Night breakfast
I suoi fumetti conquistano perché «non lasciano indietro nessuno». ZEROCALCARE gestisce l’inconscio e affronta l’insonnia. Con «pause» dolci, nelle quali impara a convivere con il buio
Corre, il fumettista più acclamato, tutti i giorni da tre anni, immaginando risposte più veloci di lui che gli appaiono solo al vento, in quel momento di sport e sospensione. Lavora e controlla tutto ma non il sonno, a cui dedica un rituale giunto a tre voci obbligate – latte e plumcake con una serie tv, poi 20 pagine di lettura – altrimenti non si dorme. Nel frattempo Michele Rech, in arte Zerocalcare, corre sulla carta e sul grande schermo con il volume Macerie Prime. Sei mesi dopo (edizioni Bao Publishing) uscito a maggio. Il 13 settembre tocca alla Profezia dell’armadillo, cult 2011 che diventa il film girato da Emanuele Scaringi per Fandango e Rai Cinema, in programma alla Mostra del Cinema di Venezia, sezione Orizzonti. Ripartiamo da Michele bambino, che disegna paperi e dinosauri, a 10 anni una Banda Bassotti che occupa il deposito di Paperone, fino a diventare Zerocalcare, con il nome intercettato in uno spot televisivo che ha risolto la questione del titolo del blog seguito da migliaia di fan Zerocalcare.it e da più di 800 mila lettori. Assuefatti a quell’ironico strazio con cui Zerocalcare disegna la vita a colpi di dialoghi, in cui c’è posto per chiunque: «Metto a fuoco una generazione tagliata fuori da foto FABIO ROSSINI tutto, cercando di essere il più inclusivo possibile. Spesso uso degli spiegoni per non lasciare indietro nessuno». Resta indietro chi ha paura di seguirlo nel suo scavare sottopelle, nei tenebrosi cunicoli della psiche. A cominciare dalla Profezia dell’armadillo, c’è l’idea dell’amico immaginario addetto alla coscienza, disincantata voce fuori campo che piace come ogni trasversale verità: «Scavo l’inconscio, per stressare alcuni momenti al massimo livello». Battute che scatenano risate come pugnalate, sferrate nel dialetto del quartiere Rebibbia in cui domicilia, spesso comprese di parolacce: «L’abilità è infilarle all’interno dei ragionamenti con proprietà di linguaggio». Grande successo e conseguenti polemiche, in particolare per il fumetto sulle giornate del G8: «Uno dei pochi temi su cui non riesco a mediare». Lui media sempre, muto: «A fine giornata leggo tutto, senza rispondere: ho deciso di non farmi trascinare». Si trascina fuori a correre, per rispondere al vento, per chilometri: «Mi ripeto scenari e battute, risposte acide e sferzanti che nella vita non ho». Poi torna alla scrivania, per correre su carta: «Cerco di riequilibrare sensi di colpa, anche rispetto a relazioni passate. Ho incontrato persone migliori di me». Zerocalcare è romantico? «Non tanto». Invidia i romantici? «Se fossi romantico direi di sì». Un’emozione? «Il mostro del quartiere che se ne frega di tutto e che temevo da piccolo. Sapere che mi legge mi carica». I lettori sono molti: «La mia ricerca d’approvazione si misura con gli amici di sempre. Gente poco capita dalla società, da cui imparare». Ha imparato anche dalla serie Lost? «Mi scandiva la vita». Oggi è immerso nei tutorial di animazione online, forse sognando cartoni animati. Suoi. Soli si sta meglio? «Non sono stato capace di fare altro. Negli altri campi della vita sono un disastro. Ho sempre trovato alibi per attribuire il mio disagio ad altri». Invece: «Ho questo posto nel mondo, che considero molto fragile». È forte solo il controllo: «Mentre muovo i personaggi ogni sillaba conta. Qui posso gestirla, nella vita no». Non resta che gestire l’insonnia, un lavoro in salita, cominciato con la tv: «Una volta ho visto una serie e mi sono addormentato». Ne fa un rito obbligato. A cui si aggiungono latte e plumcake, di recente pure la lettura: «Anche alle 3 del mattino, prima mangio davanti a un episodio e poi leggo 20 pagine». Invece fregarsene? «L’insonnia cambia la scala dei valori, in quel buio ci devi convivere». Convive con scrivania, corsa, amici di sempre e politica. Le feste? «Mi irrita l’allegria altrui». Zerocalcare è spiritoso? «Ho bisogno di pensarci».
«Metto a fuoco una generazione tagliata fuori da tutto»