Fast cream
Trattamenti e make-up hanno mutuato dalla moda la tendenza di avere prodotti ispirati al mondo del lusso ma a prezzi contenuti. In sicurezza: nella cosmetica, la qualità è garantita per legge
CChiedersi che cosa ci sia dentro il vasetto di una crema viso da cinque euro è legittimo, e può succedere tutte le volte che ci si trova davanti allo scaffale per la cura della persona in uno store della grande distribuzione. Dai primi anni Duemila, l’heavy rotation, l’abbondanza dell’offerta, ha condizionato i meccanismi della moda con la nascita della fast fashion, e ora anche il mondo della cosmetica, che si sta popolando di prodotti smart budget. Il primo a sperimentare la velocità del mercato è stato il make-up, per la gioia di teen e millennials. Il fenomeno si è poi esteso anche allo skincare, il che di per sé non è un male, al netto di alcuni dubbi da sciogliere. Quando si parla di pelle, la questione si fa più delicata: è importante sapere che ai cosmetici non vengono fatti sconti. «Il solo fatto di trovarlo sullo scaffale di un supermercato indica già che un prodotto è sicuro, perché risponde agli obblighi di legge. Il primo è quello di avere ingredienti appartenenti a un registro apposito, quello cosmetico, che riguarda i principi attivi formulati per restare in superficie. Quelli che invece sono pensati per arrivare al derma – per caratteristica molecolare o per la loro concentrazione – sono iscritti nel registro farmaceutico», spiega Sergio Noviello, chirurgo e medico estetico, direttore della clinica Milano Estetica. Ma c’è molto di più da sapere. «Alla base di un prodotto accessibile c’è un compromesso tra qualità e prezzo. Il che vuol dire che in quella formula è presente almeno una quantità funzionale di attivi, ovvero quella minima definita per legge perché sulla confezione si possa scrivere un claim come “antiage” o
ATTIVI DELUXE Tra gli ingredienti più costosi degli antiage ci sono il tocoferolo, il pantenolo, gli alfaidrossiacidi, il collagene e il coenzima Q10.
“antiocchiaie”. A fare la differenza sul costo finale incide poi la concentrazione degli attivi: più è alta, più il prezzo lievita», spiega Valeria Fabbroni, direttore commerciale food e responsabile reparto cura della persona Coop. «La forza dei prodotti smart budget sta nell’economia di scala, ovvero nella possibilità di lavorare su grandi volumi ottimizzando i processi di produzione. La formula deve rispettare gli standard di legge, quindi per chi si domanda se siano anche sicuri la risposta è sì», dice Fabbroni. Alcune voci che incidono sul prezzo non sono immediatamente chiare al consumatore, ma sono determinanti. «La scelta dei fornitori può fare la differenza e soprattutto il packaging, che incide per il 20% del costo finale. Per esempio, un vasetto costa meno di un flacone con erogatore. Un contenitore di plastica è più economico di uno di vetro. Aggiungere una fragranza naturale o sintetica può cambiare la cifra sullo scontrino. Non solo, per abbattere il prezzo si può rinunciare al bugiardino, a una scatola con lavorazioni particolari o al cellophane. E non dimentichiamo che tutto questo ha un impatto ambientale», dice Fabbroni. Bisogna poi ricordare che rispetto ai marchi deluxe, quelli più economici non prevedono il compenso del brand ambassador, variabile non trascurabile. «Va detto però che le private label hanno il ruolo di innovatori, in quanto sostengono ingenti investimenti in brevetti che inevitabilmente si traducono nella maggiorazione del prezzo finale del prodotto. Senza contare che spesso le loro formule contengono alte concentrazioni di attivi, ingredienti esotici o molecole preziose», dice Fabbroni. Questo non vuol dire tuttavia che prodotti meno blasonati non abbiano i loro plus. «La linea Vivi Verde Coop, per esempio, è certificata Natrue, uno degli enti più rigorosi per quanto riguarda il controllo della provenienza degli ingredienti dei prodotti naturali bio», dice Fabbroni. E l’enigma del consumatore è così dissolto: mai confondere il prezzo con il valore.