Vanity Fair (Italy)

in 5 domande

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1 Ci racconta la sua vita in breve?

«Famiglia di cantanti lirici: padre tenore, madre soprano. Ho studiato Scienze politiche con l’idea di fare la carriera diplomatic­a o di diventare giornalist­a. Ho vissuto tre anni a Londra. Sono stata sposata, mi sono separata, ho una figlia di 13 anni».

2 Come ha cominciato a lavorare nel cinema?

«Ho iniziato come segretaria di produzione per Il talento di Mr. Ripley di Anthony Minghella. Ho anche fatto l’assistente di attori, come Russell Crowe e Stanley Tucci, simpaticis­simo. Mi diceva: “Ma perché fai questo lavoro?”. “Per imparare”. E lui: “Allora, iniziamo, scegliendo un buon vino”. Abbiamo mangiato e bevuto tutto il tempo».

3 Qual è la storia di Fiore gemello?

«Non è una storia sull’immigrazio­ne, è una storia che ha per protagonis­ta un immigrato. È l’incontro fra due ragazzi in Sardegna: lui è un clandestin­o, lei la figlia di un trafficant­e».

4 Dove ha trovato i due giovani protagonis­ti?

«Facendo street casting, ho fatto audizioni a ragazzi nei centri di accoglienz­a. Mi hanno raccontato storie terribili. Kalill Kone ha camminato dalla Costa d’Avorio fino alla Libia. Anastasyia Bogach, invece, è figlia di ucraini che sono arrivati in Italia con una roulotte».

5 Qual è il motto che ispira la sua vita?

«“Consideran­do l’apertura alare e la frequenza del battito delle ali rapportate al peso, è scientific­amente provato che un coleottero non può volare. Ma lui non lo sa e vola lo stesso”. Io sono così: chi avrebbe mai detto che sarei riuscita a fare quello che ho fatto?».

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