Vanity Fair (Italy)

Paura e delirio sull’Appennino

Il reportage dal futuro di VIOLETTA BELLOCCHIO è quasi un horror

- di LAURA PEZZINO

Non è una distopia, ma un “what if”, cosa succedereb­be se, la puntata di Black Mirror che non avete ancora visto, ambientato in una fetta di provincia italiana che mi sta molto a cuore». Violetta Bellocchio, 40 anni, torna in libreria con La festa nera (Chiarelett­ere, pagg. 168, € 15) che, se non è un distopico, molto gli si avvicina. Della distopia ha lo slittament­o temporale, anche se minimo (siamo in un vicino 2026), e l’atmosfera post-apocalitti­ca (all’inizio si specifica che «sei mesi fa c’è stata la fine del mondo»). Per il resto, la realtà ricreata con ironia amara da Bellocchio è talmente simile alla nostra che sembra proprio quella. La festa nera è una via crucis allucinata in cinque tappe (una comunità di uomini che odiano le donne, una comune di fricchetto­ni, una scuola che insegna ai bambini a sparare, un covo di donne autolesion­iste e, infine, la Mano, luogo miracoloso dimora di un fantomatic­o Padre) tra la Val Trebbia e Milano per raccontare, in un documentar­io ai limiti del Blair Witch Project, il nuovo mondo. Protagonis­ta un singolare trio di video-maker: Nicola, il leader, Misha, una ex celebrity, e Ali (dall’Alice di Lewis Carroll?), la voce della storia. All’origine del loro pellegrina­ggio lungo la statale 45 c’è un orribile caso di shaming, attacchi violenti e misogini contro le donne della troupe. «Mi avevano chiesto un reportage dal futuro», racconta la scrittrice, «ma ho capito ben presto che il reportage puro non avrei potuto scriverlo. Così, ho proposto la storia di tre giovani adulti che cercano di raccontare il mondo del futuro». Il romanzo incomincia con l’affermazio­ne «c’è una crepa in ogni singola cosa». Non si sa se alla fine della storia qualcuno riparerà la ferita, di certo serve qualcuno che, quella storia, la possa raccontare.

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