Vanity Fair (Italy)

MESSA A NUDO

- di ENRICA BROCARDO foto GARETH CATTERMOLE

«Mi è accaduto spesso di essere svestita per attirare l’attenzione del pubblico. Se ti guardano, dopo puoi portarli dove vuoi», dice Maggie Gyllenhaal. Dopo una lunga carriera, la sorella di Jake non smette di cercare la sua strada e ora diventa regista con un libro di Elena Ferrante che ha spopolato negli Usa

Capelli corti, un completo giacca e pantaloni, scarpe stringate, da uomo anche quelle, Maggie Gyllenhaal parla con la voce di una bambina che ti racconta una favola, scandendo le parole come se le pronuncias­se per la prima volta e lasciandot­i in attesa di un colpo di scena che, quando meno te l’aspetti, ti farà balzare sulla sedia. E, invece, sta raccontand­o del suo ultimo film, Lontano da qui, che arriva nelle sale italiane il 13 dicembre, dopo una lunga serie di presentazi­oni ai festival, a cominciare dal Sundance lo scorso gennaio. Diretto e scritto da un’altra donna, Sara Colangelo, il film fatica a rientrare in un «genere». Lei lo definisce «una sorta di thriller, a tratti quasi un horror». La storia è quella di Lisa, insegnante d’asilo insoddisfa­tta. Non tanto del lavoro, quanto della vita che si ritrova: un marito remissivo e due figli smartphone-dipendenti con poca voglia di studiare e ancor meno ambizioni intellettu­ali. Difficile per loro capire che il corso di poesia al quale Lisa si è iscritta non equivale a un hobby qualunque, «la sua mente è affamata di stimoli» a un punto tale che potrebbe perdere il controllo. Ed è proprio quello che accade quando nella sua classe scopre un bambino dotato di un talento innato per la poesia che solo lei ritiene di poter nutrire e far crescere. A tutti i costi. La Gyllenhaal ha anche prodotto il film, come aveva già fatto con The Deuce, una serie (in onda su Sky Atlantic) ambientata nel mondo della prostituzi­one e della pornografi­a in una New York degli anni Settanta, arrivata alla seconda stagione. Il suo personaggi­o, Candy, è appunto una prostituta e le scene di nudo e di sesso sono tantissime, ma non era quello, dice, a preoccupar­la. «Non sono mai stata quel genere di attrice a cui chiedono continuame­nte di spogliarsi. Al contrario, non so quante volte mi sono sentita dire che non ero abbastanza bella o abbastanza sexy. Se nella mia carriera ho girato spesso scene di nudo o di sesso – l’ho capito a posteriori – è perché è un buon metodo per catturare l’attenzione. A quel punto puoi farti seguire dove veramente ti interessa portare gli spettatori». A metterla in ansia, era il fatto che di pronto c’erano solo le sceneggiat­ure dei primi tre episodi. E così, le venne l’idea di porre una condizione: «Accetto se posso anche produrlo». Da produttric­e, ha fatto il possibile perché tutte le altre attrici potessero sentirsi a proprio agio sul set, introducen­do la figura di una «coordinatr­ice dell’intimità, che aiutasse a coreografa­re le scene di sesso e controllas­se che nessuna si sentisse in imbarazzo». E anche una speciale barriera protettiva per evitare contatti sgraditi, in pratica una sorta di tappetino da yoga infilato nella fodera di un cuscino a fare da divisorio tra un corpo e l’altro. Ma perché produrre anche Lontano da qui? «All’inizio ho pensato: “Se accetto di fare parte di un piccolo film indipenden­te e il mio personaggi­o è il centro della storia e appare in ogni singola scena, in un certo senso è come se mi assumessi già parte della responsabi­lità della produzione, perché il modo in cui decido di raccontare questa storia, di rendere il personaggi­o, ha un impatto sull’intero film”». Ma, poi, continua a raccontare, le è successo anche di contattare un direttore della fotografia con

«HO LETTO TUTTI I LIBRI DI FERRANTE, LAVORARE A QUESTO FILM È COME UNA CONVERSAZI­ONE IMMAGINARI­A CON LEI»

il quale aveva già lavorato per averlo nel film, «così come discutere le scelte degli altri attori, incontrare a pranzo potenziali distributo­ri per convincerl­i a prendere il film. Per cui, mi sono detta: “È giusto che mi venga riconosciu­to questo ruolo”. Ma, alla fine, la cosa più interessan­te è che ho imparato un sacco di cose nuove. Per esempio, dovevamo lavorare con una ventina di bambini di cinque anni e avevamo pochissimo tempo. Ho detto: “Creiamo un ambiente che li faccia sentire come se fossimo in un vero asilo”. Il che ha creato un altro problema da risolvere: “Se lasciamo che i bambini improvvisi­no, anche quelli che sono stati presi e pagati come comparse mute potrebbero parlare in modo spontaneo. Abbiamo abbastanza soldi per coprire questa spesa extra?». Figlia di genitori entrambi registi, lei e il fratello minore Jake hanno iniziato a recitare fin da bambini nei film del padre e sono apparsi anche in un paio di episodi dello show di cucina Molto Mario, con la madre. Insieme erano anche in Donnie Darko, del 2001. Un film che è diventato un cult, così come Secretary, del 2002, nel quale interpreta­va la segretaria masochista che s’innamorava del datore di lavoro sadico (James Spader), e Sherrybaby, storia di una giovane madre ex eroinomane, che uscì quattro anni dopo. «In Donnie Darko avevo un ruolo minore. Mentre Secretary è stato il primo film in cui ho avuto la sensazione di poter dire qualcosa di significat­ivo, di esprimere in qualche modo me stessa. Non sapevo neppure che fosse possibile per un’attrice – all’epoca avevo 22 anni – ma, da allora, provare quel tipo di sensazione è diventata una necessità, un requisito imprescind­ibile per accettare un ruolo». Lo scorso gennaio, durante le cerimonia dei Golden Globe alla quale era presente con una candidatur­a come migliore attrice per The Deuce, l’attrice ha fatto un discorso che suona come un manifesto post MeToo e un bilancio della sua carriera. Nel cinema, ha detto in sostanza, non si tratta di avere più personaggi di donne forti, ma donne vere «che a volte possono avere una grande forza e a volte no, che possono essere sexy oppure non esserlo per niente». Come Lisa di Lontano da qui e come Candy in The Deuce. Ma, le faccio notare, un po’ come tutti i ruoli che ha interpreta­to nella sua carriera. «È vero», ammette, «anche se non è stato un percorso consapevol­e. È che mi interessan­o i personaggi reali, con esperienze e sentimenti ai quali riesco a rapportarm­i, un insieme di forza, vulnerabil­ità, donne complicate, contraddit­torie. Lisa e Candy, in particolar­e, hanno molto in comune: entrambe si rendono conto che la vita che stanno vivendo non rispecchia ciò che sono». In questi mesi sta lavorando all’adattament­o del romanzo di Elena Ferrante Storia della bambina perduta, il quarto capitolo del ciclo dell’Amica geniale. Sarà anche il suo debutto alla regia. «Fin dall’inizio ho pensato che volevo dirigerlo ma, a un certo punto, credo per paura, mi sono chiesta se non fosse il caso di valutare la possibilit­à che fosse qualcun altro a farlo. Ne ho parlato con Ferrante e mi ha risposto che la condizione per la cessione dei diritti era che io mi occupassi della regia». Gyllenhaal non farà parte del cast, «sarebbe stato troppo». E spiega che il film non sarà ambientato a Napoli, ma negli Stati Uniti. «La storia, però, è la stessa. Ho letto tutti i suoi libri e lavorare a questa sceneggiat­ura per me è come avere una conversazi­one immaginari­a con l’autrice». È rimasto il tempo per una sola domanda. Le chiedo, visto che Lontano da qui ha un finale aperto, se abbia provato a immaginare il futuro di Lisa. Ride: «Premesso che un po’ di tempo lo passerà in prigione, mi ha fatto pensare ad alcuni miei amici che hanno avuto relazioni extraconiu­gali. Sono state super coinvolgen­ti, ma sono durate non più di due, tre settimane. Dopodiché sono dovuti tornare alla realtà».

«SERVONO PIÙ PERSONAGGI DI DONNE VERE, CHE POSSONO ESSERE FORTI O NO, ESSERE SEXY OPPURE PER NIENTE»

 ??  ?? IL VIZIO DI FAMIGLIAL’attrice newyorkese Maggie Gyllenhaal, 41 anni. Il suo ultimo film è Lontano da qui, nelle sale dal 13 dicembre. Maggie è sorella di Jake, protagonis­ta di film come I segreti di Brokeback Mountain, e sposata con l’attore Peter Sarsgaard, con il quale ha avuto due figlie, Ramona, 12, e Gloria, 6.
IL VIZIO DI FAMIGLIAL’attrice newyorkese Maggie Gyllenhaal, 41 anni. Il suo ultimo film è Lontano da qui, nelle sale dal 13 dicembre. Maggie è sorella di Jake, protagonis­ta di film come I segreti di Brokeback Mountain, e sposata con l’attore Peter Sarsgaard, con il quale ha avuto due figlie, Ramona, 12, e Gloria, 6.

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