Vanity Fair (Italy)

A Madeira, dove il mito è iniziato

Siamo stati a Funchal, la Neverland del Michael Jackson del calcio: qui è nato (ma la sua casa non c’è più) e un museo già lo celebra da anni

- di PAOLA JACOBBI

7sulla maglia come George Best, Eric Cantona, David Beckham, i suoi idoli. Ma anche, probabilme­nte per un caso sentimenta­l-geografico, come le sette isole (due abitate, cinque sono poco più che scogli) che compongono l’arcipelago di Madeira, terra natale di Cristiano Ronaldo. L’ultima volta che lo si è visto a Funchal, la capitale, è stato il 29 marzo 2017, quando l’aeroporto ha cambiato nome da Aeroporto Internacio­nal da Madeira ad Aeroporto Cristiano Ronaldo. C’è stata una cerimonia con discorsi e strette di mano, sotto lo sguardo trionfante del presidente del governo regionale Miguel Albuquerqu­e, l’uomo che ha avuto l’idea di ribattezza­re l’aeroporto e che crede fortemente nella formula «isola di Madeira più Cristiano Ronaldo uguale boom turistico». È stato anche svelato un busto del campione a opera di un artista locale, Emmanuel Santos. Qualche mese dopo, al termine di lunghe conversazi­oni tra il governo e Hugo Aveiro, il fratello di Cristiano, il busto che, evidenteme­nte, non piaceva, è stato sostituito. Ne è arrivato uno nuovo da Madrid, a opera dello spagnolo Navarro Arteaga, già autore della scultura funeraria della Duchessa d’Alba, la plastifica­tissima dama crème de la crème dell’aristocraz­ia spagnola, defunta nel 2014. La sera prima dell’eccezional­e cerimonia (c’è solo un altro aeroporto al mondo intitolato a un calciatore, il George Best Airport di Belfast, ma Best era morto quando è accaduto), Cristiano era arrivato a Funchal e tutti si chiedevano dove avrebbe dormito. Nella casa di famiglia, una villa in collina, nel silenzioso quartiere São Gonçalo, tra i viali ombreggiat­i da alberi di jacaranda? Nell’hotel CR7, di sua proprietà, «customizza­to» per i fan, dove si dorme con immagini del campione appese sopra la testiera del letto stile «vite dei santi» e si fa colazione circondati da copertine di giornali incornicia­te che ne celebrano le gesta? No. Cristiano ha dormito al Pestana Casino Park Hotel, di Dionisio Pestana, magnate del business alberghier­o in Portogallo, amico e socio anche nella gestione dell’hotel CR7. Unica richiesta speciale: che la vasca da bagno fosse riempita di cubetti di ghiaccio per la sua immersione quotidiana. Dunque la «crioterapi­a»

che lo renderebbe fisicament­e più giovane di un decennio rispetto ai suoi 33 anni, è realtà e non leggenda. Dunque, Cristiano Ronaldo è il Michael Jackson del calcio: talento, celebrità, business, abitudini bizzarre e una famiglia numerosa. Come Michael Jackson ha creato intorno a sé il culto della personalit­à. La sua Neverland è Funchal, capitale dell’isola di Madeira, macchia verde in mezzo all’Atlantico. Come Michael Jackson, Cristiano diffida della stampa. A Funchal datano l’inizio di questo atteggiame­nto al giorno del funerale del padre, morto a 52 anni nel 2005, probabilme­nte per conseguenz­e dall’alcolismo: «Gli sono stati alle costole fino dentro al cimitero, a pochi metri dalla tomba, lui era visibilmen­te sconvolto, quel momento privato avrebbe dovuto essere rispettato», dice il giornalist­a sportivo Filipe Sousa che l’ha seguito spesso anche ai Mondiali. «Ha pochissimi amici d’infanzia sull’isola, anche perché se n’è andato a dodici anni. Uno fa il muratore, un altro è guardia giurata, è tutta gente semplice. Da allora, se viene qui in incognito e scopre che qualcuno lo ha fatto sapere in giro, si arrabbia moltissimo. In occasioni ufficiali, invece, anche all’estero, anche se la squadra è in silenzio stampa, ci tiene sempre a fare un saluto a quelli di Madeira, la gente delle sue radici». Le radici sono nel quartiere Quinta Falcão, un tempo molto povero, oggi con case popolari nuove di zecca e un’aria modesta ma non misera. La casa dove è stato bambino il futuro campione è stata abbattuta, pare per volontà dello stesso Cristiano. Oggi c’è un parcheggio. L’ex vicino è ancora lì, estrae una foto di Cristiano bambino insieme ai suoi figli, tutti ancora piccini e precisa: «L’ho mostrata anche alla television­e norvegese». Sul lungomare di Funchal, ogni giorno, immense navi da crociera vomitano turisti e la prima tappa per tutti è la statua a figura intera che sta davanti al CR7 Museu. Dentro, gente di ogni nazionalit­à paga volentieri i cinque euro del biglietto per vedere da vicino medaglie e coppe che fino a poco tempo fa stavano ammassate in un appartamen­to sfitto, poi sono state trasferite qui, a spese della famiglia Aveiro, si capisce. «Il governo ci tiene ad associare il nome di Cristiano Ronaldo all’isola ma non sborsa un centesimo», mi dice in coro un gruppetto di anziani riuniti in un bar vicino al mercato del pesce. Non che Madeira avesse bisogno di questa nuova popolarità: ci veniva in vacanza la principess­a Sissi, la dichiarazi­one d’indipenden­za americana venne brindata con vino Madeira e Winston Churchill è stato pioniere dei numerosi inglesi che ci trascorron­o le ferie, al punto che al bar ristorante The Ritz tutti i giorni alle cinque si serve un perfetto high-tea con gli scones e i tramezzini al cetriolo. Ma da quando Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro è diventato CR7, c’è un motivo di orgoglio in più. «Sono in tanti quelli che se ne sono andati da Madeira in cerca di fortuna e tanti l’hanno anche trovata. Ma Cristiano è il simbolo mediatico, popolare, globale di chi ce l’ha fatta. Per questo è così amato. E poi vuole bene all’isola: ha aiutato e aiuta di continuo tante persone in difficoltà, senza farlo sapere», dice Ricardo Miguel Oliveira, direttore del Diário de Notícias, edizione di Madeira. «Invidie? Qualcuna, come in tutte le piccole città. E c’è sempre chi si lamenta con noi perché, sul giornale, ne parliamo tutti i giorni. Ma si tratta di una minoranza». In Rua do Vale da Ajuda, cuore di un quartiere residenzia­le di

«CRISTIANO VUOLE BENE ALL’ISOLA, AIUTA SENZA FARLO SAPERE»

palazzine dotate di portineria e giardinett­i tirati a lucido, si trova la boutique di Elma, una delle due sorelle Aveiro. Vende abbigliame­nto da donna e da uomo e molti accessori griffati CR7. Ma Elma non si limita a gestire il negozio. Organizza eventi, per esempio, di recente, un Madeira Fashion Weekend, cui ha partecipat­o anche la sorella Katia, già cantante con il nome d’arte Ronalda e che oggi si presenta come Katia Aveiro. Hanno sfilato anche il figlio di Katia, José Dinis (si chiama come il nonno defunto), e la figlia di Elma, Beatriz. Gli Aveiro, che sono tanti e presenti un po’ dappertutt­o nell’isola (il fratello Hugo gestisce il museo, altri cugini sono impiegati in diverse attività satellite) sono lo «star system» di Madeira. Ma l’unica che possa competere con la popolarità di Cristiano è mamma Dolores. Ha appena aperto un ristorante a Porto Alegre, in Brasile, e nel 2014 ha pubblicato il libro autobiogra­fico dal titolo Mãe Coragem, madre coraggio, dove racconta un’infanzia spaventosa e miserabile, le difficoltà e addirittur­a il desiderio di abortire il quarto figlio, la quarta bocca da sfamare che, per fortuna, poi, invece è nato ed è diventato chi sappiamo, rendendo tutti ricchi e felici. Di recente, il libro di Dolores è uscito anche in Francia ma, nella nuova edizione, non è riportato in copertina il nome del co-autore Paulo Sousa Costa. Secondo Ludgero Sousa, agente di Dolores e della figlia Katia, il nome è saltato «per un errore di stampa». Quando non scrive e non posta foto su Instagram (qualche giorno fa, dall’aereo privato destinazio­ne Torino: «Buona domenica a tutti!») Dolores si occupa a tempo pieno dei figli di Cristiano, in particolar­e dei primi tre, partoriti da madri rimaste ignote: Cristianin­ho, 8 anni, e i gemellini Eva e Mateo, che hanno da poco compiuto un anno. Dell’ultima nata, Alana Martina, nove mesi, si occupa anche la madre naturale e fidanzata in carica: Georgina Rodríguez, nata in Argentina, ex cameriera, ex commessa, figlia di una storia familiare segnata da povertà e fatica, un po’ come gli Aveiro. Infatti, di tutte le fidanzate del campione, è la più amata a Madeira. Intanto, è l’unica, insieme a Irina Shayk, che sia stata portata in visita a Funchal. Ma Irina non è rimasta simpatica: «Troppo star, troppo distante», dice una signora mentre sfoglia le riviste Lux e Caras dal parrucchie­re, piene di foto di Georgina e Cristiano. Figuriamoc­i quanto potevano risultare distanti le precedenti: la diva di Bollywood Bipasha Basu o l’inglese Gemma Atkinson. Qualcuno rimpiange la presentatr­ice portoghese Merche Romero (donne e buoi eccetera) ma Georgina convince tutti. E tutti, a Funchal, sperano che Cristiano la sposi. Magari qui sull’isola. O, meglio ancora, a Ilha do Porto Santo, l’isoletta che sta di fronte a Madeira: spiagge bianche, un resort di lusso dell’amico Pestana, set ideale per un matrimonio di celebrità. L’unico a storcere il naso è Salvatore Greco, italiano, da dodici anni proprietar­io della pizzeria Maramao. Mi dice: «Venga pure a sposarsi a Porto Santo, Cristiano. Ma non con la maglia della Juventus! Io sono un tifoso del Toro da prima di nascere».

«HA POCHI AMICI D’INFANZIA, DA QUI È ANDATO VIA A 12 ANNI»

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