Vanity Fair (Italy)

Dove ritorni sempre

Due indirizzi per due storie di famiglia nella campagna tra Cremona e Mantova. Una trattoria dalla cucina robusta e sapiente e una cascina sull’Oglio che ha fatto la storia della ristorazio­ne italiana

- di LUCA GUADAGNINO

In quel tratto bellissimo di campagna lombarda tra Cremona e Mantova dove scorre dolce l’Oglio, si trovano due tipiche realtà della nostra ristorazio­ne e delle sue identità: da un lato la classica trattoria, il Caffè La Crepa di Isola Dovarese, dall’altro il Grande ristorante, Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio. Isola Dovarese, antico insediamen­to poi importante porto fluviale, sotto l’influenza dei Gonzaga e stabilitas­i come punto di intersezio­ne tra la signoria milanese e quella della Repubblica di Venezia. Sulla metafisica, rinascimen­tale piazza rettangola­re che ospita il lungo porticato trovo, sulla destra, l’antico Palazzo della Guardia, dove dal 1969 i fratelli Malinverno conducono con gioviale ospitalità uno degli indirizzi più importanti della tradizione italiana. Una trattoria, caffè, dove il territorio è assolutame­nte il motore che muove tutto: dalla consapevol­ezza profonda del territorio a quanto offrono le stagioni, alla Crepa trovate esclusivam­ente quello che queste terre sono in grado di offrirvi, e quanto la cultura culinaria, Cultura tout court quindi, conserva nella sua memoria. Si comincia con la frittata alle erbe locali, i salumi del cortile (ah quel salame all’aglio che gioia) e la giardinier­a migliore della zona, non troppo aspra non troppo dolce, croccante e delicata. Il foie gras non è un francesism­o ma una vera parte del luogo, con tutti gli animali dell’aia a contribuir­e con le loro carni migliori, le lumache alla borgognona hanno mangiato le erbe dei campi e sono grosse e succose, il savarin di riso alla lingua salmistrat­a un piatto classico e difficile da eseguire che qui appare privo di sforzi nella sua riuscita, il cotechino vaniglia è morbido e leggero, l’anatra è servita in una spessa salsa chiamata Isola che è divenuto un marchio registrato (ahimè direi, visto che la trasmissio­ne dei saperi in cucina non dovrebbe conoscere proprietà...) e la conclusion­e con torta sabbiosa della tradizione e mascarpone meriterebb­e un singolo pasto.

Cucina robusta e sapiente. A dieci chilometri si trova uno degli indirizzi indiscutib­ilmente più importanti nella storia della ristorazio­ne degli ultimi decenni in Italia, Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio. All’interno della bella proprietà della famiglia Santini, una cascina sul pizzo del fiume, immersa nella bruma lombarda in autunno, Dal Pescatore è il ristorante dalla più lunga attribuzio­ne delle tre stelle Michelin. La famiglia si divide tra la sala, dove padre e figlio Antonio e Alberto intratteng­ono gli ospiti con delicatezz­a e cura, facendo dimenticar­e l’atmosfera degli interni vagamente pasticciat­a che meriterebb­e una riconsider­azione nel decor (ma è un peccato veniale), e la cucina dove madre e figlio Nadia e Giovanni perpetuano con rigore le intuizioni di questa grande tavola. Scaloppa di foie gras alla frutta che cambia a seconda della stagione, morbida e perfetta, aspic di astice generoso nella porzione e di cottura commovente, i tortelli alla zucca (che Nadia mi ha donato una volta invitandom­i a piantarla per propagare la qualità di questo stupendo frutto della terra) che non hanno pari. Due posti cremonesi-mantovani, due storie di tradizione, due luoghi dove tornare sempre.

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