A vele spiegate
M ollare gli ormeggi, uscire dal porto sicuro e lasciare che il vento gonfi le vele per non rimpiangere le occasioni mancate. Esortazione firmata Mark Twain, arcinota nell’era degli aforismi per social network. Così come l’autore americano, già pilota di battelli a vapore sul fiume Mississippi, anche Giulia Michelini ha un pacchetto di ricordi, metafore e paradigmi che hanno a che fare col mare. Li noti dagli occhi intensi, circonferenze infinite di un volto familiare, che se le altre corrono al riparo dal vento nei capelli lei invece lo accoglie, con gioia, in un’intensa sinergia con la natura che ha radici profonde: “Ho negli occhi mio padre, in uno dei miei primi viaggi in barca a vela. Noi, quasi a pelo d’acqua, andavamo verso la Grecia e i delfini che ci nuotavano accanto. Ero così piccola, ma se penso a quel momento mi accorgo di come fosse già tutto così chiaro. Poi magari ci si perde per strada, nella vita può succedere di distrarsi, ma a quei momenti ci resto sempre aggrappata”. Non un camerino, non il red carpet, né le luci dei riflettori. L’acqua è il suo elemento. Il vento, inquieto, la sua formazione personale: “Ho una barca che è mia e di mio papà, che ha quasi 70 anni e non molto tempo fa ha fatto una traversata atlantica. In mare ci sono alcuni insegnamenti, impari a rispettare Madre Natura. I pannelli solari, i generatori eolici, aver cura per l’energia diventa un fatto culturale. E m’infervoro quando guardo alcune persone, il modo in cui maltrattano il pianeta tutti presi dal nostro schema casa, ufficio, palestra. Va bene, ma nel frattempo potremmo provare a essere altro, anche a piccole dosi. E invece c’incolonniamo nelle nostre auto, soli, in fila, a generare inquinamento. Non è così che sono cresciuta e non è così che voglio crescere mio figlio”.
I suoi ruoli sul piccolo schermo, il cinema e quella voglia di ripartire da zero. Rispettando Madre Natura, e la sua energia.
Fu lei a scegliere di tenerlo, Giulio Cosimo, nonostante gli argini, le dissuasioni, gli sconsigli ricevuti in quei giorni di adolescenza già legati alla televisione, e alla sua professione. Il debutto nella serie televisiva “Distretto di Polizia”, solo il primo degli incontri professionali con le idee di Pietro Valsecchi, col quale ha assistito in prima fila a diversi smantellamenti di record, prima sul piccolo, poi sul grande schermo della risata col volto di Checco Zalone. “Ma se oggi mi chiedi a quale personaggio sono più vicina non so risponderti. Vorrei dirti tutti, ma se ci penso bene forse la risposta è nessuno. È una fase un po’ complicata, tanti anni e pochi personaggi. Da ora, in qualche modo, vorrei sentirmi meno legata a quei ruoli, ripartire da zero, senza guardare oltre”. Ripartire da zero, con l’approccio radicato e liquido al tempo stesso, con la libertà geografica di sentirsi a casa in qualsiasi posto nel mondo, pensando a suo modo alla famiglia: “Non mi piace pensarla nel modo classico, mi sento lontana da quella concezione. Famiglia è ciò che ti porti dentro. Ne fa parte chi è stato con te nel dolore, quando non ridevi. È il tuo passato, c’era e ci sarà sempre soltanto se è un vero scambio di affetti. Non riesco a guardare alla famiglia come a un barattolo chiuso ermeticamente con dentro quei dogmi. Non mi piacciono le etichette”. A trentatré anni Giulia Michelini ha l’oceano davanti e il vento che interferisce nella nostra conversazione. La immagino tuffarsi in un mare pulito, dove l’energia si rigenera in un momento. Come Anna Magnani, sott’acqua, in quella foto di Gaetano Cafiero. Con gli occhi aperti e un urlo di gioia, che in mare è muto come le sue domande, potente come quel tipo di donna. “La adoro. Anzi, sono pazza di lei. Ho scaffali interi e bacheche dedicate, cerco sempre sue immagini, guardo i suoi film, qualsiasi cosa. È magnifica”. Lei, Anna, che da bambina sognava di viaggiare lontano, attraversando il muro della sua stanza al quarto piano con vista sul Palatino. Scalando montagne, camminando senza che nessuno potesse fermarla. Lei che decise di diventare attrice nella culla tra una lacrima di
troppo e una carezza di meno. Esplorate, diceva Twain. Sognate. Scoprite.