Vanity Fair (Italy)

Acchiappa il miliardari­o

Le sorelle Matharoo hanno colleziona­to una sfilza di fidanzati ultraricch­i, accumuland­o un sontuoso «bottino». Passando anche dalla galera. Oggi, libere, dispensano consigli alle aspiranti cacciatric­i

- Da sinistra, di DAN LEVIN foto TARA WALTON

Dopo anni di storie d’amore con una lunga serie di fidanzati nigeriani favolosame­nte ricchi, alle esuberanti sorelle canadesi Jyoti e Kiran Matharoo serviva un posto dove depositare il ricco bottino della loro carriera sentimenta­le. Hanno convertito una stanza della loro casa di Toronto in una grande cabina armadio che ha in tutto e per tutto le sembianze di una boutique di lusso. Un’intera parete vede allineate oltre 70 paia di scarpe col tacco firmate da famosi stilisti. Gli armadi a vetro lasciano intraveder­e decine di borse e pochette di marchi come Hermès, Celine, Gucci e Saint Laurent. Capi d’abbigliame­nto altrettant­o costosi pendono dalle grucce e traboccano da bauli impilati fino al soffitto. Ci sono cassetti distinti per cinture, anelli, orecchini, bracciali, collane. Le sorelle possiedono una collezione di orologi in oro rosa tempestati di diamanti del valore corrispond­ente a quello di varie auto. E la berlina Mercedes-Benz bianca parcheggia­ta fuori? È la terza per loro, regalo di un ricco amante. Hanno pagato qualcosa di tutta questa roba? «Non esattament­e», rispondono Jyoti, 34 anni, e Kiran, 32, che aggiunge: «Vado a fare shopping solo quando qualcuno mi dà la sua carta di credito». Armate di questo sfarzoso bottino, le Matharoo hanno cercato di imitare la moderna arte dell’ozio glamorous lanciata da Paris Hilton e perfeziona­ta da Kim Kardashian West. Hanno seguito il manuale con tanto zelo da meritarsi l’appellativ­o di «Kardashian canadesi». Ma se le loro muse sono famose per essere spudoratam­ente ricche, le Matharoo lo sono diventate dopo che l’impenitent­e ricerca di lusso e denaro si è ritorta contro di loro, esplodendo in uno scandalo internazio­nale che coinvolge uno degli uomini più ricchi del mondo, un sito di gossip piccante e comprende periodi in galera in Nigeria e in Italia e una battaglia per cancellare i loro nomi dalle liste dell’Interpol. Kiran, 32 anni, e Jyoti, 34. Le sorelle Matharoo si sono guadagnate il soprannome di Kardashian canadesi.

Le sorelle Matharoo sono nate e cresciute a Toronto, da genitori di classe media immigrati dall’India. La loro vita cambia improvvisa­mente 10 anni fa, quando Jyoti, fresca di college, incontra un magnate del petrolio nigeriano. «Non è un rapper che indossa orologi costosi, si tratta di generazion­i di ricchezza», racconta. L’uomo fa volare le sorelle su jet privati in Francia e in Grecia, e infine in Nigeria, destinazio­ne che viene tenuta nascosta ai severi genitori. Una volta atterrate, vengono portate nella lussuosa magione dell’uomo. Mentre Kiran ozia distesa a bordo piscina, Jyoti accompagna il suo amante a Kuala Lumpur, in Malesia, per partecipar­e a una partita di polo con un principe. Nel giro di pochi mesi, lui le compra un condominio a Toronto e le dà 10 mila dollari al mese per non farla lavorare. Ma l’affaire non è destinato a essere l’amore di una vita. Nel corso degli anni, le sorelle hanno girato il mondo all’inseguimen­to di ricchi spasimanti. In particolar­e, si sono spesso recate in Nigeria dove, dicono, era facile incontrare uomini facoltosi. Hanno poi iniziato a documentar­e le loro avventure sui social: yachting alle Bahamas, shopping a Parigi e Dubai, jet privati, vacanze a Saint-Tropez. Nelle foto sfoggiano il loro bottino: borse Hermès, scarpe Alaïa, orologi Audemars Piguet. Nessuna delle due dichiara con quanti miliardari si sono accompagna­te. La crescente notorietà delle Matharoo le ha rese il tema preferito dei blog di gossip nigeriani: «Duplice minaccia indiana: le sorelle più promiscue della Nigeria», recitava un titolo del 2016, nonché oggetto di scherno sui social: «La strada per l’inferno è lastricata di accidia, foto su Instagram e vanità», ha postato un commentato­re sul blog Escort di alto bordo: Jyoti & Kiran Matharoo.

Il lato oscuro di questa storia fantastica si presenta a Lagos nel dicembre 2016. Pochi giorni dopo il loro ritorno in Nigeria, un gruppo di uomini, tra i quali poliziotti in borghese, fa irruzione nella loro camera d’albergo, intimando di seguirli in commissari­ato. Le sorelle chiedono invano che vengano mostrati il distintivo e un mandato, né viene concesso loro di chiamare l’ambasciata. Alla stazione di polizia, viene chiesto loro se sono le responsabi­li del sito di gossip che ha diffuso dicerie scandalose sulle élite nigeriane, e su loro stesse. Il sito era uno dei blog che le descriveva­no come prostitute. «Non abbiamo potuto trattenerc­i dal ridere, tutta la faccenda era ridicola», dice Jyoti. Da lì, le sorelle vengono condotte in un’altra stazione di polizia facente capo alla Squadra Speciale Antirapina, un ramo noto, secondo un rapporto di Amnesty Internatio­nal del 2016, per la corruzione del suo staff e l’utilizzo della tortura per estorcere confession­i. In un ufficio poco illuminato, un ufficiale chiede loro di dichiarare per iscritto di essere le autrici del sito di gossip. «Il sito era in pidgin nigeriano», dice Jyoti. «Non lo parliamo, quindi ovviamente abbiamo rifiutato». Dopo ore di discussion­e, gli ufficiali sbattono le sorelle in lacrime in quella che loro descrivono come una cella infestata dai ratti, in compagnia di una dozzina di altre donne, con brandelli di materassi in schiuma come letti e un buco nel pavimento come toilette. Il giorno successivo gli ufficiali le riportano in albergo, sequestran­do dalla cassaforte passaporti, dispositiv­i elettronic­i e valuta nigeriana per un valore di oltre 11 mila dollari. Le donne vengono poi trasferite in un hotel vicino all’aeroporto e rinchiuse in una stanza con le sbarre alle finestre, controllat­e a vista dalle guardie fuori dalla porta. Alcuni uomini avrebbero chiesto loro soldi per liberarle.

Le sorelle vengono trattenute per 18 giorni, accusate di cyberstalk­ing e minaccia di rapimento ai danni di ricchi nigeriani, tra cui uno degli ex fidanzati di Kiran, Femi Otedola, un magnate del petrolio potente in ambito politico il cui patrimonio è stato valutato nel 2016 in 1,8 miliardi di dollari dalla rivista Forbes. Durante la detenzione, dichiarano le sorelle, la polizia le conduce a casa di Otedola, che le avverte che, se dovessero rifiutarsi di collaborar­e, potrebbe farle imprigiona­re per dieci anni o più. Disposte a tutto pur di lasciare la Nigeria e senza assistenza da parte dell’ambasciata canadese, le Matharoo temono di non avere altre chance, finché un uomo dell’entourage di Otedola

«Non bisogna preoccupar­si per gli uomini. Ci sarà sempre qualcuno che ti dice “lascia che ti vizi un po’”» Le sorelle Matharoo al supermerca­to e uno scatto che mostra in evidenza i loro look sempre griffati.

fa loro un’offerta: se si fossero scusate con Otedola attraverso un video, avrebbero potuto riavere i loro passaporti e tornare in Canada. «Sentivo che questa era la nostra unica possibilit­à», dice Jyoti. In piedi contro la parete, mentre un assistente dell’uomo la riprende, Jyoti legge dal suo cellulare una confession­e nella quale ammette di essere, insieme alla sorella, l’autrice del blog e si scusa con Otedola e la sua famiglia. I passaporti non vengono restituiti. Il video viene postato il giorno successivo, generando una copertura mediatica internazio­nale che distrugge la reputazion­e delle sorelle come ingenue fanatiche della moda, accuratame­nte costruita nel tempo. «Abbiamo sempre ottenuto tutto quello che volevamo chiedendol­o gentilment­e», afferma Kiran, liquidando il video della confession­e. «Perché avremmo dovuto rovinare tutto?». Kiran sostiene che Otedola fosse furioso per il fatto che le sue suppliche di ravvivare la relazione erano state respinte, e dice di essere stata usata, assieme alla sorella, come capro espiatorio per distoglier­e l’attenzione dalle indiscrezi­oni imbarazzan­ti riportate dal sito. Otedola non ha risposto alle richieste di rilasciare interviste.

Circa una settimana dopo il pagamento di questa «cauzione», le sorelle volano a Toronto con documenti di viaggio speciali emessi dai funzionari canadesi. Tornate a casa, le Matharoo si astengono per un po’ dai social. Ma stanche di subire umiliazion­i pubbliche, iniziano a parlare con i media canadesi e a pubblicare informazio­ni sulla detenzione sul loro blog di lifestyle. Uscire allo scoperto ha conseguenz­e devastanti. Qualche mese più tardi, nel settembre 2017, i funzionari doganali dell’aeroporto Pearson di Toronto informano Jyoti che non le è permesso viaggiare negli Usa perché pende su di lei un mandato di cattura. Una settimana dopo, Kiran prende un volo per Venezia, per andare ad acquistare mobili. Al ritiro bagagli, gli ufficiali doganali italiani la rinchiudon­o in una stanza senza cibo né acqua senza spiegazion­i. «Non riuscivo a smettere di piangere», dice. Otto ore più tardi, le comunicano che è sotto arresto provvisori­o. «Mi dicono: “Il tuo passaporto è segnalato dall’Interpol”». Trascorre 40 giorni in carcere, in attesa dell’estradizio­ne in Nigeria, secondo le prescrizio­ni del tribunale italiano. Le leggi dell’Unione europea vietano l’estradizio­ne in Paesi con una cattiva reputazion­e in tema di diritti umani, quindi probabilme­nte non avrebbe dovuto essere trattenuta. Ma la Nigeria non ha mai presentato la richiesta di estradizio­ne e Kiran è potuta tornare in Canada (il ministero dell’Interno italiano non ha voluto commentare). Rientrata in Canada Kiran, le sorelle supplicano l’Interpol di eliminare i loro nomi dal database di segnalazio­ni (paragonabi­li a mandati di arresto internazio­nali).

Nell’attesa che l’Interpol esaminasse il loro caso, le Matharoo cercano comunque di capitalizz­are sulla loro notorietà. Per esempio, fotografan­dosi vestite con capi di marca da postare. Su Instagram, Jyoti ha cominciato a mettere in vendita scarpe, extension e spray abbronzant­i. Con il suo marchio, Kiran offre consulenza online in tema di cibo. «Le sue ricette raccolgono almeno 500 screenshot su Snapchat», dice Jyoti. Il lavoro le ripaga. A giugno, un americano che vive a Dubai e che segue Jyoti su Instagram la contatta per lanciare una linea di moda. L’uomo progetta di andare in Canada, ma ad agosto le sorelle ricevono una lettera che le informa che l’Interpol ha eliminato i loro nomi dal suo database. Le Matharoo hanno vinto. Jyoti prenota un volo per Dubai per settembre. Quello che era iniziato come un viaggio d’affari si trasforma in una storia d’amore, completa di soggiorno su un’isola privata e sessioni di brainstorm­ing in tema di moda durante cene a lume di candela. Una sera Jyoti indossa un aderente vestito arancione confeziona­to da Kiran. Impression­ato, l’uomo, che le sorelle rifiutano di identifica­re, le manda alla ricerca di produttori a Los Angeles, dove le Matharoo riaccendon­o l’amore per i jet privati e le piscine di Beverly Hills. Su Instagram Jyoti posa in bikini e con altri abiti realizzati dalla sorella, raccoglien­do successi. Ora stanno per lanciare la loro linea di moda, SPCTRMstud­io. «Sono contenta di poter tornare a una vita normale», dichiara Jyoti. Ma non si può dire che lo abbiano fatto. Le Matharoo dicono di essere inondate di messaggi di donne che chiedono come si fa a trovare un miliardari­o. Primo, non essere avida: «Se ti chiede che tipo di automobile vuoi, non rispondere una Rolls-Royce», suggerisce Jyoti. Rispetta la «jetiquette», vestendoti in modo poco appariscen­te quando sali sul suo Cessna: «Non è bello fare la figura di uno che ha ingaggiato una prostituta per il weekend», sostiene Kiran. E, ovviamente, quando ti consegna qualche migliaio di dollari per una sessione di shopping, riportagli un po’ di resto. Se la galera ha insegnato qualcosa alle sorelle, è che non ci si deve preoccupar­e. Per gli uomini e il loro denaro, non ne vale la pena. «Ci sarà sempre qualcuno che dice: “Lascia che ti vizi un po’’’, che ci vuole far volare da qualche parte», conclude Jyoti.

«Abbiamo sempre ottenuto quello che volevamo chiedendol­o gentilment­e. Perché rovinare tutto?» Kiran, e Jyoti si rilassano durante una seduta di pedicure in un salone accanto alla loro casa di Toronto.

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