LA MIA LEGA SARÀ PIÙ ROMANTICA
— Io scelgo l’irresistibile romanticismo che il calcio porta con sé, ma anche una buona dose di pragmatismo: così vorrei la nuova Lega Pro
Sono un’appassionata di calcio, cresciuta con un nonno che ha lavorato nella Roma come accompagnatore della squadra e che mi ha trasferito questa passione come sua unica eredità: negli anni ’50, infatti, la sua attività andò fallita perché invece di vendere elettrodomestici, li regalava ai giocatori come premio partita… Erano altri tempi, gli stipendi dei giocatori bastavano appena ad avere una vita agiata, era un altro calcio, io non ero ancora nata e mio nonno già sognava un nipote calciatore. Poi, a dodici anni, ho scoperto di avere più talento per il mestiere dell’attrice e così ho iniziato a lavorare. So che mi ha perdonata ma so anche che oggi parte della felicità che sento per questo incarico devo condividerla con lui. Entro in Lega Pro come vicepresidente, con la voglia di definire presto quale sarà il mio ruolo in campo nella Lega dei Comuni d’Italia: un format da 59 squadre in 3 gironi, migliaia di professionisti, otto milioni di tifosi da nord a sud, con tutte le diversità culturali che compongono il nostro Paese e lo rendono il più bello del mondo. Quello di cui ho intenzione di occuparmi maggiormente è il rapporto con il mondo della scuola, affinché ai giocatori sia consentito studiare, senza che perdano l’anno o lascino gli studi. Credo che lo sport debba essere sempre compagno di viaggio della propria formazione, e il dedicarsi a un’attività professionistica non deve significare portare con sé lacune culturali o formative. Visto che la Lega Pro ha tra i suoi principali obiettivi quello di abbassare l’età media dei club, allo scopo di diventare un vero e proprio vivaio delle serie maggiori, investire sull’istruzione diventa un imperativo non solo per agevolare un futuro a chi sarà un professionista di questo sport ma, soprattutto, per fare del calcio uno strumento formativo capace di migliorare la qualità umana anche di chi, non diventando calciatore professionista, si cimenterà in altre attività. La pedagogia del calcio mio nonno la sintetizzava così: le persone le capisci dal modo in cui si muovono in campo. Ma con una giusta formazione calcistica, correggendo i difetti di gioco si possono correggere limiti caratteriali ed evolvere in modo molto concreto la personalità dell’essere umano che è dentro ogni atleta. Ecco, questo mi piace del calcio: come tutti gli sport è una metafora straordinaria della vita, ma più degli altri riesce a incarnare grandi valori dentro una straordinaria e contraddittoria complessità. Il calcio è un bambino che gioca con un barattolo in strada, è un padre che cerca una scusa per avere un dialogo col figlio, gli compra un pallone, lo porta allo stadio, gli trasferisce la passione per una squadra che in fondo non gli apparterrà mai veramente perché appartiene a tutti. Il calcio però è anche un luogo dove girano tanti soldi e tanta energia umana e quindi è inevitabile che si creino anche dinamiche torbide, come quelle che di tanto in tanto ci capita di scoperchiare. Ma la verità è che forse il calcio è lo sport più bello del mondo anche per questo, perché ci obbliga a fare i conti con tutto, con il bene, con il male, con la miseria e la nobiltà, e in ogni istante ci chiede di decidere che nome dare al gioco del calcio… Personalmente io scelgo, in ogni momento, l’irresistibile romanticismo che il calcio porta con sé e non perché sono una donna, raramente un uomo sa essere cinico come lo sa essere una donna. Io scelgo di essere romantica, romantica ma pragmatica perché non è concessa alcuna forma di vero romanticismo senza una buona dose di pragmatismo, ed è così che vorrei che fosse il nuovo corso della Lega Pro: una lega che diventerà sempre più grande grazie al nostro romanticismo pragmatico.