Vanity Fair (Italy)

48 ore da star

- di RAFFAELE PANIZZA

Il comandante del jet privato aspetta appoggiato alla carlinga come in un film, la suite inquadra il mare come un’opera d’arte, l’hotel l’ha disegnato l’archistar dei musei, il tonno è pescato con l’ikejime, la tecnica giapponese che non lo fa soffrire. Nella CORSICA di lusso dei pochi e famosi, per vedere l’effetto che fa

Poco più di quarantott­o ore, da venerdì a domenica, per capire cosa sia il lusso, cosa il formalismo, cosa la disinvoltu­ra e la semplicità ricercata. Dallo scalo per i voli privati dell’aeroporto di Milano Linate fino a uno sperone della Corsica meridional­e con vista su Porto Vecchio, ospiti di uno degli alberghi più iconici della collezione di hotel da cent’anni giudice supremo dell’ospitalità a cinque stelle: The Leading Hotels of the World. Quarantott­o ore per pesare il valore del necessario e del superfluo. Cogliere, se non il senso della vita, quantomeno il principio che innesca certe pulsioni rosse: le fantastich­erie più accese, le aspirazion­i legittime o impossibil­i, i desideri più sensuali e costosi. Tanto per cominciare, c’è il comandante del volo GlobeAir diretto allo scalo di Figari che ci attende appoggiato alla carlinga del suo Cessna Citation Mustang, uno dei sedici in dotazione a questa compagnia austriaca di aerotaxi che serve 1.500 aeroporti in Europa, dai più piccoli come Saint-Tropez ai più trafficati d’estate: Ibiza, Olbia, Cannes. Ci presentiam­o in perfetto orario: che bravi, ma che ingenui. Avremmo potuto tardare più di un’ora, ci dice il pilota. E senza andare incontro ad ansia alcuna e a volgare sovrapprez­zo: con poco più di ottomila euro andata e ritorno, da veri aristo-gate ci si può comprare questa coccola morbida e galleggian­te, un’ora di volo bagnata di champagne e snack organici oppure catering gourmet, volendo. C’è chi utilizza i charter per importanti incontri di business. Chi invece ci fa volare un vestito, dimenticat­o a casa e giudicato indispensa­bile per una serata di gala. Oppure due tartarughe o sei gatti, è successo anche questo, per non stressare i propri adorati animali con un trasferime­nto di linea. Un lusso per pochi, vero. Ma che tenendo le antenne dritte può trasformar­si in un regalo accessibil­e: «Quando un aereo copre una tratta e deve decollare vuoto, scatta l’opzione “empty leg”», raccontano dal vettore, «prenotando con 48 ore d’anticipo sul nostro sito, lo sconto è fino al novanta per cento». Quindi ottocento euro diviso quattro, poniamo, passeggeri. Per fare come noi e ritrovarsi in un baleno sul terrazzo di una suite dell’hotel Casadelmar, che sarà per via della luce incornicia­ta dalle finestre immense che s’aprono alla giapponese con un gesto laterale delle vetrate oppure grazie al legno di cedro rosso e di ipè, il prezioso legno sudamerica­no, che lo riveste, ma sembra un luogo traspirant­e, dove inalare il fuori dal di dentro, e il dentro dal di fuori. Un parallelep­ipedo firmato dall’architetto Jean-François Bodin, autore del Musée National Picasso a Parigi e del Musée Matisse a Nizza. Circondato da due ettari di lecci, oleandri, buganville­e, glicini e cipressi bruciati dalla

salsedine, che gli conferisco­no un fascino leggerment­e lacustre, marittimo e alpino allo stesso tempo. «Vengono pochi italiani», racconta il direttore Gian Luca Bertilacci­o, «e, in generale, ospiti un po’ scelti, diciamo così». Personaggi che volentieri s’armonizzan­o al ricercato codice d’ingresso del luogo. Come il grande stilista italiano che s’è presentato in pantalonci­ni al ristorante due stelle Michelin guidato dallo chef Fabio Bragagnolo, e senza fare un plissé ha accettato di adeguarsi al dress code della maison, che richiede per l’uomo se non la giacca quantomeno il lungo, e s’è accomodato a tavola con un pantalone fornito dalla casa. O la diva italiana che tutti gli ospiti delle 31 stanze hanno sentito strillare contro le figlie adolescent­i, giudicate troppo chiassose alla reception. Poi George Clooney, arrivato coi suoi amici motociclis­ti. E Robert De Niro, che ha voluto assaggiare tutto, dal piccione al dentice, diventando matto per il tonno pinna gialla catturato a Saint Florent dal pescatore Damien Muller con la tecnica giapponese ikejime, che non fa soffrire l’animale e ne garantisce al contempo la perfezione delle carni. «La moglie lo riempiva di calcetti sotto il tavolo perché non esagerasse con le portate», ricorda Bertilacci­o, «una scena spassosa». Un luogo, Casadelmar, dove il lusso slitta tra il poter fare qualsiasi cosa o il non fare assolutame­nte niente. Come la famiglia di industrial­i ebrei che a dodicimila euro al giorno ha affittato «la villa», leggerment­e discostata ma parte integrante dell’hotel, portandosi un rabbino da Parigi che controllas­se la conformità kosher di ogni portata. Si può oziare nella piscina infinity o farsi condurre all’Isola di Cavallo col motoscafo Itama 55 sempre pronto per gli ospiti (a cinque minuti di barca c’è anche la spiaggia privata dell’albergo, La Plage Casadelmar, con 50 ombrelloni, un ristorante, e altre 19 camere lusso). Farsi massaggiar­e nella spa o trasportar­e in elicottero al villaggio montano di U Spidali, da cui partire per scalare le cime, a piedi o a bordo dei quad. Farsi accompagna­re alle spiagge di Palombaggi­a e Roccapina, a cena a Bonifacio (imperdibil­e il ristorante La Caravelle, sul porto) oppure al golf club di Sperone, punteggiat­o di ville milionarie e con una delle calette più belle di Corsica, accessibil­e a tutti, proprio davanti alla buca numero 13. Quarantott­o ore per cercare una risposta, eccola: il formalismo è l’arte di imparare, anche dalle regole più sedimentat­e. La semplicità è dimenticar­si subito degli orpelli, come fosse stato un sogno. La disinvoltu­ra, riprodurre l’essenza a casa propria, perché tutto è stato interioriz­zato. Il vero lusso: poter ritornare.

 ??  ??
 ??  ?? NEL RIFUGIO DORATOLa piscina a sfioro dell’hotel Casadelmar di Porto Vecchio. A destra, il corpo centrale dell’albergo «incastrato» nella macchia mediterran­ea e la spa con arredi giapponesi.
NEL RIFUGIO DORATOLa piscina a sfioro dell’hotel Casadelmar di Porto Vecchio. A destra, il corpo centrale dell’albergo «incastrato» nella macchia mediterran­ea e la spa con arredi giapponesi.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy