Vanity Fair (Italy)

Sinistra, hai sbagliato tutto

In attesa del suo nuovo programma sul mondo social su Rai 2, l’ex Iena le canta a tutti: a iniziare dalla parte politica che a suo dire «Non ha capito niente e ha perso il senso della realtà»

- di MALCOM PAGANI

Nell’era delle dirette Facebook e delle Instagram Stories, al centro di uno spettacolo perennemen­te in diretta, tutti possono vivere le giornate come fossero celebrità, accrescend­o ego e followers». Su Realiti Sciò, in onda dal 10 settembre su Rai 2, Enrico Lucci, 54 anni, adolescenz­a da comunista militante nell’ex sezione Lenin di Ariccia, gavetta giovanile tra Genzano (Rete Azzurra) e Roma (Videouno), maturità da Iena nelle emittenti private e ironico presente da conduttore sulla tv di Stato (la nuova edizione di Nemo partirà a fine ottobre) non vuole dire molto più delle note contenute nella cartella stampa: «Altrimenti poi non rimane più un cazzo». Poi, persuaso, qualcosa racconta: «Celebrerem­o l’avvento dell’era sovranista e il tramonto definitivo della narrazione berlusconi­ana che ha ammantato l’Italia negli ultimi anni. Sarà un programma epocale e per suggellare la fine di un capitolo e l’inizio di un nuovo libro, ho convocato per le prime tre puntate due testimoni del tempo che fu: Emilio Fede e Lele Mora». Cos’è l’era sovranista? «L’era della nuova cultura dominante. L’epoca dei tweet, dei followers, dei selfie, dei me piace, degli influencer e delle nuove tendenze. Ce n’è una all’ora». Che morale possiamo trarre? «Che il nuovo centro della vita degli esseri umani è far vedere tutto quello che fanno. Si fotografa il bimbo appena nato e si rende pubblica la metamorfos­i del nascituro giorno dopo giorno. Domani tra uno slogan e l’altro incenserem­o lo spermatozo­o. Non manca molto». Lo slogan era un caposaldo dell’epoca berlusconi­ana. «A Berlusconi lo sloganismo è sfuggito di mano e gli si è ritorto contro. Silvio è completame­nte sparito e ora trionfano Di Maio e Salvini. Il secondo ha detto che governerà per trent’anni, ma con la sinistra che abbiamo in Italia ho il sospetto che possa governare per trenta secoli». Lei nella sinistra ha creduto a lungo. «Non ci ho creduto. Perché uno di sinistra non crede e non ha fede, ma in omaggio al razionalis­mo, come dice Marx, è attento all’analisi del continuo evolversi delle cose». La sinistra ha tradito il precetto? «La sinistra non ha capito niente, ha trasformat­o il partito democratic­o nel partito del Papa, ma la sinistra in cui mi riconosco non è buona. È giusta, che è un’altra cosa».

Nell’altra pagina, Enrico Lucci, 54 anni, conduttore di Realiti

Sciò e Nemo. Sotto, una barca di migranti partiti dalla Libia; l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, 62.

Cosa non ha capito la sinistra? «Che l’arrivo di migliaia di disperati avrebbe dato il via a una guerra tra poveri. I tanti reietti che abbiamo in Occidente e che guardavano alla sinistra non si sono sentiti protetti. Ed è fatale che sentendosi indifesi, dalle loro periferie, si siano rivolti a chi dice – e magari afferma soltanto senza muovere un dito – di volerli difendere. La sinistra degli studiosi e dei capalbiesi non ha capito nulla di quel che stava accadendo, tranne Marco Minniti che è stato un eccellente ministro dell’Interno purtroppo arrivato fuori tempo massimo». Cosa avrebbe dovuto dire una sinistra al passo con i tempi? «Che esiste un ordine con cui affrontare le cose. Che ordine non è una parolaccia ed è il concetto più a sinistra che esista. Non l’ordine dei pochi prepotenti sulla maggioranz­a, ma quello democratic­o che garantisce chi ha di meno e fa rispettare le regole. L’ordine della Repubblica Popolare Cinese». Lo rimpiange? «Lo capisco. Come capisco che una persona che arriva dal Ghana non ha gli stessi diritti di un italiano che aspetta da 15 anni una casa popolare. Bisognava avere le palle di spiegarlo e di spiegarlo bene. E bisognava dire anche tanto altro». Cosa? «Che la migrazione nel mare, non certo una responsabi­lità della sinistra in senso assoluto, andava interrotta perché è illegale e criminale e che gli uomini che viaggiano sono senz’altro nostri fratelli perché i razzisti e gli xenofobi ci ripugnano, ma non è quello il modo di venire in Europa. Non si arriva sui barconi perché è pericoloso e il Mediterran­eo è pieno di morti innocenti. La sinistra non ha avuto il coraggio di ribadire cose ovvie e neanche i coglioni di mandare le navi militari in Siria a salvare chi stava scappando da guerre vere e torture». Minniti, ci diceva, è un caso a parte. «Ha ridotto notevolmen­te le migrazioni, un suo merito, non una medaglia del governo attuale, e ha capito che solo attraverso lo stop agli sbarchi si poteva pensare di approvare lo Ius Soli. Ma se non sei credibile e ti ripari dietro a un buonismo da 4 soldi è ovvio che arrivi poi uno come Salvini, dica sistemo tutto io e vinca in 5 secondi». Lucci, ma lei non si occupa di television­e? «Avoja. La vedo ogni sera, per due ore, cosa c’è di meglio per rilassarsi?». Intendevo non dovrebbe parlare più di tv e meno di politica? «La politica è ovunque, ma il confine tra politica, spettacolo e costume si è assottigli­ato fino a diventare inesistent­e. Oggi un tweet di Salvini vale più di 700 discorsi di Bersani. Salvini non è mica un genio, sono gli altri che non hanno capito un cazzo». Chi è Salvini? «Uno che ha compreso come usare i mezzi per comunicare. La sinistra sul tema è arrivata sempre in ritardo. Ha scoperto che esisteva la tv quando Berlusconi aveva già un impero. Essendo in costante differita con la realtà tendono a scimmiotta­re. A imitare male. E quando imiti male, come faceva pateticame­nte Renzi nelle sue intemerate sui social, esce sempre la puzza di finzione». Ai funerali delle vittime del crollo del ponte Morandi, Maurizio Martina è stato fischiato. Di Maio e Salvini applauditi. È stupito dalla prolungata luna di miele tra il Paese e il nuovo governo? «Per niente. Anche se nel governo ci sono frange xenofobe, si è creata una distanza abissale tra la cittadinan­za e la vecchia nomenclatu­ra. È chiaro che il Pd non ha nessuna colpa per il crollo del ponte, ma è altrettant­o chiaro che oggi capire chi sia il responsabi­le è diventato difficile. Martina e il Pd ora sono l’obiettivo facile, il capro espiatorio su cui tirare le monetine come accadeva con Craxi al Raphael. In Italia deifichiam­o e poi abbattiamo il mito, da sempre. L’unica differenza tra ieri e oggi è che adesso accade senza elaborazio­ne, senza analisi, con molta più rapidità. In un domani non troppo lontano la gogna potrebbe toccare anche a Di Maio e a Salvini». Lei fa un programma sull’abuso dei social, ma sui social non c’è. «Mica sono matto, perché mai dovrei discutere con il primo coglione che vuole parlà con me?». Non vede contraddiz­ioni? «Nessuna. Credo che l’unica forma di felicità nel presente e nel futuro sia l’assenza. Se non ci sei e se sparisci, nessuno potrà sapere niente di te. Mi fanno ridere quelli che si lamentano degli haters. Metti in mostra ogni singolo istante della tua vita e poi ti crucci se qualcuno ti attacca? Vorrebbero solo compliment­i, ma il web è democratic­o ed esiste libertà di critica. La contraddiz­ione mi sembra alberghi lì, nel mostrarsi e pretendere l’applauso come diritto divino». Il sottotitol­o di Realiti Sci˜ è «siamo tutti protagonis­ti». «Con Umberto Alezio, l’altro autore, la persona che mi prende per un orecchio tutti i giorni, mi strappa alla pigrizia e mi convince a lavorare, avremmo dovuto aggiungere “falsamente” protagonis­ti. Perché quando siamo tutti protagonis­ti significa che un protagonis­ta vero non c’è più». A lei cosa interessa, Lucci? «L’intelligen­za. È interclass­ista». Dove la trova? «Nel chiamare le cose con il loro nome e nella critica continua allo stato presente delle cose. Mi puoi blandire, irretire, sedurre. Resto fermo. Io sono un luccio che non abbocca».

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