Lo store geniale
Due boutique temporanee a Tokyo e New York e una cinquantina di pop up shop in tutto il mondo segnano la rivoluzione di un marchio che da anni spopola con i piumini. E che oggi esplora nuove strade con otto creativi pronti a dare la loro visione del brand
Cerano una volta le sfilate di moda, dove scoprire le collezioni che sarebbero poi comparse in boutique sei mesi dopo. Poi sono arrivati il democratico terremoto fast fashion e le esclusive edizioni limitate con le maison che architettavano collaborazioni one shot con questo o quel creativo. Grosso modo ecco ciò che è avvenuto negli ultimi venticinque anni di moda. Un mondo che forse oggi si appresta a vivere una rivoluzione con il progetto Moncler Genius per mano di uno schivo signore comasco, Remo Ruffini. Per l’organigramma aziendale è il presidente e amministratore delegato di Moncler. Per una qualsiasi enciclopedia fashion passerà alla storia come l’uomo che ha trasformato i piumini da montagna in un perfetto indumento da città. Dopo aver acquisito nel 2003 il marchio francese specializzato in abbigliamento d’alta quota, Ruffini lo ha reinventato rendendo prima accettabile e poi molto desiderabile un capospalla imbottito per un appuntamento di lavoro, un giro di shopping in centro, una serata all’opera. Ha lanciato la quasi couture di Moncler Gamme Rouge, disegnata da Giambattista Valli per la donna, e Gamme Bleu, corrispettivo al maschile firmato Thom Browne. E quando altri imprenditori si sarebbero giustamente goduti un fatturato
che supera il miliardo di euro, ha resettato tutto, creando Moncler Genius. Addio stagionalità tradizionali, goodbye sfilate canoniche, sayonara alla comunicazione che punta i riflettori su un’unica modalità di racconto. L’universo Genius è la nuova interpretazione del prodotto per arrivare a parlare in modo il più possibile coerente con persone diverse per età, cultura, interessi e passioni. Nel febbraio scorso, la fashion people è stata invitata a Milano in una simbolica casa dove otto creativi, tutti con background molto differenti, hanno svelato la loro personale visione del marchio. Pierpaolo Piccioli (sì, proprio lui, il direttore creativo di Valentino), Simone Rocha, Craig Green, Karl Templer, Sandro Mandrino, Kei Ninomiya, Hiroshi Fujiwara e Francesco Ragazzi (l’anima di Palm Angels) hanno elaborato dei modelli che, a partire dallo scorso giugno con Fujiwara, si stanno alternando negli store, un mese per ciascuno, al fianco della linea main. Ottobre però diventa strategico, non solo per l’arrivo in boutique degli attesissimi capi disegnati da Piccioli. Ma anche perché in tutto il mondo hanno preso vita una cinquantina di pop up store dedicati all’interno dei monomarca o presso alcuni top retailer multimarca. E soprattutto hanno aperto The House of Genius, ovvero due building temporanei attivi fino a fine anno a Tokyo, nel quartiere di Aoyama, e New York, in Spring Street a Soho. «Volevamo che tutti potessero sperimentare quanto avevamo proposto agli addetti ai lavori con il debutto di questo progetto», spiega Ruffini, «così nelle due House of Genius abbiamo ricreato il setting che aveva accompagnato ogni collezione durante il lancio. Ci siamo messi in discussione, perché ci siamo resi conto che il mondo stava cambiando. L’intento è quello di restare vicini al pubblico, e per farlo oggi bisogna offrire nuovi stimoli, ampliare la propria community, modificare la cultura aziendale. Il risultato sono le otto collezioni che si susseguono nelle boutique. Ma anche questo approccio curatoriale allo shopping, cioè la nostra interpretazione di un concept store». Le House of Genius vanno al di là del puro spazio di vendita, diventano luoghi interattivi dove lasciarsi pervadere dall’esprit du temps secondo Moncler. Certo solo lì (e in scala ridotta nei pop up, tra cui quello di via Montenapoleone a Milano) si possono trovare tutti i primi otto capitoli di una storia destinata a proseguire nel tempo. In più ci sono prodotti in edizione limitata che ogni designer ha pensato per completare il proprio racconto, come il vinile voluto da Piccioli con musiche del due volte premio Oscar Alexandre Desplat, i bijoux romantici di Simone Rocha, le scarpe very brit realizzate da Grenson per Craig Green. E ancora The Yellow, una collezione inedita giocata sui toni del giallo e del nero, i colori del mondo Genius, con T-shirt, berretti, matite, un gilet e custodie per i computer portatili in piumino, una cover per gli smartphone. «Vogliamo dare emozioni, e l’unico modo per riuscirci è dare tanto. Vendere non basta più, devi imprimere un senso a ciò che proponi», aggiunge Ruffini. «Dopo tanti successi, avevo la sensazione che stessimo un po’ invecchiando, dovevamo fare qualcosa. Con The House of Genius e con i pop up invitiamo il pubblico a scoprire come siamo cambiati. Vogliamo parlare a più persone possibili, perché l’esclusività annoia, e proponiamo stili differenti, per soddisfare interessi differenti. Solo una cosa resta uguale, la qualità».
«Le House of Genius vanno al di là dello spazio di vendita, sono luoghi interattivi»