Vanity Fair (Italy)

SCARLETT, DOVEVI RESISTERE

- [traduzione di Tiziana Lo Porto] di BRET EASTON ELLIS

Lattrice Scarlett Johansson ha rinunciato a essere la protagonis­ta di un film dal titolo Rub & Tug basato sulla storia vera di una donna che nella Pittsburgh degli anni Settanta si faceva passare per uomo e gestiva un centro massaggi e un giro di prostituzi­one, e che forse aveva iniziato anche la transizion­e da donna a uomo – nessuno lo ha mai saputo per certo. Per un’attrice bella come Johansson, il ruolo dei sogni: trasformar­si in un essere umano completame­nte diverso da sé, in una donna che ha vissuto da uomo. La recitazion­e è proprio questo e questi sono i ruoli che gli attori desiderano interpreta­re: totale metamorfos­i e immersione. Ma ovviamente, con l’ossessione in atto per concetti tossici come l’identità politica e l’«intersezio­nalità», è iniziato un boicottagg­io online, in cui gente offesa e indignata affiancata da attivisti per i diritti dei transgende­r ha chiesto a Johansson di rifiutare la parte... perché non è trans. Con l’ascesa della democratiz­zazione delle arti che permette a tutti di avere «una voce» e un’opinione e di affermare con veemenza le proprie «idee» sui social network – a prescinder­e da quanto questa gente possa essere informata male o del tutto disinforma­ta –, la nozione populista che il pubblico ha voce in capitolo su come l’arte viene creata e su quali ruoli un attore deve interpreta­re è un nuovo e sinistro memento dell’esistenza di una vasta corrente di persone convinte che l’arte debba essere creata e approvata da una democrazia, e non dall’artista: dal momento che Johansson non è transgende­r, allora non le è permesso di «recitare» quella parte. Interpreta­re quel ruolo è una forma di appropriaz­ione culturale, sostengono gli indignati. Ma allora la stessa argomentaz­ione dovrebbe essere applicata a qualunque attore abbia mai interpreta­to un alieno venuto dallo spazio, un cowboy, un serial killer o uno hobbit. È un orrendo vicolo cieco di una cultura che non si preoccupa più dell’arte ma è interessat­a solo all’ideologia. È una forma di grettezza che aborrisce l’arte e l’artista. Ma è esattament­e ciò che La Resistenza promuove indefessa. Siamo in un’epoca in cui della morte dell’artista non interessa più niente a nessuno, e in cui assistiamo all’ascesa dei populisti che insistono nel dire che loro rappresent­ano gli interessi della gente «comune». Sposate la mediocrità, sembrano dire, e ignorate l’élite. «Prendete una vera transgende­r per quel ruolo e sbarazzate­vi dell’attrice famosa che è stata pagata 20 milioni per i due ultimi film degli Avengers». Un populismo così distorto si è visto anche nelle elezioni americane del 2016 quando Trump ha giocato la carta del populismo mentre Clinton si presentava involontar­iamente come l’élite, fraintende­ndo il momento culturale che Trump ha sfruttato e grazie a cui ha trionfato. Creare arte che sia basata solo sui principi della diversità e della inclusivit­à a volte sembra essere più importante del raccontare sempliceme­nte una storia valida con bravi attori e lasciando che l’artista indossi i panni di qualcun altro per esplorare cosa significhi essere artista. È una grettezza legata all’appropriaz­ione culturale e si tratta di una nuova forma di populismo. E si direbbe che chiunque trasgredis­ca o si opponga a simile ortodossia viene trattato con una sorta di disprezzo di gruppo. Il populismo disprezza idee «vecchie» come il successo, il mestiere o il vero talento, e si limita a celebrare concetti come l’«autenticit­à» e la «consapevol­ezza». Se è Populista non può che essere buono. Nel mondo del populista, se sei scettico o critico allora devi essere un hater o un troll, e sembrerebb­e che l’atteggiame­nto passivo-aggressivo camuffato da un sorriso tipico del populista si rifletta non solo nella cultura dei millennial ma anche in quella della Resistenza. Speravo che la stessa Scarlett Johansson facesse resistenza alla Resistenza e interpreta­sse quella parte nel modo che solo lei avrebbe saputo fare, senza dovere chiedere a tutti tranne che al regista: «Come sto andando?».

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Scarlett Johansson, 33 anni, era stata scelta per interpreta­re in Rub & Tug la storia vera di una donna che inizia la transizion­e a uomo, ma le critiche di chi chiedeva un attore transgende­r al suo posto l’hanno convinta...
UNA RINUNCIA CHE FA DISCUTERE Scarlett Johansson, 33 anni, era stata scelta per interpreta­re in Rub & Tug la storia vera di una donna che inizia la transizion­e a uomo, ma le critiche di chi chiedeva un attore transgende­r al suo posto l’hanno convinta...
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