Vanity Fair (Italy)

PARADISO PER DUE

A metà degli anni ’60, Michelange­lo Antonioni si innamorò della Sardegna e nel 1971, grazie all’estro di un architetto come Dante Bini, fece costruire due nidi d’amore affiancati: uno per lui e uno per Monica Vitti. Storia di una casa speciale, oggi in st

- di MALCOM PAGANI foto ALINE ARLETTAZ

C'era una bambina che viveva in un’isola. A stare coi grandi si annoiava, le facevano paura. I ragazzi della sua età non le piacevano perché giocavano a fare i grandi e così stava sempre sola. Aveva scoperto una piccola spiaggia lontano dal paese dove il mare era trasparent­e e la sabbia rosa. Voleva bene a quel posto: la natura aveva dei colori così belli e niente faceva rumore». Tornante dopo tornante, superati strapiombi, macchie di mirto e ciuffi di oleandri in fiore, gli odori si facevano più intensi, gli occhi guardavano oltre il Golfo dell’Asinara e a Monica Vitti sembrava che tra finzione e realtà, miraggio evocato in Deserto rosso e onde all’orizzonte, ci fosse all’improvviso il punto d’incontro, la sintesi ideale tra infanzia e maturità. Michelange­lo Antonioni, compagno di cinema e di vita, di discussion­i e silenzi, l’aveva portata lì accompagna­to da un soffio d’entusiasmo. In quella Sardegna dei primi anni ’60, con Monica, aveva girato. Con le parole trattenute dei sardi, indisposti al compromess­o con il proprio carattere e capaci di abbracciar­ti in eterno, era in sintonia da sempre. E aveva quindi deciso di prolungare il film, di estendere il set, di girare altre scene da non mettere necessaria­mente in sequenza regalando alla «sua» attrice un luogo dove la notte, l’eclisse e l’avventura potessero proseguire nei decenni. Una casa. Costruita da zero. Un rifugio con le fattezze di cupola, una sfera a forma di conchiglia disegnata da Dante Bini, un architetto così originale da trasformar­si a sua volta in un nome, in un’interpreta­zione degli spazi e del contesto capace di fare scuola, in un modello studiato nelle università e in un modulo ripetuto per più di 1.500 volte in 23 diversi Paesi. La Binishell di Michelange­lo e Monica, l’incontro tra due visionari, prese vita nel 1971. Alcuni anni dopo l’invenzione di Bini, nata per caso durante una combattuti­ssima partita di tennis e a circa quaranta mesi dal primo incontro, casuale, tra Bini e Monica Vitti a Cortina d’Ampezzo. Lui le aveva parlato di una costruzion­e semplice, geniale ed ecologica, dalla pianta circolare, sostenuta da molle e armature, nata da una colata di cemento armato capace di sollevarsi grazie alla pressione dell’aria. Lei si era appassiona­ta e ne aveva discusso con Michelange­lo. C’era stato un primo rendez-vous tra i due uomini nell’appartamen­to romano del regista e dell’attrice in via Vincenzo Tiberio, collina Fleming. Poi un secondo appuntamen­to con tanto di volo ad attraversa­re il Tirreno. Sorvolando il mare, con riservatez­za paranoide, Antonioni strinse patti con Bini (ancora in forma puramente ipotetica) stilando un severo decalogo non estraneo alla maniacalit­à. Al punto numero uno, il segreto. L’architetto non avrebbe potuto svelare il piano a nessuno. Vitti e Antonioni volevano vivere il sentimento lontano dai riflettori. E una storia come quella, storia di passione e di destini, di onde e maree, di invasioni momentanee e separazion­i utili all’igiene del rapporto, non voleva copertine, paparazzi, pubblicità. Nella casa di Roma, a dividere i due appartamen­ti comunicant­i di Vitti e Antonioni esisteva una botola. Per entrare nel mondo dell’altro era necessario un gesto, aprirla. E un’azione: salire o scendere una scala a chiocciola. Una volta sull’isola, Antonioni e Bini capirono che il posto era giusto. Michelange­lo era andato oltre la botola, aveva fatto di più, chiedendo a Bini di edificare una casa sorella della magione centrale, una dépendance dove Monica potesse, se ne aveva voglia, chiudersi la porta dietro le spalle e stare sola con se stessa. Il dado era tratto. La decisione presa. In una Sardegna che iniziava a mutare. L’Aga Khan era già arrivato in Costa Smeralda. Il paesaggio sarebbe cambiato al ritmo del turismo di massa e della toponomast­ica. A un’ora da Olbia, percorrend­o la strada provincial­e 90, non si arrivava più alla Costa Nera, ma in omaggio ai diritti del mattone, dello slogan e del sogno, in Costa Paradiso. Prima di allontanar­si e conoscere il loro purgatorio, Vitti e Antonioni, nella Binishell, trascorser­o estati felici. Poi si lasciarono e le case – affacciate su un mare aperto, così lontano e diverso dalle cale geometrich­e e protette di Porto Rotondo e Porto Cervo – passarono di mano in mano, da un proprietar­io all’altro. La più piccola delle due ora splende rianimata da una ristruttur­azione. Alla seconda, poco lontano, in un comprensor­io custodito e vigilato, si arriva attraverso un sentiero sterrato. La conchiglia immaginata da Bini è ancora lì, di fronte al mare. Il verde militare della calotta esterna si è quasi sollevato facendo intraveder­e il grigio del cemento. La via d’ingresso conduce a un portoncino bianco con il legno sbeccato. Qualche asse di legno alle finestre copre la vista dei curiosi. Ma dalle finestre senza più vetri entrano luci e profumi. Al piano terra alcune poltrone di vimini gonfiato dalla salsedine. Nella camera da letto un giaciglio vuoto guarda una finestra di legno angolare a sua volta protesa verso il mare e una terrazza con un tavolino di ferro posta di fronte all’infinito. Il sole taglia gli ambienti. Esce ed entra. E proprio come ogni amore sorge e tramonta.

 ??  ?? LA PIô BELLA DI TUTTE Monica Vitti, 87 anni a novembre, interpretò per Michelange­lo Antonioni (1912-2007) 4 film tra il 1960 e il 1964. Il primo,L’avventura, vinse il Premio della giuria al 13° Festival di Cannes, in cui la Palma d’Oro andò alla Dolce vita di Fellini.
LA PIô BELLA DI TUTTE Monica Vitti, 87 anni a novembre, interpretò per Michelange­lo Antonioni (1912-2007) 4 film tra il 1960 e il 1964. Il primo,L’avventura, vinse il Premio della giuria al 13° Festival di Cannes, in cui la Palma d’Oro andò alla Dolce vita di Fellini.
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 ??  ?? SODALIZIO ARTISTICO La coppia Vitti-Antonioni era molto riservata e teneva all’autonomia. Nella casa di Roma, l’appartamen­to condiviso dai due al Fleming era separato da una botola che univa gli spazi di Monica e quelli di Michelange­lo. In Sardegna le case (pur vicine tra loro) erano addirittur­a due.
SODALIZIO ARTISTICO La coppia Vitti-Antonioni era molto riservata e teneva all’autonomia. Nella casa di Roma, l’appartamen­to condiviso dai due al Fleming era separato da una botola che univa gli spazi di Monica e quelli di Michelange­lo. In Sardegna le case (pur vicine tra loro) erano addirittur­a due.

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