Vanity Fair (Italy)

Fumo senza arrosto

L’Eleven Madison Park di New York è il miglior ristorante del mondo secondo la guida 50 Best della scorsa edizione. Ma non basta il consenso di chi fa tendenza a rendere indimentic­abile un pasto

- di LUCA GUADAGNINO

Cosa fa di un ristorante «il migliore del mondo», come decretato per Eleven Madison Park dalla guida The World’s 50 Best Restaurant­s 2017 (ieri, per chi legge, sono stati annunciati i 50 migliori del 2018 e chissà se EMP ha conservato il primato...)? Per chi scrive, senz’altro la combinazio­ne tra cucina (80%) e cura dell’ospite, ovvero la sala, il servizio, il costo ecc. (20%) e, in generale, l’esperienza della conoscenza che un grande pranzo può creare. Nei miei due pasti all’Eleven Madison Park, pre e post rinnovamen­to radicale avvenuto l’anno scorso, ahimè le esperienze sono state doppiament­e deludenti. E qua si deve affrontare quella tipica cultura anglosasso­ne dell’hype, dove il consenso diffuso di chi fa tendenza, giornali, social media, influenzat­ori, crea miti di carta velina che alla prova si rivelano per quello che sono, operazioni del consenso, fumo senza arrosto insomma. Eleven Madison Park è quintessen­zialmente newyorkese nel senso di Bret Easton Ellis: ricordate il seminale American Psycho, dove le gesta di un serial killer altolocato erano cadenzate da satirici elenchi di luoghi e oggetti del lusso della grande mela, ristoranti ed elaborati piatti serviti? E sì, mangiando all’EMP mi sembrava di essere – e allo stesso tempo spiare – il protagonis­ta del romanzo di Ellis, Patrick Bateman. Tutto è votato all’«impression­e», la sala è una cattedrale dello spirito capitalist­a (non a caso un’ex banca), il gigantismo la fa da padrone, il servizio e l’accoglienz­a sono da show biz (se il maître o una sua «spia» vi sente dire che vorreste provare un hot dog, corrono a comprarlo dall’ambulante e ve lo servono per impression­arvi). I clienti attorno a voi sono bella gente d’assalto che viene dal mondo intero per provare l’ebbrezza di essere in una torre d’avorio elitaria.

Il Madison Park fuori dalle ampie finestre si specchia indifferen­te e doloroso (come tutta questa NYC del contrasto più stridente tra alto e basso, tra haves e have nots) mentre un menu degustazio­ne personaliz­zabile si snocciola dietro banalità culinarie e giochettin­i infantili (la tartare di carote fatta in tavola, ovvero la carotina grattugiat­a della mamma), must del lusso come foie gras e caviale incrociati a must della cultura pop, cosa è sennò la cheesecake di storione con quenelle di caviale? Lo storione non si sente, la cremosità serve a essere addomestic­ante, come la violenza in un film della Marvel, morbida appunto, e il caviale valida l’angoscia di avere speso (in anticipo, perché il conto viene trattenuto dalla vostra carta di credito) molti soldi.

Eleven Madison Park, una delle intraprese di Daniel Humm, chef svizzero del cantone di Aargau con formazione statuniten­se, e Will Guidara, maître de maison con laurea in amministra­zione di hotel alla Cornell University, è il trionfo dell’idea di società globale che include ed esclude allo stesso tempo, trompe-l’oeil che all’egalitaris­mo della conoscenza ha preferito la rassicuraz­ione per gli happy fews. Contro quest’idea di società e il suo contraltar­e, il nazionalis­mo 2.0, forse andrebbe ripreso un sano discorso, anche in cucina, di cosa è davvero il miglior cibo del mondo, quello che include. Ma questa è un’altra storia...

 ??  ?? In alto, una sala dell’Eleven Madison Park di New York. Sopra, Daniel Humm, chef di origine svizzera dell’EMP e la cheesecake di storione e caviale. CHEESECAKE E CAVIALE
In alto, una sala dell’Eleven Madison Park di New York. Sopra, Daniel Humm, chef di origine svizzera dell’EMP e la cheesecake di storione e caviale. CHEESECAKE E CAVIALE
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy