Fai un fischio
Timida nel privato, esuberante nella creatività, la stilista SERAFINA SAMA ha trovato il modo di allentare la tensione: basta far partire una musica e seguire le note tra le labbra...
Che sia timida lo conferma il nome del marchio, Isa Arfen. Un anagramma che nasconde il suo, di battesimo: «Troppo timida per vedere Serafina sulle etichette». In ogni gioco enigmistico c’è una fascinazione per il mistero, nel caso della stilista Sama anche molta riservatezza. Una forma di discrezione quasi esistenziale che ha dato la cifra a una lunga parte della sua vita, nettamente divisa tra un prima e un dopo, ora giunta a uno stabilizzante poi. C’è l’esuberante infanzia popolata da forcine, mollette e vaporosi tutù, seguita da un tempo adolescenziale timido e silente, che solo con il lavoro adulto è arrivato al giusto mix di creatività. Nato facendo crescere il suo marchio, ora compreso di un luminoso e-commerce, in cui passano maglie con cristalli, tartan accesi e sete metalliche plissé: «Capi esclusivi venduti solo online, accanto alle collezioni». Un universo di tessuti eccentrici, sbuffi e ruches, riconoscibile dalle spalle sempre speciali: «Una parte del corpo senza età, con cui sfoggiare la propria sicurezza». La sicurezza, appunto. Sulle forme molto portabili di Isa Arfen si osano fiocchi oversize, tinte forti e tessuti a contrasto: «Dopo il minimal dell’inizio, il successo delle maniche a sbuffo un’estate ha cambiato il corso del marchio, posizionandomi sul radar delle tendenze. Da allora ogni stagione aggiungo qualcosa in più». All’inizio invece? «Ero più torturata». Leggi più uguale a se stessa, alla Serafina in jeans e T-shirt, i lunghi capelli sciolti, da infilare nel collo di un trench se si esce dall’atelier londinese: «Forse sono l’alter ego di Isa Arfen». Forse, intanto gli sbuffi esplodono per le clienti che li cercano da Penelope a Brescia, Luisa Via Roma, Lattuada a Milano e Facchini a Forte dei Marmi. Torniamo allora alla prima Serafina, innamorata di danza e pettinature. La danza: «Il profumo di lacca nel backstage e quel modo di vestire, anche oggi che seguo spettacoli più contemporanei, mi trasportano in un mondo altro». Le pettinature: «Facevo acconciature molto complicate anche alle amiche, ero ossessionata dai capelli». Giocava molto con le sue bamboline: «Una gang di amiche molto sicure, come le mie modelle adesso». Come piano B, fare la fiorista: «In un negozio con nastri colorati, e magnifici vasi». I fiori, pensati oggi, dalie, anemoni: «Per le tinte accese alla Saint Laurent», i cardi: «Perché selvaggi e strutturati». Sono selvaggi lino grezzo e lana cotta molto Isa Arfen, il resto richiama la frizzante audacia di lacche e tutù: «Mentre creo non ho paura di guardare la femminilità anche con un taglio più infantile, è spontaneo». Mentre non si crea? «Sono più all’erta». La paura? «Di non essere presa seriamente». Tanto da coltivare una griglia di riservatezza che si apre solo quando, senza nemmeno accorgersene, Serafina comincia a fischiettare: «Non mi accorgo mai di cominciare, sento la musica e parto, anche in ambienti privati, spesso se sono in cucina». Momenti off line, timidezza compresa: «Quando fischio me ne infischio». La conclamata timidezza è il rovescio dell’effervescenza d’infanzia: «Diciamo pure che ero un’egocentrica», a cui ha sostituito un totale interesse per il mondo esterno. Un’attenzione in cui ha riunito il meglio di silenzio e mollette, trasformando il tutto in un’unica Serafina, bimba creativa e adulta attenta: «Disegno pensando agli altri, alla portabilità di ogni idea». Un mix di pudore e coraggio che vive di spontaneità, vedi anche alla voce pettinature: «Non più quelle acconciature con cui si va a una festa, piuttosto con le imperfezioni del dopo: a festa finita, misteriosamente scomposte». Se per Isa Arfen ci fosse solo la bambina esuberante? «Sarebbe più brava a vendere, io chiedo quasi scusa».
«Disegno pensando agli altri, alla portabilità di ogni idea»