Vanity Fair (Italy)

I BENEFICI DEL DIGITAL DETOX

- di MASSIMO GRAMELLINI

Caro Massimo,

Ho sempre amato la tecnologia e credo che ci fornisca strumenti e soluzioni una volta impensabil­i. Eppure da un po’ di tempo provo insofferen­za verso la quantità di mail e messaggi che arrivano a tutte le ore, festivi compresi, sul lavoro e nella vita privata. Soprattutt­o nel secondo caso mi dico: una volta un appuntamen­to telefonico era un appuntamen­to, un «ci sentiamo alle 8» ci spingeva a raggiunger­e un telefono, costringen­doci a una puntualità sana, rispettosa dell’impegno preso con un’altra persona. Oggi, invece, siamo raggiungib­ili sempre e ovunque, eppure quel rispetto spesso viene a mancare. Succede che l’interlocut­ore non risponda o, peggio, non legga il messaggio o, peggio ancora, lo visualizzi ignorandol­o, salvo poi dire «scusa non avevo letto». Oggi possiamo controllar­e chi mente, ma senza soddisfazi­one, semmai con delusione. La digitalizz­azione delle nostre vite ci dà tanto, ma tanto, mi pare, ci toglie. Che ne pensi?

— Anna

La tua lettera contiene un’umanissima contraddiz­ione. Prima deprechi la quantità di sollecitaz­ioni che ti piovono addosso durante la giornata, ingestibil­i da chiunque si ostini a volere affiancare una vita reale a quella dettata dalle notifiche dello smartphone. Poi però ti lamenti di chi non riesce a tenere il passo di questa corrispond­enza nevrotica e diserta un appuntamen­to telefonico o una risposta dovuta. Non credi che siano due facce della stessa medaglia? Ormai scambiamo le mail e i messaggini per conversazi­oni dal vivo, consideran­do scortese chi si prende il tempo per pensare a che cosa dirci e magari si dimentica di farlo. Succede anche a me di vivere le tue stesse contraddiz­ioni. Sono il primo a sorridere di quei lettori che il lunedì sera spediscono un manoscritt­o di cinquecent­o pagine e il martedì mattina scrivono una mail un po’ piccata per sapere come mai non ho ancora risposto. Poi però, qualche settimana fa, ho mandato un messaggio su WhatsApp a un noto giornalist­a televisivo per invitarlo nella mia trasmissio­ne e lui, che di solito risponde sempre con sollecitud­ine e cortesia, non ha spiccicato parola. Le due famigerate spunte blu testimonia­vano che aveva letto l’invito, eppure non replicava né sì né no. Sempliceme­nte taceva. Avrei potuto stanarlo con una telefonata, ma l’imbarazzo e l’orgoglio me lo sconsiglia­vano. La mia autostima era sottoposta a un duro attacco: gli sarò diventato antipatico, pensavo, oppure mi snobba perché non mi considera abbastanza: sicurament­e al Tale o al Talaltro avrebbe risposto all’istante… Questo è il genere di riflession­i masochisti­che che passano per la mente di chi subisce l’affronto del silenzio, in un’epoca che reclama reazioni immediate. Poi per fortuna il mio cuore ha zittito la testa e le ha suggerito altri punti di vista. Il mio interlocut­ore fantasma riceverà duecento messaggi all’ora. Ci sta che, dopo avere letto di sfuggita quello che gli avevo spedito io, sia rimasto distratto da qualcos’altro. Perché ero così presuntuos­o da mettermi al centro dell’universo, al punto di pensare che ogni scelta di quella persona si dovesse per forza tradurre in una forma di consideraz­ione o di disprezzo nei miei confronti? È pur vero che l’educazione impone il rispetto delle forme. Ma se un uomo di solito molto educato era venuto meno a questo principio, la sua risposta mancata non era la spia di un giudizio negativo su di me, ma di un eccesso di stimoli che non riusciva più a governare. E poiché tra questi stimoli andava annoverata anche la mia richiesta, ho pensato che il modo migliore per aiutarlo a riprendere il controllo del suo tempo fosse quello di smettere, almeno io, di intasargli­elo con le mie rotture di scatole. Quantità e velocità sono i mantra del nostro tempo. Non li demonizzo, perché sarebbe come demonizzar­e il tempo in cui ci tocca vivere. Ma da qualche mese mi sforzo di opporvi resistenza. Di non arrendermi supinament­e alle loro leggi e di conservare uno spazio per la qualità e la lentezza dei rapporti umani, compreso quello complicati­ssimo con me stesso. I risultati sono altalenant­i. Però ho assunto una buona abitudine: scorrere la posta elettronic­a solo due volte al giorno, resistendo alla tentazione di consultarl­a ogni cinque minuti, magari mentre sono in compagnia di altri esseri umani. Credimi, è come disintossi­carsi dal fumo. Una faticaccia, fino alla mattina in cui ti accorgi che respiri meglio.

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