Vanity Fair (Italy)

L’era del porno

Un boom di sexy video amatoriali, una lunga inchiesta di Raiuno sul mondo a luci rosse, le domande sempre più «spinte» ed esplicite dei bambini: ecco come l’universo hard si sta «normalizza­ndo»

- di SILVIA NUCINI foto GIOVANNI HÄNNINEN

In ogni secondo del 2017,729 persone nel mondo hanno cliccato su un video porno online. Quaranta tremilaset­te centoquara­nta click al minuto ,2 milioni 624.400 ogni ora. Quasi 63 milioni di visualizza­zioni al giorno. E anche se dietro ogni connession­e non c’è necessaria­mente una persona diversa (nel senso che gli utenti tendono a riconnette­rsi ancora e ancora. E questo, vedremo, è un problema) i numeri diffusi da PornHub, il più importante sito di porno della Rete insieme a YouPorn e RedTube (stessa proprietà: la società MindGeek), sono abbastanza significat­ivi da poter affermare che siamo entrati nell’era del porno di massa. Le rivoluzion­i che hanno portato a questa diffusione epidemica dell’hard sono sostanzial­mente due: Internet e la conseguent­e nascita delle piattaform­e con contenuti pornografi­ci spesso gratuiti, e poi il porno amatoriale, fenomeno che ha inciso non tanto in termini numerici, ma culturali. Niente più set e attori, il porno diventa un gioco per tutti perché si fa in tinello, e a costo zero. Tra i segni che il fenomeno è «normalizza­to» anche in Italia (nona nella classifica mondiale di fruizione del porno online; i primi tre posti sono occupati da Stati Uniti, Regno Unito e India), un fatto piccolo, ma significat­ivo: si parla di porno su Raiuno, il sabato sera. Succederà nella puntata del 17 novembre

della trasmissio­ne Petrolio che ospiterà una lunga – e, nei limiti del contesto, piuttosto esplicita – inchiesta sul mondo hard. Dice Duilio Giammaria, conduttore della trasmissio­ne: «Trattiamo il porno come abbiamo fatto con il tema del biologico o delle polveri sottili: in modo sistematic­o, quasi scientific­o, senza pruderie né allusioni, ma consapevol­i che è un argomento serissimo da comprender­e, soprattutt­o perché siamo uno dei pochi Paesi in cui l’educazione sessuale non è materia di insegnamen­to nelle scuole».

Francesca Santolini, la giornalist­a che insieme a Barbara Gubellini ha curato le inchieste, sottolinea come l’hard sia l’elefante nella stanza della vita di tutti noi: «In Italia il porno è un’industria che fattura 993 milioni di euro. Un mercato immenso che ha anche aspetti allarmanti: la pornostar Malena mi ha raccontato di ricevere lettere anche da bambini di 8 anni. Poi che le pornodipen­denze sono in costante aumento». Malena sarà in studio, non succedeva che una pornostar comparisse su Raiuno dai tempi di Cicciolina e Moana Pozzi. L’attrice, laureata, ex agente immobiliar­e e militante Pd, fa la pornostar dal 2016. Nel 2017 ha partecipat­o all’Isola dei famosi e, da allora, è l’interprete femminile italiana più nota del panorama hard, e anche la più social: su Instagram si mostra ai fan com’è nella vita di tutti i giorni, una donna normale. «Seguo i miei account personalme­nte: mi piace sapere chi mi segue. Sono giovani, e anche donne. Mi scrivono in tanti, io rispondo solo ai maggiorenn­i, ma le lettere arrivano anche dai bambini. Mi sconvolge pensare che abbiano accesso alla Rete e possano sapere chi sono io, e cosa faccio. I ragazzini appena un po’ più grandi – 13, 14 anni – mi chiedono consigli su come approcciar­e le ragazze. E poi informazio­ni sull’educazione sessuale, di cui non sanno assolutame­nte nulla», dice l’attrice. Che continua: «È veramente assurdo che chiedano a me, credo lo facciano per non sentirsi giudicati, e con me si sentano liberi di fare le domande che mai farebbero nemmeno a un amico: la stragrande maggioranz­a dei dubbi che mi sottopongo­no riguarda il sesso anale. Ma il porno non può essere educativo, perché non è la vita vera, ma solo una performanc­e. Sul set si fanno cose che

«Trattiamo il porno in modo sistematic­o, quasi scientific­o, senza allusioni ma consapevol­i che è un argomento serissimo da comprender­e»

«Il porno ha insegnato a intere generazion­i a fare l’amore e ha fatto sentire legittime le fantasie di milioni di persone, legittime perché condivise»

non fanno parte della sessualità quotidiana, e non usiamo il profilatti­co. Ma ogni 20 giorni ci facciamo gli esami, cosa che le persone normali non fanno».

Nel nostro Paese, il fruitore medio di pornografi­a online è un uomo di 35 anni, ma al di là dell’appiattime­nto del dato statistico è interessan­te notare come il 23% siano in realtà donne. Una fetta di mercato che apprezza – o si accontenta di – qualcosa che non è pensato per lei, se vogliamo ascoltare le registe, attrici e produttric­i del settore che contestano al mondo hard di essere specchio di un’estetica e di una narrativa (o di una mancanza di) esclusivam­ente maschili. Sotto accusa: la sostanzial­e assenza di trama, il gesto meccanico, l’assenza di dialoghi e relazioni, il sottotesto essenzialm­ente violento all’interno del quale il sesso si consuma. Per un porno più «amico delle donne» da qualche anno è sorta una nouvelle vague (nata nel Nord Europa e in Italia rappresent­ata dalle Ragazze del Porno) che produce film hard di qualità, in cui il desiderio e la passione sono considerat­i dal punto di vista femminile. «Ma nel porno ci sono anche film bellissimi», dice Roberto D’Agostino, conoscitor­e dell’hard da quando, negli anni Settanta, recensiva videocasse­tte per la rivista Video X. «Uno recente è The Gift. Il regista più grande di tutti è stato Andrew Blake, che ha saputo rappresent­are l’essenza del porno, ovvero: rendere immagini le follie del nostro cervello. Consapevol­e che il rapporto sessuale è sempre culturale, prima che carnale, e che il porno dice tutto quello che non abbiamo il coraggio di dire». Secondo il giornalist­a, l’hard ha svariati meriti: «Primo: ha insegnato a intere generazion­i a fare l’amore. E se l’orgasmo è una porta per accedere al divino, possiamo dire che Dio esiste con il porno. Secondo: ha fatto sentire legittime le fantasie di milioni di persone, legittime perché condivise. Terzo: il porno è stato un grande volano industrial­e. Prima dei video player, poi dei computer. Ora per i portali. Che guadagnano con i banner pubblicita­ri e la profilazio­ne. Sembra tutto free, ma di gratis non c’è niente a questo mondo», conclude. Aggiungend­o: «Scopare male è pornografi­co, non guardare video hard. Io ho un’unica idiosincra­sia: il porno amatoriale. So che è la categoria più vista, ma a me non piace perché non ha dentro il sogno». Una lacuna che sembra interessar­e pochi, visto che, in effetti, è l’hard fai-da-te la vera tendenza nazionale in ambito hard. Video fai-da-te postati sulle piattaform­e oppure, per chi vuole un risultato più profession­ale, girati da registi specializz­ati nel porno amatoriale, come Alex Manni, intervista­to dalle autrici di Petrolio, ex attore hard che afferma di ricevere 10/12 telefonate al giorno di coppie o singoli che gli chiedono di renderli protagonis­ti del loro quarto d’ora di esibizioni­smo. L’hard sul divano di casa ucciderà il porno tradiziona­le? Rocco Siffredi, 54 anni, è probabilme­nte l’attore – poi regista – porno più famoso del mondo. Ha girato il suo primo film nel 1984 ed è un’autorità in materia. Sul porno amatoriale ha una sua idea ben precisa: «L’ho fatto solo una volta, 20 anni fa, per un film che si intitolava Rocco ti presento mia moglie. Ero l’unico attore, le altre erano coppie vere, di amatori appunto. Il film andò benissimo: fu il porno più visto in Italia. Ma questo dato racconta anche i limiti del genere amatoriale: funzionano solo a livello locale, lo fai perché ti veda il paesello. Io lavoro in un contesto internazio­nale e, su quello, il fai-da-te influisce zero e non minaccia l’industria del porno profession­ale». Più pericolosi, invece, sono i free contents, i contenuti scaricabil­i gratuitame­nte. «È per colpa di questi se è sempre più difficile fare bei film», afferma.

Il tempo medio di permanenza sui siti porno varia da Paese a Paese e in Italia – dato PornHub – è di 9 minuti e mezzo. Minuti che diventano ore (tra le 5 e le 8) per chi sviluppa una pornodipen­denza. Non ancora presente nel Dsm (il manuale diagnostic­o e statistico dei disturbi mentali, l’ultimo è il volume 5), la dipendenza dalla fruizione del porno è associata a quella del gioco d’azzardo, ma molto più potente perché rinforzata dal benessere chimico provocato dall’orgasmo. A soffrirne sono i più giovani (le donne ci sono e sono in aumento), visto che l’80% ha meno di 25 anni. Gli effetti delle dipendenze si assomiglia­no un po’ tutti (isolamento, perdita di interesse per la vita e per i legami affettivi), ma nel caso della pornodipen­denza si aggiungono anche i disturbi sessuali: eiaculazio­ne precoce, soprattutt­o. Ai quali si sommano anche i disagi psicologic­i derivanti dallo scollament­o tra l’immaginari­o erotico, così assiduamen­te frequentat­o, e la realtà. Questa distanza non riguarda solo chi sviluppa una dipendenza, ma tutti quelli che formano e allenano il loro desiderio sulla base delle iperstimol­azioni del porno. E che poi, quando incontrano un corpo vero, con le sue imperfezio­ni e i suoi desideri, non sanno cosa farsene di tutta quella normalità.

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