DIVENTERÒ GRANDE
La lista è lunga. Si parte con il film Outlaw King - Il re fuorilegge, che arriva su Netflix il 9 novembre, sulla storia di Roberto I di Scozia (interpretato da Chris Pine). Seguono la serie tv La tamburina, in streaming la prossima primavera su Starz, un altro film, Fighting with My Family, al cinema in Gran Bretagna a marzo. E ancora il nuovo horror di Ari Aster, il regista di Hereditary, già annunciato per l’estate 2019 in America e Piccole donne di Greta Gerwig, in lavorazione in queste settimane con un cast pieno zeppo di star, da Timothée Chalamet a Meryl Streep, da Saoirse Ronan a Emma Watson. «Tutti continuano a chiedermi come stia vivendo questo momento: “La tua carriera sta esplodendo!”. È possibile che nei prossimi mesi me ne renda conto. E lo spero anche. Ma, come attrice, non aspiro ad avere una faccia riconoscibile, voglio che il pubblico sullo schermo veda il personaggio, non me. Per ora quello che conta è che sto imparando tanto. Ho bisogno di fare esperienze, voglio assolutamente viaggiare. Insomma, so di dover crescere, maturare». Florence Pugh parla con un tono denso, quasi mascolino. Una voce che stride con il suo corpo, piccolo e morbido, e con un viso dai lineamenti ancora adolescenziali. A 22 anni, e soli quattro di carriera, è improvvisamente diventata l’attrice che tutti vogliono, parte del gruppo che il Guardian ha definito «Gen Z’s Brat Pack», insieme, fra gli altri, a Chalamet, suo coetaneo e anche amico. «A scuola sono sempre stata la ragazza che voleva una parte in tutte le recite, pronta a saltare su un palco ogni volta che me ne davano la possibilità». Eppure, racconta, i suoi insegnanti non vedevano per lei un futuro da attrice. «Invece, ho girato il mio primo film durante l’ultimo anno delle superiori. Per me è stato molto triste vedere che i miei professori non mi sostenevano. La scuola dovrebbe incoraggiare i ragazzi a fare ciò per cui si sentono portati, alimentare le loro passioni, invece di spegnerle. Meno male che i miei genitori mi hanno sempre supportato, erano d’accordo con me sul fatto che andare all’università non fosse necessario, non ero portata per gli studi». Non è stata la sua unica esperienza negativa. Ancora più orribile è stato il primo impatto con Hollywood, quando aveva 19 anni. «L’industria del cinema ha due facce: da un lato ci sono i grandi film, le star, dall’altro c’è l’ossessione per la bellezza, la forma fisica. Ero andata lì per un progetto che, me ne sono resa conto dopo, non c’entrava niente con me. Ero giovane, inesperta e diciamo che ho ricevuto “il trattamento Hollywood” in tutto e per tutto. All’inizio la cosa mi ha spaventata: “È davvero il posto dove voglio lavorare?”. Mi sono persino chiesta se fare l’attrice fosse la scelta giusta». Nel frattempo, però, lei è cresciuta e anche Hollywood è cambiata. «Credo sia un momento felice per noi giovani attori. C’è voglia di cambiare, tante porte che prima erano chiuse si sono aperte».