L’AMERICA HA DIMENTICATO I SUOI DOVERI
Lavorare nel campo dei diritti umani, come faccio io da quasi trent’anni con il Robert F. Kennedy Center for Human Rights, è diventato più difficile da quando Donald Trump è presidente degli Stati Uniti. Il mio ultimo viaggio in Myanmar ne è una prova evidente. Ho trovato un Paese molto diverso da quello che solo pochi anni fa – grazie alla pressione esercitata dal soft power degli Stati Uniti – aveva reso possibile il rilascio di Aung San Suu Kyi e libere elezioni. La capitale Naypyidaw è una città fantasma voluta dai generali e costruita a misura delle loro esigenze. A cosa serve un’enorme autostrada nel nulla se non a permettere una fuga rapida ai generali in caso di sommossa? Come è possibile che genocidio e carestia vengano portati avanti nell’indifferenza generale? Molti nella comunità internazionale credono che il proliferare di ingiustizie e paradossi in Myanmar dipenda anche dall’assenza di leadership americana negli ultimi due anni: ovvero da quando Donald Trump è diventato presidente degli Stati Uniti d’America. La sua presidenza ha significato nel campo dei diritti umani la fine dell’influenza americana. Quando sono stata all’ambasciata americana del Myanmar a parlare con l’ambasciatore di quello che sta accadendo – della persecuzione dei Rohingya, degli stupri, della fame, delle centinaia di persone che corrono per paura nelle strade – lui ha risposto che la linea americana è quella dello «small ball», giocare piccolo (termine mutuato dal baseball, ndr). Ero sgomenta: lo «small ball» applicato al genocidio? Da quando ragioniamo così? E soprattutto: qual è la ragione di avere così tanto potere se poi non si esercita per far valere democrazia e giustizia? Quello che succede in Myanmar si sta ripetendo più o meno ovunque nel mondo, dove i dittatori fanno ciò che vogliono anche grazie al vuoto lasciato dalla fine della leadership americana. Abbiamo volontariamente rinunciato all’esercizio del nostro potere. Alcune persone credono che io fraintenda il significato del potere americano. Certo, io e Donald Trump abbiamo due idee molto diverse. Lui crede che il potere sia la ricchezza economica. Altri, vicini a lui, credono invece che sia la forza militare. È vero che a lungo siamo stati un Paese economicamente ricco e con una grande presenza militare, ma non è quello che ci ha reso forti nel mondo. Ad averci reso unici è l’idea stessa di America, un’idea di libertà e meritocrazia. La speranza concreta che, se vai a scuola e trovi un lavoro, potrai garantire una vita migliore a te e ai tuoi figli. Oggi questa visione dell’America è messa in discussione e minacciata da chi non capisce che il sogno è da sempre la vera forza degli Stati Uniti. Al contrario, abbiamo un presidente che ogni giorno dichiara una nuova emergenza: i musulmani, i transgender, i giornalisti. Così facendo si perdono di vista le vere emergenze. Tra queste ci sono proprio i diritti umani, mai sotto attacco come in questo momento storico. La più grande minaccia del XXI secolo è l’odio. Boko Haram in Nigeria, l’Isis in Iraq e Siria, l’islamofobia, l’antisemitismo in Europa, il genocidio in Myanmar, la marginalizzazione degli indigeni, l’attacco alle donne, agli immigrati. Tutto ciò ha una matrice comune che è l’odio. E c’è una sola risposta: la comunità, unire le persone per combattere una causa comune. Qualche tempo fa sono stata in Messico dove, nel settembre del 2014, quarantatré studenti di una scuola rurale di Ayotzinapa, nello Stato di Guerrero, sono scomparsi. Alcuni genitori mi hanno raccontato che i militari hanno offerto loro 300 mila dollari per smettere di chiedere la verità. Nessuno ha accettato il denaro, nessuno ha scelto il silenzio. Una mamma mi ha detto: «Sono nata in povertà, e continuerò a vivere da povera, ma non posso vendere i miei bambini». Non hanno avuto indietro i loro figli, ma ciò che sono riusciti a ottenere questi genitori uniti senza educazione e senza potere è incredibile. Dopo quattro anni sono state riaperte le indagini. È successo grazie alla lotta comune, perché la minaccia più grande al potere arriva quando le persone si riuniscono. Questa è la vera forza rivoluzionaria. [Testo raccolto da Serena Danna]