La felicità è un muscolo
Non è di quelli che si esibiscono in costume, ma si fa sentire. Lo psoas è responsabile del portamento e dell’autostima, ma è facilmente irritabile: a volte basta un paio di jeans
SSe siamo tristi, il posturologo lo capisce subito, gli basta guardare la curva lombare. Quando è troppo accentuata vuol dire che lo psoas è sofferente, e con lui anche noi. Non a caso, nello yoga è chiamato «muscolo dell’anima» e gli viene riservato un trattamento d’onore con esercizi ad hoc. «È un muscolo forte e profondo. Misura circa 40 centimetri e connette il tronco alle gambe, ma non si vede, se non per un pezzetto sopra le creste iliache, quando siamo sdraiati. Quando è in forma sostiene l’autostima e promuove il coraggio di affrontare il mondo esterno», spiega Vincenzo Ventimiglia, che per MatYouCan.com, portale di videolezioni di yoga, pilates e meditazione, ha ideato il corso The Power of Psoas. Nel taoismo lo psoas presiede il Dan Tien, un importante centro di energia responsabile della connessione alla terra e dello scambio di energie sottili. Nella vita di tutti i giorni, uno psoas felice dona un portamento fluido, un passo sicuro, una postura eretta e un respiro calmo e profondo. «Lavora in tandem con il diaframma, il detector dell’ansia, ed è l’interprete dei nostri stati d’animo: quando ci sentiamo ostili e tristi, lo psoas traduce questi sentimenti in blocchi muscolari che impediscono un passo sicuro e la volontà di mettersi in gioco», dice Ventimiglia. Grandi responsabilità e un carattere suscettibile per un muscolo che lavora nel semi-anonimato: «Si infiamma facilmente: ama il ritmo della camminata e della corsa, ma se viene compresso o stirato si vendica con lombalgie, sciatalgie e con sentimenti negativi, come il senso di ostilità verso il prossimo o la tristezza», spiega Françoise Berlette, insegnante di yoga posturale e fondatrice di Efoa, federazione europea di arti orientali (efoa.it). «Tra psoas e mente c’è un collegamento bidirezionale: per sbloccare le rigidità del primo occorrono esercizi di allungamento dolce, come le estensioni dell’anca e le asana dette “lunghe”, in cui vi è un allungamento della coscia indietro, come negli affondi. Immediato sarà il beneficio anche mentale», dice Berlette. I suoi nemici (e i nostri) sono la sedentarietà, il sovrappeso, i jeans stretti e le lunghe ore seduti in auto. Se gli lasciassimo dettare la routine settimanale secondo le sue esigenze, saremmo tutti più felici.
«Se è rilassato siamo gioiosi e con un passo fluido»