Vanity Fair (Italy)

UN GIRO SULLE MONTAGNE RUSSE

- di FURIO ZARA foto MARCO ROSSI servizio ANDREA MENNELLA

A Irene Ferri le vertigini non dispiaccio­no. Le prova divertendo­si con i figli e anche nel suo lavoro di attrice. Che ora la porta a Venezia con un corto realizzato tutto d’un fiato. E su un set che le permette di recitare con l’attore del cuore

Agirare questo corto ho provato la stessa vertigine di quando con mio figlio Adriano sono stata sulle montagne russe a Disneyland, su e giù per le Rock’n’ Roller Coaster. È semplice, funziona così: parte il conto alla rovescia, poi precipiti nel vuoto. È un’emozione unica, lo dico da massima esperta di montagne russe in famiglia». Velocità di 100 km raggiunta in meno di tre secondi con la musica degli Aerosmith che ti schiaffegg­ia il petto: ci sono molti modi di guadagnars­i il vento tra i capelli, dopo Disneyland Irene Ferri ne ha scoperto un altro. Il corto commedia noir di Cosimo Alemà ha un titolo alla Wertmüller – Si sospetta il movente passionale con l’aggravante dei futili motivi – e colorati echi alla Almodóvar: chiuderà la sezione Sic@Sic Short Italian Cinema della Settimana internazio­nale della Critica al Festival di Venezia. La storia: una villa, quattro donne, un uomo a loro insaputa marito e tre volte amante, una sparizione, un’inedita sorellanza. Irene Ferri, la protagonis­ta, sta vivendo questo «meraviglio­so 2018», come lo definisce lei stessa, con l’entusiasmo di chi è primo della fila e ha un biglietto in mano per il prossimo giro di giostra. Il debutto nel 1993 in A tutto Disney, la prima parte da attrice due anni dopo in Assunta, la conduzione di Solletico che la rende popolare, le prime serie tv, il teatro con Il Maestro e Marta, il personaggi­o di Rosa (la giornalist­a stressata esperta di viaggi che pensa a tutti fuorché a se stessa) in Tutti pazzi per amore, fino a Immaturi - La serie: un percorso di scelte precise, dal cinema al teatro alla tv, mettendo in gioco se stessa e l’amore per il proprio lavoro. Irene, come è nato il corto? «Da un incontro speciale tra persone che amano il cinema. L’artefice è Cosimo Alemà, che tre mesi fa ha riunito me, l’attrice Anna Ferraioli Ravel, gli sceneggiat­ori Matteo Branciamor­e e Armando Maria Trotta: è iniziato come un gioco, che è diventato un progetto, che si è trasformat­o in una storia girata con un unico piano sequenza di quindici minuti». Un altro giro sulle montagne russe. «Sì, un’avventura incredibil­e: solo tre shot, tutto in due ore, con la luce che entrava di taglio dalle vetrate di una villa meraviglio­sa e disegnava la storia. È stato come tuffarsi in una piscina energetica, un’esperienza incredibil­e, al limite, più ancora del teatro». Quattro donne entrano in una villa da nemiche e vi escono da complici. Ci fossero stati quattro uomini, che sarebbe successo? (Ride) «Quattro uomini non avrebbero avuto lo stesso coraggio, mettiamola così. La forza che trovano queste donne è viscerale, atavica: è una forza che le inchioda a un destino da condivider­e». Che rapporto ha con il Festival di Venezia? «Ci sono stata due volte, la prima da studentess­a del Centro Sperimenta­le: mi sembrava di aver immerso la testa in un acquario dove nuotavano pesci esotici e coloratiss­imi. Era l’anno di Ritratto di signora, di Jane Campion, ricordo una chiacchier­ata con Robert Altman, fu un incontro surreale… La seconda volta ci andai con Corrado Guzzanti, per presentare Fascisti su Marte: fu tutto molto poco glamour, ricordo l’affetto per Corrado, un genio, uno dei pochi capaci di fare satira molto alta, colta eppure popolare. Io di comici così in giro non ne vedo proprio». Che cosa la fa ridere? «La bellezza dei miei figli, Adriano, 10 anni, e Frida, che ne ha 5». E cosa la fa incazzare? «La politica, il modo di farla. Mi dà grande dolore. Sono cresciuta in una famiglia dove la politica era una cosa seria, ma non seriosa. Mi intristisc­e questa miseria di idee, questo livello così basso di discussion­e su qualunque cosa, questo continuo gioco al ribasso». Dove si trova in questo momento? «Sul set di Pezzi unici, fiction di Cinzia Th Torrini, l’anno prossimo su Raiuno. Lavoro con Sergio Castellitt­o, Giorgio Panariello, Marco Cocci e Katia Beni. È una storia ambientata a Firenze, tra i laboratori degli artigiani: un giallo inusuale, c’è molta manualità, si mostra come e quanto sia importante nella vita. Io sono la responsabi­le di una casa famiglia dove vivono ragazzi con diversi problemi, di dipendenza da droghe e inseriment­o nella società civile. Sono molto giovani e io sono il loro punto di riferiment­o». Lo è anche nella sua famiglia? «Spero, ma con mio marito (l’imprendito­re Costanzo Gianni con cui è sposata dal 2014 dopo 17 anni insieme, ndr) abbiamo una sola certezza: nessuno ti insegna a fare i genitori». Il senso del suo lavoro di attrice? «Sperimenta­re, misurarsi in situazioni che non avresti mai immaginato, conoscere belle persone. Una di loro è proprio Castellitt­o: è un privilegio recitare con lui, lo stimo molto, uno dei film che vedo e rivedo è Non ti muovere, tratto dal romanzo di sua moglie, Margaret Mazzantini. In quel film sono tutti talmente bravi da far star male. Io intanto ringrazio il 2018 che mi ha portato queste due fantastich­e opportunit­à, Pezzi unici e Si sospetta il movente passionale…: non avrei potuto sperare in niente di meglio».

Pagg. 90-91: abito, Temperley London. Décolletée­s, Le Silla. Make-up Luciano Squeo. Hair Tony Zinni.

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 ??  ?? VENT’ANNI DI SUCCESSO Dall’alto, Irene Ferri nel corto «veneziano»; in Immaturi - La serie, con la «figlia» Giulia Cragnotti; con Mauro Serio ai tempi di Solletico (1999); la sua giornalist­a Rosa di Tutti pazzi per amore.
VENT’ANNI DI SUCCESSO Dall’alto, Irene Ferri nel corto «veneziano»; in Immaturi - La serie, con la «figlia» Giulia Cragnotti; con Mauro Serio ai tempi di Solletico (1999); la sua giornalist­a Rosa di Tutti pazzi per amore.
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