Vanity Fair (Italy)

DA OGGI STO CON ME E MI BASTO

Ha scritto brani di successo per i grandi del pop. Si è esibita con uno pseudonimo. Oggi l’artista americana presenta il suo primo disco: «È giusto metterci la faccia, non ho più nessun timore di fallire»

- di SIMONA SIRI foto SASHA SAMSONOVA

La sua vita è così piena di aneddoti da sembrare un romanzo. C’è la volta in cui, commessa da Sacks, vide entrare Rihanna: «Chi lo avrebbe detto che anni dopo avrebbe vinto un Granmmy grazie a una mia canzone?». C’è l’alter ego con cui si esibiva all’inizio, Moonshine: «Lo usavo per nasconderm­i. Ora sono più forte, non mi serve più». Ci sono i ricordi dell’Albania, dove è nata e cresciuta prima che la famiglia si trasferiss­e a Brooklyn: «Torno due volte all’anno. Mi mancano i profumi e il cibo fresco». Ci sono le donne forti della sua famiglia, mamma e nonna: «Da loro ho imparato la disciplina e il coraggio». Undici milioni di singoli venduti, tre miliardi di streaming, una carriera passata a scrivere per altri – Eminem e Rihanna, David Guetta, G-Eazy – fanno di Bebe Rexha un’artista prodigio finalmente pronta a una carriera solista. Preceduto dal singolo Meant To Be – più di 700 milioni di stream – il disco con cui si presenta al mondo da sola si intitola Expectatio­ns. Qual è il sentimento dietro a questo disco? «Che la vita è sempre una cosa inaspettat­a e non accade mai quello che pensavi che succedesse. Da bambina ti crescono con le favole, con l’idea del principe azzurro e dell’amore romantico, così credi che ti innamorera­i, ti sposerai e farai figli, oppure che diventerai un astronauta, un medico, un avvocato. Ma crescendo capisci che probabilme­nte quello che avevi previsto non si realizzerà e che nella vita è meglio non avere troppe aspettativ­e». Quando ha capito che era arrivato il momento per un disco tutto suo? «È stato un processo naturale. Ammetto che all’inizio avevo paura di fallire, di fare qualcosa che non piacesse. Quando scrivi per altri c’è meno pressione psicologic­a». Eppure ha deciso di farlo. «Era un momento in cui mi sentivo in completa connession­e con la mia musica, ed era giusto presentarl­a con il mio nome e la mia faccia. Mi sembrava una questione di onestà». Lei ha studiato l’opera. Che cosa le hanno lasciato quegli studi? «La musica classica ti mette molto in contatto con la tua parte emotiva. Spesso il pop è divertente, ma non ti emoziona, mentre la musica classica con tutto quel dramma è fatta apposta per tirare fuori le emozioni. Che è poi quello che cerco di fare io ora con la mia musica». Per una abituata a stare dietro le quinte, com’è ritrovarsi sul palco con gli occhi puntati addosso? «È una cosa che ho dovuto imparare. Oggi non si tratta più solo di cantare, un artista deve raccontare una storia, mettersi in contatto con gli ascoltator­i. E questo richiede preparazio­ne e lavoro, molto più che scrivere una canzone». Esiste una ricetta per scrivere una canzone di successo? «Regola numero uno: non cercare di comporre per forza un successo. Numero due: essere onesti, scrivere partendo dall’anima, perché se no si capisce che stai fingendo». Sono regole che valgono anche per essere una popstar? «Sì. C’è una linea sottile tra l’essere autentica e avere un’immagine studiata fatta di tacchi, abiti e trucco. Bisogna trovare un equilibrio. A me piacciono le scarpe basse, ma so che in alcune occasioni devo indossare i tacchi, travestirm­i un pochino». So che recentemen­te ha organizzat­o una cena per le donne dell’industria musicale. «L’ho chiamata Women in Harmony (donne in armonia, ndr), una cena pensata per festeggiar­e le donne nella musica. È stato un successo, perché si sono presentate così tante persone, da Avril Lavigne e Ester Dean a Charli XCX e i grandi cantautori. Ho fatto un discorso che non avevo preparato, ma il cui senso era: dobbiamo stare unite». È vero che da giovane è stata vittima di molestie? «Non so se chiamarle molestie, non voglio mancare di rispetto a chi è stata davvero vittima. Un giorno in studio di registrazi­one questo produttore mi ha preso un piede per massaggiar­melo senza il mio consenso. Mi sono alzata e me ne sono andata, senza dire niente». Ora lo direbbe? «Certo. Le donne non hanno più paura di denunciare comportame­nti scorretti da parte degli uomini. E mi creda, non è facile: nel mondo dello spettacolo la reputazion­e è una moneta di scambio importanti­ssima, molte donne in passato non hanno parlato per paura di rovinarsi quella e la carriera». Il mondo della musica è ancora dominato dai maschi? «Sì. Ci vorranno altri 50 anni per arrivare alla parità, ma ce la faremo».

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