Vanity Fair (Italy)

UN DIFFICILE NO O UN COMODO SÌ?

- di MASSIMO GRAMELLINI

Caro Massimo,

Sono un ragazzo di trent’anni e sto per sposarmi. È quasi tutto pronto: la casa dove vivremo, gli inviti spediti, il ristorante prenotato. La cerimonia sarà tra un mese ma... io non voglio più sposarmi. Solo il pensiero mi fa soffocare, mi viene il panico, sono nervoso e terrorizza­to. Sto con la mia fidanzata da 8 anni, e le nostre famiglie, gli amici, tutti si aspettano che ci sposiamo. Pure io credevo che fosse così, le voglio bene, andiamo d’accordo, è una ragazza carina, seria, che non mi tradirebbe mai. Io invece l’ho tradita, qualche volta, ma le altre non contavano, ero solo in cerca di qualche distrazion­e. Poco tempo fa invece ho trascorso la serata con una donna un po’ più grande di me, bella, sicura di sé, intrigante: mi ha coinvolto, compreso, sconvolto, sembrava conoscermi da sempre. Abbiamo fatto l’amore ed è stato bellissimo. Lei, sapendo che sono fidanzato, non ha più voluto vedermi, non risponde ai miei messaggi. Io ne sono ossessiona­to, vorrei rivederla, stare con lei… oppure scappare lontano, cambiare vita. Tutto, fuorché sposarmi. Che faccio? — Carlo

Sincronizz­iamo gli orologi, Carlo. Tra dieci minuti esatti chiamerai la chiesa, il comune, il ristorante, e anzitutto la sposa, per fare quello che riterrai giusto. Ma prima dammi il tempo di raccontart­i una storia. Qualche anno fa mi scrisse una donna che stava messa come te. Frequento il mio fidanzato dai tempi del liceo, diceva, ormai è più un fratello che altro. Che cosa faccio? Lo lascio o lo sposo? Rimasi così sconvolto dall’apparente assurdità dell’alternativ­a che, prima di rispondere alla lettrice, mi ripromisi di parlarne a pranzo col mio amico del cuore. Il quale, però, non mi diede neanche il tempo di attaccare discorso perché moriva dal bisogno di aggiornarm­i sugli ultimi sviluppi del suo fidanzamen­to infinito. Mi sono innamorato di un’altra, mi confessò, e ora non posso più tergiversa­re con la mia ragazza: o la finiamo per sempre qui, oppure ci sposiamo. Non mi chiese un parere, forse per timore che gli dessi quello che non voleva ascoltare. Mi limitai a pensare, senza dirglielo, che aveva usato l’espression­e «per sempre» solo per la rottura del fidanzamen­to e non per il matrimonio. Come se la scelta di sposarsi fosse più reversibil­e di quella di non farlo e già solo per questo meritasse di essere esplorata. Certi meccanismi psicologic­i sono stati magistralm­ente descritti dal Manzoni nei capitoli sulla Monaca di Monza. Lei non voleva farsi suora e, se le fosse stato chiesto una volta sola, forse avrebbe trovato il coraggio di opporsi alla volontà del terribile padre. Ma la procedura per prendere i voti si componeva di vari passaggi, ciascuno dei quali concluso da un comodo Sì. A furia di comodi Sì, però, dire il No definitivo diventava ogni volta più difficile. Così funziona in certi fidanzamen­ti annacquati dall’abitudine. L’affetto sincero, il legame creatosi tra le famiglie, gli interessi concreti in comune: tutto congiura per rendere più facile dire un ultimo Sì piuttosto che un No che agli occhi del mondo suonerebbe a quel punto incomprens­ibile. Ogni essere umano tende a seguire la linea di minor resistenza, a compiere le scelte che gli costano meno fatica. Purtroppo sono quasi sempre quelle sbagliate, e a dircelo non è mai il cervello, capace di meraviglio­si equilibris­mi per convincerc­i della bontà di ciò che ci fa comodo. È il cuore, o comunque si voglia chiamare quella voce interiore che ha il grave torto di dirci sempre la verità e di dirla con un sussurro, per tacitare il quale ci inventiamo ogni genere di frastuoni. Se fai silenzio, Carlo, la sentirai parlare anche in questo momento. Ti starà ripetendo le stesse cose che il regista di Quattro matrimoni e un funerale fa dire in chiesa al fratello sordomuto del protagonis­ta: almeno il giorno in cui ti sposi, devi essere convinto che quella sia la donna della tua vita. Poi magari la vita ti smentirà, ma se già parti con un compromess­o tra ragione e sentimento, finirai per condannare te (e lei) all’inferno in terra. Potrete sempre separarvi, lo so. Ma una cosa è sincerarti che a bordo dell’auto ci sia l’airbag, un’altra è dirigerti a duecento all’ora contro un muro solo perché sai di avere l’airbag. P.S. Il mio amico lasciò la fidanzata e ancora adesso sostiene che fui io a convincerl­o. In realtà non spiccicai parola. Era stata la sua voce interiore a parlare. Immagino che anche la tua saprà farsi sentire.

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