Vanity Fair (Italy)

NUTRIRE LÕAMORE

Di ricette antiche, tanta passione e un pizzico di gelosia. PerchŽ anche come papˆ Filippo La Mantia • Çproprio siculoÈ

- DI PAOLA SALTARI FOTO GIOVANNI GASTEL SERVIZIO CRISTINA LUCCHINI. HANNO COLLABORAT­O ADRIANA PINTO DE AZEVEDO E KRISTI VELIAJ. GROOMING FEDERICA BELLO.

L a prego no, non mi chieda come mi immagino il primo incontro con il fidanzato di mia figlia! Ogni tanto ci penso e vivo questo momento come un incubo. Lo ammetto: sono geloso!». Comincia così, con una risata, la nostra chiacchier­ata con «papà» Filippo La Mantia. Palermitan­o doc, classe 1960, un passato da film in cui faceva il fotoreport­er di nera, non ama definirsi chef ma «oste e cuoco», che «strimpella ai fornelli» da quando era ragazzino. Qui però, non parliamo tanto o solo della sua famosa cucina siciliana o del locale in piazza Risorgimen­to a Milano, ma del suo essere padre: di Carolina, 11 anni, campioness­a di equitazion­e dai lunghi capelli castani, che vive a Roma con la mamma Stefania Scarampi di Pruney; e del piccolo Andrea, avuto il 16 febbraio dalla compagna food blogger Chiara Maci.

È vero che lei non è il tipo di padre che cambia i pannolini ai figli?

«So che circola questa voce e voglio chiarirla. Non li cambiavo a Carolina solo perché è una femminucci­a. In questo sono proprio siculo: è una questione di rispetto, la donna va esaltata nella sua perfezione e l’intimità per me è sacra. Con Andrea è tutto più semplice».

Carolina come ha preso la nascita del fratellino?

«Nel migliore dei modi. Ricordo ancora quando, con FaceTime, ho comunicato a lei e alla mia ex moglie che Chiara era incinta. Dopo un attimo di sorpresa ho visto la gioia sui loro volti: è stato uno dei momenti più emozionant­i della mia vita, ho pianto per venti minuti».

Vorrebbe che i suoi figli seguissero le sue orme?

«Mai. Fare il cuoco è un lavoro straordina­rio ma durissimo. Ti devi immolare alla profession­e: nutrire e ricevere gli altri è un impegno costante, senza orari, e che ti espone sempre alla critica».

A casa chi cucina?

«Non io, non ci sono mai (ride). Lo faccio d’estate al mare, affitto una casa per il piacere di cucinare per la mia famiglia».

Carolina ha un piatto preferito?

«La caponata e la pasta alla norma, ma giuro che non è “colpa mia”, è il suo Dna. Le piace il rito di stare in cucina a rimescolar­e la salsa, lavare il basilico, pulire i capperi».

Organizza cene per lei e le sue amiche?

«Certo. Per la sua comunione ho messo in piedi un vero e proprio show cooking. E stato bellissimo».

Andrea porta il nome di suo padre.

«Sì, l’ho perso quando avevo solo 24 anni, me lo sono goduto poco. Quello che voglio insegnare ai miei figli è che i genitori sono sacri e te ne rendi conto spesso quando non ci sono più. Lui era un artista, un sarto con un bellissimo atelier a Palermo. Oltre a questo dipingeva e cucinava da dio. Ogni sabato mi portava con lui al mercato della Vucciria e poi si chiudeva in casa due giorni a preparare piatti incredibil­i».

Dica la verità: le dispiace sapere che i suoi figli non avranno un accento siciliano?

«Per quanto riguarda Carolina non è un problema, Andrea però “deve essere siciliano”. Per questo gli parlo tutti i giorni in palermitan­o: lo chiamo picciutted­du, totuccio, gli prendo le guanciotte e dico che sono brioscine. A qualcosa servirà!».

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