Ma no, smettiamo di guardare le rughe come fossero “il” pericolo. Sono la prova che nella vita sei riuscita a superare delle lotte. Sono le nostre cicatrici. Le donne hanno capito che la loro forza non è legata solo alla bellezza pura, alle ovaie e alla reputazione, ma anche al rispetto per se stesse. Lei è ancora giovane e non ha questo problema». Insomma. «Quanti anni ha?». Trentasette. Senza figli. «Vabbe’ c’è tempo, non viviamola come un dramma. A parte far figli, prima cosa facevamo? Niente. Se il figlio non aveva il cognome del padre era un “bastardo”, non avevamo potere sociale, non votavamo, non esistevamo. Avevamo potere solo dentro
«LE DONNE HANNO CAPITO CHE LA È LEGATA SOPRATTUTTO FORZA AL PER SE STESSE» RISPETTO
casa, tra il lavare e lo stirare. Oggi invece abbiamo un’impronta sociale fortissima: più rispetto di noi stesse in quanto esseri sociali». Ma non crede che, soprattutto nelle grandi città, sotto questo claim del self-empowerment in cui si lotta per l’affermazione personale e lavorativa, ci si dimentichi di avere un «tempo» biologico, specie per fare figli? Non dovremmo avere rispetto anche di questo e trovare un equilibrio tra realizzazione professionale e familiare? «Il problema è che ci vorrebbero più aiuti per noi donne. Ci ritroviamo a fare troppe cose, ci si chiede troppo. Siamo madri, lavoriamo tutto il giorno, portiamo i figli a scuola, laviamo, stiriamo...». Quando dice «manca un aiuto», pensa al vuoto legislativo? «È tutto nuovo. Questa rivoluzione è la conseguenza della battaglia femminista, ma c’è ancora bisogno di tanto sostegno. Soprattutto quando si parla di figli. Le donne sono molto stanche, molto. Stanchissime. Bisognerebbe insegnare anche agli uomini a essere d’aiuto». Quattro ore dopo, alla conferenza stampa in cui si annuncia che sarà testimonial per la linea antiage Hyaluron Cellular Filler di Nivea, rilascia una dichiarazione che sembra una richiesta ufficiale di intervento alle istituzioni: «Se vogliamo avere figli in una società sana, quando le donne decidono di diventare madri dovrebbero essere pagate, avere una mensilità, perché quello che fanno è un lavoro sociale, è il lavoro più importante. Invece, dopo tre mesi interrompono l’allattamento per tornare a lavorare». Altro che diva: in lei c’è una combattente.